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Non è facile rispondere a una domanda come questa, una cosa è certa, se si va a fare un giro in libreria fra vampiri, elfi, draghi e foreste incantate il dubbio viene. Se si guarda il panorama televisivo e cinematografico, poi, ci sono solo supereroi e storie dove la fantascienza è poco più di un labile pretesto, lo stesso Sci-Fi Channel ha cambiato il nome nel ridicolo ed effemminato SyFy quasi a simboleggiare un approccio più morbido al genere.

In realtà la fantascienza non è morta, anzi, in un certo senso, gode di ottima salute, basta cercare sul web, fra e-book e corti autoprodotti si possono trovare concept di qualità persino superiore a qualche produzione professionale. Anche sui media tradizionali, comunque, la fantascienza si ritaglia grossi spazi sia nelle produzioni mainstream che nelle commistioni con altri generi dall’avventura al fantasy (Fringe, Eureka, Terranova, Alphas…)

Quello che davvero manca, dunque, è il pubblico.  Un pubblico abituato a immaginare scenari magnifici di viaggi spaziali su gigantesche astronavi, quel pubblico che seguiva col fiato sospeso i lanci delle missioni Apollo o primi voli dello Shuttle e che amava perdersi nelle avventure di Kirk & co negli anni ’60 e ’70.

La fantascienza, meglio l’hard science fiction, è morta nell’immaginario collettivo, nella mente degli uomini sempre più abituati a fare i conti la realtà, con le bollette da pagare, con la crisi, perché c’è sempre una crisi, nella realtà di quell’umanità che non ha tempo più per sognare e per viaggiare con una fantasia ormai atrofizzata.

Se questa mattina leggere che SyFy ha cancellato  Battlestar Galactica: Blood & Chrome,  senza nemmeno aver trasmesso il pilot, mi ha lasciato perplesso, a farmi riflettere realmente sulla morte della fantascienza è stato quello che ho visto, o meglio che non ho visto, in un centro commerciale oggi pomeriggio. Pierpaolo, mio figlio, ha quasi cinque anni, e fra i suoi giocattoli ci sono tante macchinine, qualche aeroplano ma nemmeno un’astronave. Decido di comprargliene una, ma incredibilmente, su circa 80 metri di corsie riservate ai giocattoli, in un mega centro commerciale Auchan, le uniche astronavi erano quelle della serie Lego Starwars. OK, mi dico, torno a casa e guardo su eBay; tutto ciò solo per scoprire che, anche su internet, non ci sono astronavi giocattolo, ad eccezione di pezzi vintage degli anni ’70-’80 o modellini da collezione di Star Wars e Star Trek.

Maledizione, non fanno più le astronavi giocattolo. 

Torniamo dunque alla domanda originale: la fantascienza è morta? La risposta è: no, ma l’umanità è di molto peggiorata negli ultimi 30 anni.(*)

(*) Non che non lo sapessi già, eh…

 

Qualche giorno fa Davide Mana sul suo blog ha lanciato un meme molto accattivante: Da qui a dieci anni... con una top five delle ipotesi di futuro originate dal presente.

Ad essere onesto non ho voluto mettermi a fare elucubrazioni sul mio domani, diciamo, per una specie di scaramanzia ma, in questi giorni, mi è stata data la possibilità di gettare uno sguardo da una finestra su un aspetto del mio futuro da qui a dieci anni: mi sono stati assegnati due stagisti sedicenni per un progetto scolastico di avvicinamento al mondo del lavoro; uno di quei progetti finanziati da vari enti, tanto in voga in questo momento quanto sostanzialmente inutili.

Nel 2022 mio figlio Pierpaolo avrà 15 anni e sto cominciando a chiedermi se non possa essere il caso di farlo fuori prima, per il suo bene.

Guardiamoli questi ragazzini. I due marmocchi che lavorano da me sono nella media, quindi non sfigati ma nemmeno fra i più popolari

Un lato positivo certamente c’è: sono molto svegli, molto più di quelli della mia generazione alla loro età. Com’è ovvio utilizzano le nuove tecnologie in maniera naturale e ciò rende abbastanza obsoleto l’attuale sistema di insegnamento, ma questo non è certo colpa loro.

Per il resto, purtroppo, rispetto ai ragazzini della mia generazione non è cambiato niente anzi c’è un peggioramento dovuto sostanzialmente a due fattori:

– tv/internet, la televisione, come evidente, impone dei modelli poco edificanti e questi modelli, paradossalmente, vengono amplificati dai social network di cui fanno un uso smodato;

– consapevolezza di essere migliori dei propri genitori, che se per certi versi è vero, li porta ad assumere degli atteggiamenti presuntuosi nei confronti del “mondo degli adulti” .

