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Come ogni anno, immancabilmente, deve arrivare  il post sull’albero di Natale. Il 2011 è l’anno dei Puffi, l’action movie sulle creature blu alte due mele e qualcosa ha appena finito di spopolare nelle sale cinematografiche e puffando puffando a casa mia ha trovato dimora un nuovo baby-puffo di nome Gabriele che, a dirla tutta, non è blu e più che un puffo sembra un tacchino con gli occhi a palla. Ad ogni modo cazzeggiando su eBay in un giorno di “scazzo” mi appare l’inserzione di un albero di Natale color puffo… il puntatore del mouse si muove come un fulmine sul pulsante “compralo subito” e, prima ancora di avere il tempo di riflettere, si chiude la transazione con Paypal. Il risultato di questa mirabile compravendita è nelle foto sotto; dico solo che in tutto ciò il puffo 4-enne si è divertito un mondo.


 

Ieri sono stato dal barbiere. Non dal hair stylist (LOL) fighetta, non dalla catena in franchising di rasatori professionisti, non  dal parucchiere ma DAL BARBIERE.

Non entro in un barbiere praticamente da quando ha chiuso bottega quello che mi tagliava i capelli sin da bambino, poi il lavoro e il poco tempo libero mi hanno portato a rasarmi nei parrucchieri dei centri commerciali durante la pausa pranzo, quei posti invasi  da donnette nullafacenti, arroganti e generalmente incontentabili, quelle che non gli vai bene il colore, il taglio, la piega, quelle che verrebbe da dire:-signora, mi creda, meglio di così… solo un miracolo-, insomma, da dieci anni, mi viene comodo tagliarmi i capelli in quei posti lì, ieri sera però, tornando dal mare c’era un barbiere a Fasano(BR) e sia io che Pierpaolo avevamo bisogno di essere tosati.

Mi fermo, il proprietario, un signore sulla sessantina era sulla porta a chiacchierare, mi fa accomodare nel locale ampio con un grande specchio su cui si rifletteva l’orologio da parete, un lavabo e al centro di tutto: la sedia da barbiere. Sì perché nella catena in franchising, nel salone per fighettine, nel parrucchiere per signore NON c’è la poltrona da barbiere e sopratutto, porca puttana, NON ti fanno la barba. Mi siedo, la poltrona reagisce al mio corpo abbracciandolo, e il barbiere mi chiede come volessi i capelli, non mi mostra il catalogo autunno-inverno dei tagli dei modelli di Krizia… gli dico:- corti- e lui comincia a lavorare di forbici e rasoio, niente macchinette, non mi obbliga ad un inutile shampo, mi taglia i capelli, mi aggiusta la barba e STOP. Poi è la volta di Pierpaolo salire sulla poltrona la cui configurazione viene variata con uno sgabellino, e anche a lui taglia semplicemente i capelli… corti… basta così, niente gel, lozioni,cazzate, un semplice taglio di capelli.

Il costo di questo magnifico salto nel passato: 10 euro per padre e figlio con tanto di ricevuta fiscale.

Ora è vero che io sono tutt’altro che contrario alla globalizzazione, ai centri commerciali, ai franchising, ed è vero che tutto ciò, insieme alla nuova generazione di maschietti da giardino, depilati, fighetti che hanno bisogno delle cremine, dei massaggi, delle spa(*) ha contribuito a decretare la fine dei vecchi barbieri di una volta, col rasoio, gli asciugamani caldi, e la poltrona; ma siamo davvero sicuri che non ci sia davvero ancora spazio per loro? Siamo sicuri che la barba si debba fare sempre col 5 lame Gilette e la bomboletta di schiuma, siamo sicuri che per tagliare i capelli si debba andare in un locale che sembra un pub illuminato al neon? Il piacere della chiacchiera col barbiere, degli asciugamani caldi… anche la rivista porno mentre aspetti il turno sono ormai ricordi andati però alla stazione termale a farvi i fanghi dopo esservi depilati, andateci voi!

(*) ma che cazzo vuol dire spa, da dove è uscita questa insulsa, orrenda, parola, acronimo o quel che è?

