Articoli

Finalmente, anche se in ritardo, ho visto l’undicesimo film di Star Trek per la regia di J.J. Abrams e ho giusto voglia di farne una piccola recensione, seguiranno ovviamente spoiler sul film.

Siamo intorno al 2200 e una nave mineraria romulana, la Narada, viene qui sbalzata dal futuro attraverso una singolarità, la U.S.S.Kelvin, nave della Federazione, inviata per indagare viene facilmente sopraffatta dalle armi del futuro, sia pure di una nave “commerciale”. A bordo della Kelvin il comandante George Kirk e sua moglie al nono mese di gravidanza. Morto il capitano, Kirk prende il comando e muore salvando l’equipaggio della sua nave, sua moglie e il suo bambino nato durante la crisi con la Narada, il piccolo James T. Kirk.

Da questo punto un poi la storia della Federazione e della Flotta Stellare non è più la stessa tanto amata dai fan delle varie TOS, TNG, DS9 e VOY. Abrams e la Paramaunt semplicemente hanno fatto un’operazione di reboot dell’intera saga di Star Trek, Ma procediamo con ordine. Kirk cresce, spavaldo come sempre, ma senza padre, una guida che l’aveva indirizzato verso la Flotta Stellare e gli aveva inculcato certi principi etici. Ovviamente il destino lo porta comunque ad arruolarsi nella Flotta e complici le parole del Capitano Pike, il primo capitano, anche in questa linea temporale della U.S.S. Enterprise. Kirk diventa, dunque, un cadetto all’Accademia della Flotta, si diploma in tre anni e, come nell’altra linea temporale, supera, imbrogliando, il test della Kobayashi Maru. Kirk viene sospeso per il suo imbroglio ma nonostante tutto e con l’aiuto di McCoy, anche lui cadetto della Flotta e già suo amico, riesce comunque ad imbarcarsi sull’Enterprise, nuova ammiraglia della Flotta al suo viaggio inaugurale. L’Enterprise, grazie a Kirk, riesce a salvarsi dall’imboscata della Narada di Nero giusto in tempo per assistere alla distruzione di Vulcano. Questo è il momento che più di ogni altro ha fatto storcere il naso al fandom di Star Trek, disposto a riavere indietro Braga pur di sperare in un paradosso temporale che salvasse Vulcano ma questo a mio avviso è davvero il colpo di genio di Abrams e il momento clou del film. La distruzione di Vulcano, il genocidio dei vulcaniani segna una vera e propria rottura con lo spirito trek/pacifista/buonista instillato nella saga a partire da Roddenberry. La fiducia nel futuro degli anni ’70 non è stata scalfita dalla guerra fredda ne dalla spada di Damocle di una Terza Guerra Mondiale ma è stata completamente annientata dal terrore dopo l’Undici Settembre. La distruzione di Vulcano non può fare altro che portare ad una Federazione meno riflessiva e più violenta esattamente come la reazione di Kirk e Spock alle parole di Nero sul finale del film quando, di comune accordo, hanno annientato la Narada, inerme, con i phaser a piena potenza; mai prima d’ora un capitano della flotta stellare d’accordo col suo primo ufficiale si era comportato così, nemmeno di fronte ai Borg, ma qui abbiamo un nuovo Kirk, con meno principi morali e uno Spock diverso, uno Spock distrutto per il genocidio della sua gente, uno Spock pronto a vendicarsi, a odiare e ad amare.

Il film scorre veloce fino ai titoli di coda e certo non ci si annoia un attimo, ovviamente qualche nota dolente c’è, una per tutte Uhura. Il suo flirt con Spock è inutile nell’economia del film e totalmente fuori contesto anche nell’ottica di voler presentare uno Spock più “umano”, l’attrice, Zoe Saldana, poi appare totalmente inadatta anche (ma non solo) per la taglia del reggiseno assolutamente non confrontabile con quella della Uhura pre-Nero. La cosa peggiore però è il fatto che non sono stati i Borg, non è stato un Fondatore rinnegato ma a fare tutto questo casino, a cambiare letteralmente la storia della Fondazione è stato Nero, un romulano sfigato, un personaggio piatto, scialbo, squallido, inutile.

