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Domenica di tempo discreto non abbastanza caldo per una scampagnata fuori porta ma non brutto da costringerti a casa. Così decidiamo di fare un giro nel nuovo mega-iper centro commerciale appena aperto a Molfetta, una cinquantina di km da qui. Un percorso ideale per far dormire il bambino una mezz’oretta (in macchina crolla prima di uscire dal cancello); sono tre giorni che ha sonno ma invece di dormire frigna assonnato. I centri commerciali sono ormai tutti uguali, stessi prezzi, stessi negozi ma negli ultimi anni da poco più che capannoni commerciali si stanno trasformando in autentici gioielli architettonici belli da fuori e anche da dentro. Forse hanno rinunciato alla praticità in favore della bellezza ma adesso quasi tutti offrono anche altri servizi oltre alla vendita di beni di consumo, c’è il fasciatoio per cambiare il pupo, ci sono tavolini, poltroncine comode tutto ciò che permette ad una famigliola di passare un pomeriggio tranquillo e così è stato. Abbiamo dato la pappa al pupo seduti ad un tavolino, l’abbiamo cambiato al fasciatoio, c’era uno spettacolo di pupazzi e marionette e abbiamo pranzato, decentemente, in un ristorante nella galleria. Più tardi (dopo aver comprato una SD da 2 Gb a 8,90 e c’era anche un bellissimo monitor 20 pollici 16:9 della Acer a 120 euro che mi è stato impedito di acquistare) siamo andati a Molfetta a prendere un caffè ad un bar sul mare. Unica nota stonata di questa giornata gli autovelox sulla statale. Sia in andata che in ritorno c’era una pattuglia della polizia appostata sulla strada pronta a multare chi avesse superato il limite; lodevole che si facciano i controlli anche se è inutile insistere sugli eccessi di velocità se l’obiettivo è ridurre la mortalità sulle strade, ma diamine almeno sistemate questi limiti. Io non avevo fretta, portavo in macchina un bimbo di sette mesi, guido un’utilitaria familiare mica una macchina da corsa ma non posso stare a guardare il tachimetro per sapere se sto superando il limite di 90 su un rettilineo a due corsie deserto e in discesa. Lo saprò quando e se arriveranno le multe :-). Intanto un accessorio indispensabile sulla prossima auto, sarà il cruise control.

Ah i giapponesi!!!! Serena Kozakura è il nome d’arte di un’avvenente modella giapponese di costumi da bagno. La prorompente signorina, che ha un’età compresa fra 29 e 39 anni, non si capisce bene, è stata accusata dal suo ex fidanzato di aver devastato il suo appartamento, colta da un raptus di gelosia, penetrando da un buco praticato nella porta di ingresso. Serena, tuttavia, è stata assolta con una motivazione che i severi giudici giapponesi non hanno, decisamente, potuto non riconoscere. L’avvocato della ragazza, infatti ha portato in tribunale una ricostruzione del pertugio da cui la nostra eroina sarebbe entrata dimostrando semplicemente che le procaci forme di Serena, che ha la circonferenza del seno di oltre 110 cm (insomma due tette enormi :-PPP) non le avrebbero permesso di passare da li. Pare, dunque, che le tettone, che a quanto dichiara Serena sono per lei causa di imbarazzo, oltre ad averle spalancato le porte su una carriera da modella questa volta le hanno proprio evitato la galera.

Poster choc è stato definito un ritratto di due studenti francesi che, come spiega la didascalia, per mancanza di alloggi si vedono costretti a fare sesso nel letto fra mamma e papà. L’immagine pubblicata dall’UNEF, il sindacato degli studenti francesi vuole ovviamente puntare il dito sulla carenza di posti letto per i fuorisede. Questo mi ha fatto riflettere su un paio di questioni. Da noi in italia non esiste un sindacato degli studenti, o meglio c’è molta attività politica e sindacale all’interno delle università ma saranno ormai venti anni che non ha alcun rilievo al di fuori dei Campus… ricordo come ultimo ad apparire sui giornali il movimento la Pantera contro la riforma universitaria alla fine degli anni ’80. Già questo la dice lunga sullo stato dell’Università italiana. La seconda riflessione riguarda gli alloggi. Qui, almeno negli anni ’90, le “Case degli Studenti” coprivano si e no il 10% del fabbisogno; gli altri studenti affittavano case fatiscienti a prezzo da strozzo per una misera camera doppia ,altro che Parigi e questo mi porta alla terza considertazione. Se i ragazzi francesi sono costretti a rimanere nel lettone con mamma e papà perchè non ci sono alloggi per gli studenti, da noi succede la stessa cosa anche a chi un lavoro ce l’ha ma non riesce a pagare l’affitto ormai pari a 2/3 dello stipendio medio. In tutto ciò la cosa divertente è che mentre in Francia il poster ha portato all’attivazione di una serie di canali per risolvere il problema con uno stanziamento di 620 milioni, da noi sarebbe stato lo spunto per una puntata del solito un talk show.

