“Chi uccideresti, per primo, tra tuo padre, tua madre e tuo fratello?”.
Questa sarebbe la terribile domanda dettata da due maestre in una scuola in provincia di Ivrea, per lo svolgimento di un tema in una classe di terza elementare.
Io in terza elementare avrei scritto qualcosa del genere:
Io voglio uccidere subito mia sorella che è una grande rompiscatole e non mi permette di vedere i miei cartoni animati in santa pace. Dopo mia sorella voglio uccidere mia madre che grida sempre e non mi lascia mai tranquillo mentre leggo i miei fumetti e se ne esce sempre con questa storia di mettere in ordine i giocattoli.
Mio padre invece no, lui è bravo e mi compra tanti giocattoli e poi mi porta anche a pescare.
Per uccidere mia sorella voglio buttarla dal balcone così quando cade giù si sente un bel rumore.
Sì, in terza elementare usavo poco sia i congiuntivi e che i condizionali.
Suvvia quale bambino di nove anni non prova l’impulso di uccidere il fratello e i genitori, pure con buone motivazioni, eh! Di sicuro non si trasformeranno in Erika De Nardo per questo[1] e lo svolgimento di un tema di questo genere oltre a fare in modo che il bambino possa confrontarsi con se stesso, costringendolo a mettere su carta pensieri inespressi e pur provati, potrebbe persino far emergere qualche problema patologico.
Ma siamo in Italia, il paese dove per un rimprovero di troppo i genitori sono capaci di aspettare la maestra fuori da scuola per darle una lezione[2], e quindi apriti cielo! Denuncia in procura e ricorso al provveditorato, telecamere nascoste nelle aule[3] e conseguenti provvedimenti disciplinari per le povere insegnanti, oltre che il solito, interminabile, iter giudiziario.
L’altro giorno discutevo con un amico circa i metodi educativi. Con i bambini bisogna parlare, lui diceva e parlare e parlare e parlare… io invece penso che uno schiaffo al momento giusto valga più di mille parole. Poi, lo so, l’ipocrita atteggiamento buonista moderno vorrebbe farci credere che in questo modo si legittima il bambino a picchiare i compagni e che il piccolo mostro non commetterà più lo stesso errore solo per non prendere le botte ma, naturalmente, queste sono tutte cazzate i cui risultati, dagli anni novanta in poi, sono sotto gli occhi di tutti.
C’è poco da dire la vignetta sopra riassume tutto. E’ inutile che vi lamentiate della scuola; se ogni volta che un insegnante, nell’atto di educare i vostri figli[4], dovrà preoccuparsi che ogni sua azione possa essere oggetto di un’indagine giudiziaria solo perché c’è una minoranza rumorosa che potrebbe non essere d’accordo con lui ed ha tempo da perdere nell’intraprendere azioni violente nei sui confronti, quell’insegnante, semplicemente, smetterà di compiere il suo dovere perché, tanto, lo pagano lo stesso.
Il risultato di tutto ciò sarà che i vostri figli cresceranno come dei debosciati e nella migliore delle ipotesi li troverete in un angolo della strada a fumare hashish coi loro amici punkabbestia mentre, nella peggiore, diventeranno grillini o, comunque, saranno pronti ad immolarsi per il guru di turno.
P.S. Intanto il mio amico Davide Mana mi segnala come ai bei tempi si leggessero i classici…
[1] Intorno alle ore 19:50 del 21 febbraio 2001, Erika De Nardo al’epoca 16enne, con il concorso del fidanzatino Omar Favaro, uccise premeditatamente a colpi di coltello da cucina la madre Susy Cassini e il fratello undicenne Gianluca. Oggi Erika lavora in un negozio di dischi ed è pure diventata una gran bella ragazza.
[2] Milano, 12 luglio 2010 – Hanno sbattuto la testa della maestra sul pavimento del bagno lasciando sulle piastrelle ciocche di capelli strappate. Tutto perché aveva rimproverato un’alunna in una scuola media di Quarto Oggiaro.
[3] Il giorno che verrà seriamente regolamentato l’uso delle intercettazioni ambientali da parte delle procure sarà sempre troppo tardi (De Magistris docet)
[4] Sì, gli insegnanti, oggi più che mai, si devono occupare anche di educare quei piccoli mostri viziati, generati da genitori capaci solo di dire uno svogliato “non si fa” mentre smanettano sullo smartphone