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TuxPer campare faccio l’informatico che, in generale, vuol dire tutto e niente… nel mio caso significa semplicemente scegliere i migliori stumenti per gestire i differenti flussi informativi in un sistema altamente complesso tentando di mantenere omogenizzato il tutto e sperando di tenere lontana l’entropia. Come molti della mia età faccio questo tipo di lavoro per una passione inziata negli anni ’80 con i primi home computer, e da allora assisto ad un fenomeno assolutamente insensato, a cui pure ammetto di avere preso parte in passato: il tifo per la tecnologia. In principio era Commodore 64 vs ZX Spectrum, poi venne Amiga vs PC ed oggi abbiamo Windows vs Linux.
Windows contro Linux, pardon GNU Linux, è diventata peggio di una guerra di religione, si è innescato, infatti un dibattito che coinvolge tutta una serie di aspetti socio-politici ed economici. Da un lato l’imperialismo capitalista impersonato dalla Microsoft e dal suo fondatore Bill Gates, dall’altra parte una sorta di pseudo-comunismo con accenni no-global che trova in Linux e nelle innumerevoli licenze open source la propria bandiera. Peccato che tutto ciò sia un grosso cumulo di cazzate. Il fatto è che i vari Windows e le infinite distribuzioni di Linux sono semplicemente degli strumenti; strumenti da impiegare nella risoluzione dei problemi, da soli o insieme, e ognuno con le proprie peculiarità e i propri costi. In questa eterna diatriba tuttavia i sostenitori di Linux sono, probabilmente i più scioccamente integralisti e la cosa genera tanto più fastidio quanto questi sono utenti informaticamente più evoluti. L’aspetto della faccenda che realmente comincia a disturbarmi, tuttavia, sono gli ex-utenti Windows convertitisi al pinguino praticamente solo per ragioni falsamente ideologiche. Gente che ha installato sul portatile una distro desktop che non riconosce metà delle periferiche del PC ma ha un’interfaccia utente stile iMac e fa tanto figo radical-chic di sinistra… gente che viene a chiedere a me come mai sul mio desktop uso Windows XP invece dell’ultima release succhia risorse di Ubuntu… cose da pazzi :-)

Equilibrio precarioLeggo i giornali e trovo i politici (tutti i politici) raccontare la balla che il lavoro deve essere flessibile e che una persona nella vita deve cambiare più di un impiego salvo poi alla pagina accanto trovare la notizia di un uomo di 39 (dico 39 non 59) anni che tenta il suicidio per non essere riuscito a trovare lavoro (nemmeno come lavavetri) dopo averlo cercato in tutte le fabbriche della sua zona (non a Reggio Calabria eh ma a Torino). Ora al di la del caso specifico mi sembra che in Italia ci sia una vera e propria emergenza lavoro nonostante le statistiche che spacciano per impiegate persone con contratti di lavoro quasi giornalieri. In realtà, poi il problema, non è tanto il non trovare un impiego quanto il riuscire a trovarne uno stabile e con un salario dignitoso.
Si parla tanto di gente che resta a casa fino a quaranta anni additandoli come di bamboccioni incapaci e mammoni… si certo. Il punto è che mentre quando mio padre aveva la mia età il valore di acquisto del suo stipendio consentiva di mantenere molto più che dignitosamente una famiglia di quattro persone ora solo per poter pensare di pagare un affitto e avere tre pasti al giorno è necessario lavorare in due; per cui i single o sono molto fortunati, o vivono come studenti in case-comune(sperando nel rinnovo del contratto) o rimangono a casa coi genitori (che è certamente la scelta più comoda) e non sto parlando di gente senza competenze ma di ragazzi laureati e con esperienza infinitamente maggiore a quella dei propri genitori (vabbe’ c’e’ anche una folta schiera di cretini ma questo è un altro discorso). Il punto è che la famiglia come ammortizzatore sociale assolve un ruolo che dovrebbe essere proprio dello Stato che invece utilizza le pensioni erogate alle passate generazioni per sostenere un sistema che si poggia su un circolo vizioso destinato inesorabilmente a implodere. E si torna al problema principale: non solo non dovrebbe essere consentito alle aziende l’utilizzo di contratti pazzeschi (Cocopro e similia…gli strumenti per la flessibilità tutelando i lavoratori ci sono sempre stati e non serve ulteriore estro creativo) ma dovrebbe essere garantito un salario commisurato alle competenze delle persone oltre che al costo della vita. Non si è mai visto che una persona che decide di cambiare lavoro (cercando di applicare, questa volta, a proprio favore la famosa flessibilità di cui tanto ci si riempie la bocca) non riesce ad avere che offerte per un salario più basso del precedente ridicolo già di suo…(caso reale) e francamente non mi frega nulla che le aziende dovendo GIUSTAMENTE pagare una serie di tasse e contributi non possono permettersi di assumere un lavoratore con contratti normali e con uno stipendio dignitoso… che chiudano tutte queste srl farlocche e la si pianti una volta per tutte con la storia che l’Italia basa la propria economia sulle piccole e medie aziende o tanto vale che si vada tutti a lavorare in Cina visto che, come lì, la competizione in Italia non si fa sulla qualità del prodotto ma cercando di comprimere le spese di produzione.