Con la nascita di Gabriele e con Monica non “in formissima” sono qui a gestirmi i pargoli e aumentano i momenti per poter guardare qualche serie accantonata in un cassetto (espressione desueta per definire una cartella sperduta in un hard disk dimenticato).

 

 

E’ la volta di PlanetES un anime fantascientifico basato sul manga omonimo di Makoto Yukimura uscito nel 2001.  PlanetES è la trascrizione del termine  ΠΛΑΝΗΤΕΣ che, in greco antico, significa “errante” (vagabondo) e da cui ha origine il termine italiano “pianeta”.

 

La serie è pura hard science fiction, cosa infrequente anche se non insolita per le produzioni giapponesi; il mecha design è molto curato e anche gli svarioni scientifici sono moto limitati, oserei dire che è una serie ideale per ragazzi di 14-16 anni, ma godibilissima anche da un adulto.

 

La storia si svolge intorno al 2075, il primo episodio si apre con un volo spaziale commerciale, un’astronave simile ad un aereomobile orbita intorno alla Terra, sui sedili gente che va in vacanza, facce sorridenti, clima rilassato… in lontananza un bullone incrocia la rotta del volo spaziale e impatta violentemente con un oblò dell’astronave causandone la decompressione esplosiva e la morte di tutti i passeggeri.

Questo disastro accende i riflettori su un problema enorme per il futuro dell’esplorazione nello spazio: i detriti spaziali.

 

Decenni di missioni esplorative in orbita, satelliti abbandonati, materiale usato per la costruzione di stazioni spaziali, attrezzi smarriti dagli astronauti durante le riparazioni in orbita, hanno riempito lo spazio attorno alla Terra di tonnellate di spazzatura cosmica alla deriva. Non tutti i detriti sono mappati e anche un piccolo bullone, come abbiamo visto, può causare una catastrofe.
La Technora Corporation è una multinazionale con grossi interessi nell’esplorazione spaziale; una delle sue sezioni, la Sezione Debris, si occupa proprio di raccogliere i detriti spaziali  per salvaguardare le astronavi dai rottami vaganti, in pratica sono dei veri e propri spazzini orbitali.

 

Raccogliere detriti senza valore è un lavoro costoso e per nulla remunerativo e la Sezione Debris è una vera e propria armata Brancaleone, un gruppo di casi  umani, astronauti quasi per caso, ma che ogni giorno fanno la differenza. Spesso la raccolta dei detriti è solo funzionale a raccontare le storie dei personaggi, i loro rapporti, i loro sentimenti; a raccontare un futuro possibile che eredita tutti i difetti di un indimenticato passato: corruzione,  ingerenze della politica, terrorismo…

 

L’ anime è stato realizzato da Sunrise, prodotto da Yoshitaka Kawaguchi e composto da 26 episodi, distribuito in Italia dalla francese Beez Entertainment in 6 DVD.

 

Bellissima la sigla di apertura che presenta i personaggi principali mentre ripercorre le tappe dell’esplorazione spaziale.

Da bambino giocavo coi Lego, le famose costruzioni di plastica, un po’ più grande mi sono dilettato nel modellismo statico (non sempre con risultati eccezionali, non sono portato per dipingere), ho riempito mezza casa di mobili IKEA ma mai, dico mai, mi sono trovato di fronte a un casino come quello di assemblare questo Buzz Lightyear con tanto di astronave.

Sulla scatola c’è scritto che il gioco è destinato a bambini da 5 anni in su, hanno dimenticato di scrivere però che per l’assemblaggio è necessaria la consulenza di un ingegnere aerospaziale con un master in giocattoli che si fingono un cartone animato della Pixar.

Ci ho messo qualche ora per mettere insieme i pezzi insieme a Pierpaolo che non vedeva l’ora di piazzarci sopra gli adesivi, ma alla fine eccolo qui:



Mi stavo riguardando un po’ le foto del 2010 per vedere com’è cresciuto Pierpaolo e mi sono accorto che quest’anno siamo stati davvero in un sacco di posti (ed in effetti il mio conto in banca sta lì a dimostrarlo). Così ho messo su questo slide show delle foto del 2010 di Pierpaolo che mi aiuta a ripercorrere l’anno passato.