P.S. L’Enterprise ha sempre il suo fascino in ogni tempo ed ogni dimensione

David E. Kelley è uno dei più importanti sceneggiatori e produttori di serie di telefilm di Hollywood oltre ad essere un ex studente di legge ed ex-avvocato di Boston; proprio questo suo passato nelle aule di tribunale lo ha spinto a portare sul piccolo schermo le tre serie TV a sfondo legale più innovative degli ultimi dieci anni. Parlo naturalmente di Ally McBeal, The Practice e della meno conosciuta, da noi, Boston Legal, serie legate tra loro attraverso una serie di cross-over. Boston Legal è la serie che fonde la verve comica di Ally McBeal con la visione più drammatica del mestiere di avvocato di The Practice. In Boston Legal ritroviamo i tic di John Cage, la misantropia di Richard Fish nei vari personaggi a volte strampalati che vivono nello studio legale Crane, Poole & Schmidt ma a differenza di Ally McBeal al centro delle storie c’è sempre il tribunale, cosa che in Ally McBeal, specie nelle ultime stagioni, aveva lasciato il posto a ridicole storie d’amore fra i vari soci dello studio legale.
La storia, ambientata in uno studio legale di Boston, ruota attorno all’ambigua amicizia fra Danny Crane, un anziano avvocato di successo ora lontano dalle scene del tribunale e diventato praticamente un vecchio pervertito e Alan Shore che, licenziato dallo studio legale Young, Frutt & Berluti nell’ottava stagione di The Practice, finisce per lavorare insieme a Crane. A Crane e Shore fanno da contorno una serie di personaggi strampalati che rendono il telefilm fra le serie più godibili degli ultimi anni. Un plauso va certamente rivolto a William Shatner, indimenticabile capitno Kirk di Star Trek, che in questa serie interpreta in maniera magistrale Danny Crane, a 75 anni vorrei essere come lui ;-)

Ai più il nome non dirà nulla, ma i fan di Star Trek sanno di chi sto parlando e sono in lutto per la sua scomparsa ieri a causa della leucemia che combatteva da oltre un anno.

Majel è stata a moglie di Gene Roddenberry, il creatore di Star Trek e sarà sempre ricordata per i suoi vari ruoli all’interno della saga.

Nel pilot Majel era il primo ufficiale dell’Enterprise (Spock era solo l’ufficiale scientifico), al comando del Capitano Pike; nella serie regolare il suo ruolo venne ridimensionato a quello dell’infermiera Chapel, innamorata dell’algido vulcaniano Spock. Nella serie classica ha prestato, inoltre, la sua voce al computer dell’Enterprise ed è tornata a farlo nel nuovo film, l’undicesimo, in uscita, che rivedrà riunito il vecchio equipaggio, se pure con nuovi attori.

Dopo la morte di Gene, Majel si è dedicata a cercare di mantenere vivo lo spirito di Star Trek ed ha avuto un ruolo importante se pure non fisso in “The Next Generation” e in “Deep Space Nine” dove interpretava Lwaxana Troi. Il personaggio di Lwaxana, betazoide e madre del consigliere Deanna Troi dell Enterprise-D è certamente più maturo e divertente di quello dell’infermiera Chapel e forse uno dei personaggi più riusciti dell’intero universo trek.

Life on Mars è una serie inglese andata in onda su BBC One fra il 2006 e il 2007 creata da Matthew Graham, Tony Jordan e Ashley Pharoah. Siamo nel 2005, l’ispettore capo della polizia di Manchester, Sam Tyler (John Simm), è alle prese con i delitti di un serial killer che ha appena rapito la sua ragazza. Immerso nei suoi pensieri e preoccupato per le sorti della donna, Sam viene travolto da un’auto a folle velocità, mentre l’autoradio suona il famoso pezzo del 1973 di David Bowie, Life on Mars… ed è proprio nel 1973 che si risveglia vestito con i classici abiti dell’epoca a ricoprire il ruolo di un ispettore, sempre nella polizia di Manchester e sempre nel suo distretto, ma alle dipendenze dell’ispettore capo Gene Hunt (Philip Glenister). Spaesato e prima ancora di renderene conto, Sam si ritrova così ad indagare su un caso di omicidio, in qualche modo, in relazione col serial killer del 2005, naufrago nel tempo in un mondo alieno quanto potrebbe esserlo il pianeta Marte. Tutta la serie si fonda analizzando le differenze sociali e culturali che si sono create in soli 30 anni facendoci vedere le cose con gli occhi della polizia e mettendo a confronto le differenze fra un ispettore del 2005 e uno del 1973,h grazie anche alla magistrale interpretazione di Glenister che dipinge tutti gli stereotipi del poliziotto anni ’70, separato, alcolizzato, corrotto, tutt’altro che ligio al regolamento ma fondamentalmente onesto. In quanto a Sam, beh almeno nella prima stagione si rimane sul vago circa una spiegazione su quanto gli sia successo; sembrerebbe in coma e che il 1973 sia tutto nella sua testa ma potrebbe anche aver davvero viaggiato indietro nel tempo o peggio essere completamente folle. In definitiva Life on Mars è una serie magnifica, anche considerando che non stiamo parlando del Doctor Who e di alti budget ma di una serie, tutto sommato, low-cost senza effetti speciali ma con una sceneggiatura grandiosa e degli ottimi autori e attori. Life on Mars, che adesso sta per essere riproposta anche in USA, penso che dovrebbe far valutare gli autori di fiction italiane le opportunità offerte dalle campagne stagionali di raccolta dei pomodori.

Esattamente 45 anni fa andava in onda sulla BBC il primo episodio di una delle serie TV più longeve di tutti i tempi. Fino ad oggi sono state 10 le incarnazioni del Dottore ognuna con un diverso fascino e grandiosi sono gli episodi delle ultime stagioni di “Doctor Who” interpretati prima da Christopher Eccleston e adesso da David Tennant.

Auguri Dottore e 100 di questi giorni.