In buona sostanza: abiti firmati e abbigliamento omologato, smartphone di ordinanza (che almeno usano) e  poca voglia di andare a scuola Resistono le sigarette, quasi scomparse ormai fra i quarantenni. Interessante l’approccio con le ragazze per certi versi meno disinibito rispetto ai miei tempi ma nel contempo con meno tensione sessuale, nonostante l’età.

Ora se guardo Pierpaolo, un bambino di quasi cinque anni, intelligente, spigliato, disinibito, totalmente non omologato, penso che fra dieci anni sarà così (o peggio) e che io non potrò farci proprio niente… beh diciamo che faccio bene a non soffermarmi sugli altri aspetti della mia vita nel 2022.

 

Anche quest’anno arriva immancabile la gallery dedicata al Carnevale di Putignano. La sfilata dei giganteschi carri allegorici con i personaggi di cartapesta è  uno spettacolo magnifico. Peccato  ancora una volta per l’organizzazione. L’idea di far pagare un pedaggio per l’accesso al paese genera chilometri di coda in entrata e i parcheggi periferici sono… troppo periferici se ti devi muovere con due bambini e due passeggini e fa anche molto freddo. In buona sostanza quasi due ore per entrare in città, e quasi un’ora per trovare un parcheggio accettabilmente vicino alla sfilata. Ovviamente, poi, file interminabili per accedere ai pochissimi bagni pubblici e nessun tipo di struttura ricettiva. Insomma  un bello spettacolo non esattamente accessibile per chi ha bimbi piccoli (a cui il Carnevale dovrebbe essere dedicato) ma vale comunque la pena della faticaccia. L’atmosfera di festa che si respira metterebbe di buon umore chiunque e la sfilata dei carri è, come sempre, uno spettacolo da non perdere. I bimbi, poi, possono sfogarsi con i coriandoli e possono correre con le loro mascherine e Putignano, in questi giorni, organizza tante iniziative collaterali. In conclusione, nonostante tutto, abbiamo passato una bellissima giornata aiutata, fra l’altro, dal tempo clemente e il costo per auto è di soli 10€ (noi eravamo in sette, quindi poco più di 1,5€ a testa)

L’altro giorno, ad una fiera, Pierpaolo ha “insistito” perché gli comprassi dei pesci rossi. Vuoi che era domenica e la domenica siamo (quasi) tutti più buoni, vuoi che la durata di un pesce rosso comprato in fiera si attesta intorno alle 48 ore gli compro due simpatiche bestiole. Dopo 15 giorni trascorsi a cambiargli l’acqua tutte le mattine e a improvvisarmi “nutrizionista di pesci rossi”, i maledetti animali non ne volevano proprio sapere di tirare le cuoia, anzi erano più vispi e “simpatici” che mai. Allora decido di trasferirli in un mini acquario (due euro di carassius auratus auratus e più di cinquanta fra vasca e ammennicoli vari) , il Getta-Acquario di Pierpaolo.

Che poi in realtà quello che passa più tempo a guardare i pesci è Gabriele che rimane ipnotizzato a vedere scivolare nell’acqua le simpatiche bestiole. Il rischio per me, amante di gadget inutili (è cos’è più inutile di  un acquario?), adesso, è quello di entrare in un tunnel da cui uscirò molto più povero :-)

Non c’è niente da fare, sin da bambino, tutto quanto fosse legato alla “campagna”(*) non mi ha mai attirato. Ci sono due periodi, in particolare, che non ho mai sopportato: la vendemmia e la raccolta con relativa molitura delle olive nel frantoio.

Io, in genere, mi rifiuto di partecipare a questa sorta di “riti pagani”, oltre tutto, perché ricavo un fastidio fisico dal sapere che tutta l’attività legata alla campagna, per come la gestiamo in famiglia, è totalmente anti-economica e viene fatta solo per è una cosa che DEVE essere fatta. Quest’anno tuttavia, con mio padre tutt’altro che in forma, ho passato il pomeriggio di ieri al frantoio. Nonostante l’immensa scocciatura dello “sprecare” in questa maniera il mio, sempre più prezioso, tempo libero, ne sono venute fuori almeno due cose positive. Tanto per cominciare Pierpaolo si è divertito un mondo, non aveva mai visto un frantoio e questo era un opificio semi-industriale e quindi, per quanto non fosse elevatissimo, il livello di automazione del processo di molitura, agli occhi del bambino di quattro anni, è apparso quasi fantascientifico (non faceva altro che osservare le macchine e ripetere “come un’astronave”). La seconda cosa da non sottovalutare è che mi sono portato via due litri di olio appena prodotto che, nonostante ci sia chi non è d’accordo con me, è una cosa di una squisitezza unica.

(*) la mia famiglia, i miei genitori in realtà, possiedono alcuni pezzi di terra, coltivati ormai solo ad uliveto, da cui si ricava l’olio extravergine di oliva per tutta la famiglia. C’è da dire che, visto i tempi che corrono, finisce che avere la disponibilità di un pezzo di terra, alla fine, tornerà utile ;-)