Per fato, scelta e necessità mi ritrovo a vivere due volte in provincia. Sostanzialmente trascorro la mia vita in una piccola città provinciale, senza monumenti di rilievo, disorganizzata, sporca, nessuna attività culturale, microcriminalità dilagante. Io ci sono abituato, la cosa non mi fa grande effetto, qui ci sono nato, salvo quando visito per lavoro o per turismo realtà diverse, città metropolitane, multiculturali, meglio organizzate paradossalmente più vivibili. Due volte in provincia, dicevo, perchè i costi delle case in questa, che, a rigor di logica, dovrebbe essere una città fantasma, complici, l’attaccamento alla terra degli indigeni e le forti speculazioni immobiliari degli ultimi anni, sono tali che acquistare una casa diviene impresa quasi impossibile e comunque tale da richiedere dei sacrifici che, francamente, non sono disposto a fare. La scelta obbligata quindi rimane la provincia della provincia. Un piccolo paese a 20 Km dalla città(come convenzionalmente definita). Uno di quei paesini che, come avviene in molti posti in Italia, ha spostato le proprie attività economiche dall’agricoltura all’indotto di una grande area commerciale, sorta lì negli ultimi 15 anni. Dunque il fato e un po’ le mie scelte mi hanno portato a rimanere ancorato ad una tediosa realtà provinciale altre scelte e la necessità mi hanno portato ad andare a vivere ancora più in provincia. Certo io avrei preferito rimanere nella città e la mia metà ancora di più; tuttavia il gusto per la competizione intellettuale, altrimenti detto spirito di contraddizione, mi porta spesso, nelle discussioni in proposito con la mia compagna, a riflettere molto su cosa sia effettivamente meglio fra la città di provincia e la provincia della città di provincia.

La GENTE
Una prima analisi va fatta sulle persone che popolano i due luoghi. Ovviamente questa è una forte generalizzazione ma vediamo i “cittadini” provinciali. Parliamo sostanzialmente di due categorie di persone. Da una parte gente gretta, tipicamente ignorante, approfittatrice e se non di fatto delinquente almeno potenzialmente secondo la convenienza. Dall’altra parte gente falsa, ipocrita, tendenzialmente ignorante (anche se diversamente dall’altra categoria), delinquente nello stesso senso degli altri ma con più risorse per fare danni. Vediamo ora gli abitanti della provincia della provincia. Da una parte gli autoctoni, mediamente anziani, ignoranti come capre, lenti come bradipi, attaccati a una realtà economica morta da anni che contano ancora in lire; dall’altra gente proveniente da altri posti (tipicamente la città) finita lì per convenienza tendenzialmente menefreghista, scostante, poco incline al dialogo che scappa appena può. Tutto ciò fino a quando si radica nella nuova realtà quandi si impegna nel tessuto sociale, economico e politico con l’obiettivo di ricreare il proprio luogo d’origine finendo per fare più danni di quelli che già ci sono.

GLI SPOSTAMENTI
Su questo non c’è storia. Nel paesino ti puoi muovere a piedi e hai tutto quel che serve a disposizione, se ti devi spostare con la macchina quasi certamente non avrai problemi di parcheggio e se devi andare in città, a patto che ci sia una strada decente di collegamento, impieghi lo stesso tempo che per spostarti da un quartiere all’altro (a meno di blocchi o incidenti di cui bisogna tenere conto). Nellè città, in generale, e in quelle di provincia in particolare, i mezzi pubblici funzionano male, non puoi muoverti a piedi, non c’è parcheggio per l’auto. C’è il vantaggio di potersi spostare in bici o in motorino ma questo va bene dove praticamente non esiste una stagione fredda. Di contro i costi per gli spostamenti sono a svantaggio della provincia. Dover fare 20Km quattro-sei volte al giorno, se pure ci si impiega meno di 10 minuti comporta un costo notevole in termini di carburanti e autovetture da cambiare ogni cinque anni (cedrto per compensare il costo della casa dovrei vivere tre volte).

IL COSTO DELLA VITA
Nel paesino tutto costa meno di almeno un 5% e sopratutto è facile trovare negozietti che hano roba di qualità nemmeno lontanamente confrontabile con quella del centro commerciale (che pure ho a due passi)

LA QUALITA’ DELLA VITA
Se è pur vero che nonostante quanto detto sopra la mentalità della gente di provincia, in molti casi, è troppo arretrata (specie per farci crescere un bambino) e pur vero che qui difficilmente si corre il rischio di essere aggrediti se si gira di sera oltre le nove cosa che capita normalmente in città (se è capitato a me che non sono proprio mingherlino, una donna o un bambino hanno il coprifuoco). Molto spesso, anche se poco pubblicizzate e male organizzate, nei paesini, specie di estate, ci sono molte più attività culturali che in una grigia città di provincia.

Potrei continuare per ore, e forse lo farò, ma per adesso riassumo tutto dicendo che da una breve analisi delle due realtà penso sia meglio vivere a Parigi.

Da uno studio dell’Associazione Sessuologi pare che il 50% della prostituzione in Italia si svolga fra le mura domestiche, anche ovvio per evitare le sanzioni per adescamento, ma la cosa interessante è il ritratto della prostituta “casalinga”: ovviamente italiana, con una cultura elevata (il 25% è laureata), snobba i reality show preferendo gli approfondimenti giornalistici. In gran parte si tratta di studentesse, molte casalinghe ma anche impiegate e lavoratrici part time che così arrotondano lo stipendio. Quasi tutte usano internet e molte anche per cercare clienti. La motivazione che le spinge? In molti casi quella di pagarsi gli studi; gli orari preferiti: la pausa pranzo. Non so se il ritratto è veritiero ma fa il paio con la notizia proveniente dalla Francia circa il caro affiti a Parigi che le ragazze contrastano concedendo “favori” ai proprietari di appartamenti. Sarà ma in tutto questo io ci vedo una tremenda mancanza di pari opportunità.