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Ogni tanto mi capita di imbattermi in una nuova piacevole scoperta musicale. Così, cercando su Youtube Jezebel, pezzo del secolo scorso di Edith Piaf, finisco per trovarne una versione live del 2010 di tale Anna Calvi. Ascolto il pezzo incantato dalla voce ruvida e sexy di questa ragazza e alla fine riesco solo a sussurrare fra me “madonna santa”.

Mi faccio un giro in rete, scopro che trattasi di una ragazza inglese di origine italiana e che è stata lanciata, l’anno scorso, dalla BBC, credo grazie a Brian Eno (con una trasmissione simile alla nostra inguardabile X-Factor) e che il suo primo omonimo disco è stato prodotto da Rob Ellis. Certo detta così sembrerebbe un’artista costruita in studio a tavolino,  tuttavia ha una voce che sa essere calda e cupa e nel suo nuovo primo album si ritrova un grosso lavoro sugli arrangiamenti per una cantautrice/chitarrista rock che lascia trasparire cupe contaminazioni blues. Boh magari è solo un caso e finirà come un qualunque fenomeno di Amici di Maria De Filippi, ma io mi sono procurato il suo primo lavoro “Anna Calvi” e ne consiglio a tutti l’ascolto, intanto vi lascio con “Jezebel” che mi ha fatto letteralmente impazzire.

In questi giorni, come personale colonna sonora automobilistica, sta girando la discografia di Edoardo Bennato se non altro perché al bimbo piace riascoltare ad libitum l’album “Sono solo Canzonette” e in particolare “Rockcoccodrillo”.

Ieri sera, così, mi è tornato alla mente Joe Sarnataro. Era l’A.D. 1992 e in TV apparve un lungometraggio, trasmesso in pillole nel primo pomeriggio , con protagonista un bluesman napoletano che, tornato dall’America, si mette in testa di esportare la democra.. ehm il rock&blues a Mergellina. Così, insieme a un gruppo napoletano, i Blue Staff e con l’aiuto di suo nonno Vincenzo(interpretato dallo stesso Edoardo Bennato), che elargisce perle di qualunquismo e saggezza partenopea  “ricevute in sogno” e che diventano parte dei suoi testi, in un certo senso, riesce nell’intento. La fiction era intitolata “Joe e suo nonno”, per la regia di Giacomo De Simone, e pur non essendo certamente il più grande capolavoro di RaiUno vede la partecipazione di attori “famosi” nel panorama televisivo italiano come Lino Banfi/Nicola Scarola o Renzo Arbore/Cav.Renzo e denuncia una Napoli di corruzione e malcostumi.  In realtà il film tv faceva parte di un progetto più ampio di un geniale Joe Sarnataro/Edoardo Bennato, insieme all’uscita di un album rock/blues dal titolo “È asciuto pazzo ‘o padrone” pubblicato dall’etichetta Virgin da Joe Sarnataro e i Blue Staff,  seguito da un tour europeo durato oltre due anni. Anche il disco, a dire il vero, musicalmente, per quanto godibile, è tutt’altro che originale, per quanto parlando di rock&blues c’è ben poco da essere originali, ma i testi, tutti in dialetto partenopeo, richiamano il Bennato delle origini, la denuncia dei limiti e delle carenze strutturali di una Napoli dove alla fine “nun se salva nisciuno” insieme agli elogi per quella napoletanità che la rende una delle città più belle del mondo.

Inutile dire che io comprai la musicassetta nel 1992 e, dopo averla letteralmente consumata, adesso torno a riascoltarmela… intanto un consiglio:

E’asciuto pazzo ‘o padrone!…
…E chiste sò nummere, sò nemmere buone
dieci, quindici, vintidoje e trentuno
joteville a jocà !…

e chiudo con uno stralcio del film TV, un pezzo che anche oggi è davvero “potente”

Ogni tanto capita. Su consiglio della mogliettina, che l’aveva sentito per caso da Feltrinelli, oggi ho ascoltato per la prima volta Alessandro Mannarino. Forse arrivo buon ultimo a tessere le lodi di questo giovane cantautore (è del 1979) ma fra ritmi pop-folk, pagliacci, atmosfere di periferia, citazioni felliniane e una buona dose di surrealismo sono davvero rimasto sconcertato dal non averlo scoperto prima.

Ad oggi Alessandro Mannarino ha pubblicato due album, “il Bar della Rabbia” nel 2009 e il recentissimo “Supersantos”, entrambi piacevolissimi dal primo ascolto. Dopo essere stato finalista al premio Gaber e al premio Tenco, Mannarino ha fatto diverse apparizioni in TV negli ultimi anni, in particolare a “Parla con Me”  della Dandini e Vergassola; beh ogni tanto mi pento di non guardare più la televisione (per quanto rimangono più i pro che i contro).

Monica, questa volta, mi ha fatto davvero un bel regalo per l’anniversario di matrimonio :-)

Dopo la marchetta sanremese di Yanez che gli è valsa il quarto posto nel festival dei fiori è tornato, dopo due anni da Pica!, Davide Van De Sfroos con il suo nuovo album che prende il nome dal fortunato pezzo festivaliero: Yanez.

A me pugliese pare sempre strano parlare di Davide Bernasconi e delle sue canzoni cantate in dialetto laghée, ma continuo a ritenere Van De Sfroos la proposta musicale italiana più interessante degli ultimi 10 anni e ciò indipendentemente dal fatto che per capire un terzo di quello che dice in un pezzo devo ascoltarlo almeno 5 volte. Anche Yanez non tradisce le aspettative: sempre vive le sonorità tipiche del cantautore “padano” che narra storie di provincia rievocanti una strana nostalgia per una dimensione mai vissuta in un modo talmente orecchiabile da meritargli quasi una vittoria al teatro Ariston.

Un altro bel disco per Van De Sfroos.

 

Scrivere di musica non è facile, è impossibile utilizzare dei criteri oggettivi per giudicare una fonte di emozioni qual’è l’ascolto di un nuovo disco, dunque è davvero difficile parlare del nuovo disco di Vinicio Capossela uscito in questi giorni. Posso solo dire che, già al primo ascolto, non delude assolutamente, si ritrova un Capossela ormai maturo che fa rivivere, in quella che si può definire una perfetta commistione fra musica e letteratura, attraverso i 19 pezzi di questo doppio album, le atmosfere esotiche dei romanzi di Salgari e Melville. Tecnicamente il disco è praticamente perfetto, si vede che Capossela ha sperimentato molto in questi anni e i risultati non si sono fatti attendere,  l’utilizzo dei cori in quasi tutti i pezzi è semplicemente magnifico. Se anche a molti potrà sembrare lontano dai primi dischi e dai brani celebri e festaioli di Vinicio Capossela come “il Ballo di San Vito”, “Maraja”, “Con una Rosa”, in realtà questo “Marinai, Profeti e Balene” è la naturale prosecuzione di “Ovunque Proteggi” ed è evidentemente il culmine di un cammino intrapreso fra teatri, libri e concerti dopo “L’Indispensabile”. Da ascoltare in religioso silenzio.