.Max HeadroomIeri sera guardavo l’episodio dal titolo “John Quixote” di Farscape (che fra l’altro è abbastanza noioso come tutta la quarta stagione finora) e in varie scene c’e’ un richiamo esplicito ad un altro telefilm di fantascienza degli anni ’80: Max Headroom. Mi è tornato in mente lo scenario in cui è ambientata la vecchia serie: siamo in un futuro non troppo lontano e i network televisivi hanno un potere enorme. Sulle TV è vietato avere il pulsante di spegnimento, le stesse elezioni sono di fatto controllate dallo share dei vari network e i programmi e gli spot inducono nella gente dei comportamenti prevedibili utilizzando messaggi subliminali per controllare i pensieri e le azioni dell’intera popolazione mondiale; insomma appena un po’ peggio di adesso. A questo punto mi viene in mente che qualcuno mi ha detto, riferendosi ai due miei ultimi post quissù:-il cinema no, la TV no cosa rimane?- Ecco effettivamente a pensarci bene non rimane nulla (oddio nulla nulla ancora no). Con una scusa o con un’altra, in un modo o nell’altro i media controllano le persone basti pensare alle campagne pubblicitarie martellanti che ci inducono non solo a comprare determinati marchi ma anche e sopratutto creano dei falsi bisogni o a programmi insulsi che propinano valori di plastica e modelli di comportamento oggettivamente discutibili. Il problema che si pone, dunque, è chi effettivamente guidi questi media: multinazionali, politici, pubblicitari… alla fine credo che non si possa definire univocamente chi sia il controllato e chi il controllore salvo che tutti sono d’accordo nell’imbrigliare qualunque possibile voce dissenziente. Ed ecco che nascono leggi e leggine per poter controllare qualsiasi cosa utilizzando la paura per far passare aberrazioni giuridiche degne del diritto di periodi bui e se ancora non è stata ripristinata la caccia alle streghe è solo perchè ce ne deve essere qualcuna che va a letto con qualche sottosegretario

Nel 1980 avevo sette anni, odiavo mettere qualsivoglia cappuccio, uscivo in bicicletta per le strade, restavo tranquillamente solo in casa, giocavo con i soldatini, guardavo tanti cartoni animati. A quei tempi mi ammalavo più o meno una volta l’anno e la cosa mi faceva terribilmente piacere tranne quando succedeva d’estate.
Negli anni ’80 non esisteva il telefonino e il telefono di casa era grigio, pesantissimo e aveva una rotella forata per comporre il numero se non eri in casa non eri rintracciabile, al limite c’erano le cabine a gettone, e se perdevi una puntata di goldrake dovevi aspettare le repliche perchè non c’era il VCR e per molti la tele era ancora in bianco e nero. No, non c’era internet e anche se davano i Ragazzi del Computer sulle prime TV private non esistevano nemmeno i PC. Le consolle erano Atari, avevano appena sostituito Pong ed erano appena usciti i primi Commodore. Non c’erano gli MP3 e nemmeno i CD, esistevano i giradischi già a 45 e 33 giri c’erano pure i mangiadischi, i 78 giri erano roba da vecchi conosciuti per sentito dire ; c’erano già le cassette per registare la musica dalla radio o con un po’ di fantasia dalla TV quando c’era Sanremo. Certo la musica era orrida ma erano sempre gli anni ’80. Gli anni ’80… ne riparleremo!

Sarà colpa di mio padre che non seguiva “le partite” ma negli anni, dopo un periodo di relativo interesse da bambino, ho sviluppato una sana indifferenza per il calcio e dei mondiali 2006 ho visto solo una partita con i colleghi, perdendomi persino la “storica” finale che ha consacrato la nazionale italiana “Campione del Mondo”. Non è snobismo, almeno in questo caso, e’ semplicemente che mi annoio e non mi interessa il calcio. Però è divertente osservare l’impatto che sulla società può avere una partita di pallone; fuochi d’artificio, manifestazioni di giubilo per strada che i black block di Genova parevano degli agnellini impauriti, ma anche aumento del prestigio internazionale e conseguente incremento del PIL e non ultimo diffusione del patriottico tricolore che ha infestato
le città nemmeno si fosse in un’immensa convention di Alleanza Nazionale. In tutto ciò arrivano i saldi e compro una polo azzurra con i bordini bianchi (solo 8 euro), la indosso e mi sento dire: – dai adesso basta festeggiare le altrui vittorie – e io: -ehm.. si… Forza italia!”