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Se c’e’ una cosa che odio e’ stare a scrivere necrologi su Ucronia, tuttavia io sono cresciuto ascoltando determinata musica, guardando determinati film, cartoni animati e serial TV e leggendo fumetti e, in particolare, alcuni autori letterari. Oggi non posso fare a meno di scrivere di Ballard che purtroppo ci ha lasciati il 19 aprile preda di un male incurabile.

Il mio primo romanzo di Ballard fu il famoso Crash, romanzo del 1973, da cui poi Cronemberg ha tratto un film pessimo nel 1996. Crash non e’ un romanzo per tutti ci vuole una certa dose di stomaco per approfondire fino alla fine il tema della perversione per le vittime degli incidenti stradali e per la fusione della carne con il metallo, pura pornografia (non nel senso di Moana Pozzi). Ballard a torto viene definito scrittore di science fiction; non e’ vero, Ballard e’ uno scrittore postmoderno, surrealista decadente. La pianto qui e lascio a lui la parola con una poesia che ho letto anche prima di Crash:

“Cio’ in cui Credo”

Credo nel potere che ha l’immaginazione di plasmare il mondo, di liberare la verita’ dentro di noi, di cacciare la notte, di trascendere la morte, di incantare le autostrade, di propiziarci gli uccelli, di assicurarsi la fiducia dei folli.

Credo nelle mie ossessioni, nella bellezza degli scontri d’auto, nella pace delle foreste sommerse, negli orgasmi delle spiagge deserte, nell’eleganza dei cimiteri di automobili, nel mistero dei parcheggi multipiano, nella poesia degli hotel abbandonati.

Credo nelle rampe in disuso di Wake Island, che puntano verso il Pacifico della nostra immaginazione.

Credo nel fascino misterioso di Margaret Thatcher, nella curva delle sue narici e nella lucentezza del suo labbro inferiore; nella malinconia dei coscritti argentini feriti; nei sorrisi tormentati del personale delle stazioni di rifornimento; nel mio sogno che Margaret Thatcher sia accarezzata da un giovane soldato argentino in un motel dimenticato, sorvegliato da un benzinaio tubercolotico.

Credo nella bellezza di tutte le donne, nella perfidia della loro immaginazione che mi sfiora il cuore; nell’unione dei loro corpi disillusi con le illusorie sbarre cromate dei banconi dei supermarket; nella loro calda tolleranza per le mie perversioni.

Credo nella morte del domani, nell’esaurirsi del tempo, nella nostra ricerca di un tempo nuovo, nei sorrisi di cameriere di autostrada e negli occhi stanchi dei controllori di volo in aeroporti fuori stagione.

Credo negli organi genitali degli uomini e delle donne importanti, nelle posture di Ronald Reagan, di Margaret Thatcher e della principessa Diana, negli odori dolciastri emessi dalle loro labbra mentre fissano le telecamere di tutto il mondo.

Credo nella pazzia, nella verita’ dell’inesplicabile, nel buon senso delle pietre, nella follia dei fiori, nel morbo conservato per la razza umana dagli astronauti di Apollo.

Credo nel nulla.

Credo in Max Ernst, Delvaux, Dali’, Tiziano, Goya, Leonardo, Vermeer, De Chirico, Magritte, Redon, Dürer, Tanguy, Facteur Cheval, torri di Watts, Böcklin, Francis Bacon, e in tutti gli artisti invisibili rinchiusi nei manicomi del pianeta.

Credo nell’impossibilita’ dell’esistenza, nell’umorismo delle montagne, nell’assurdita’ dell’elettromagnetismo, nella farsa della geometria, nella crudelta’ dell’aritmetica, negli intenti omicidi della logica.

Credo nelle donne adolescenti, nel potere di corruzione della postura delle loro gambe, nella purezza dei loro corpi scompigliati, nelle tracce delle loro pudenda lasciate nei bagni di motel malandati.

Credo nei voli, nell’eleganza dell’ala e nella bellezza di ogni cosa che abbia mai volato, nella pietra lanciata da un bambino che porta via con se’ la saggezza di statisti e ostetriche.

Credo nella gentilezza del bisturi, nella geometria senza limiti dello schermo cinematografico, nell’universo nascosto nei supermarket, nella solitudine del sole, nella loquacita’ dei pianeti, nella nostra ripetitivita’, nell’inesistenza dell’universo e nella noia dell’atomo.

Credo nella luce emessa dai televisori nelle vetrine dei grandi magazzini, nell’intuito messianico delle griglie del radiatore delle automobili esposte, nell’eleganza delle macchie d’olio sulle gondole dei 747 parcheggiati sulle piste catramate dell’aeroporto.

Credo nella non esistenza del passato, nella morte del futuro, e nelle infinite possibilita’ del presente.

Credo nello sconvolgimento dei sensi: in Rimbaud, William Burroughs, Huysmans, Genet, Celine, Swift, Defoe, Carroll, Coleridge, Kafka.

Credo nei progettisti delle piramidi, dell’Empire State Building, del Fürerbunker di Berlino, delle rampe di lancio di Wake Island.

Credo negli odori corporei della principessa Diana.

Credo nei prossimi cinque minuti.

Credo nella storia dei miei piedi.

Credo nell’emicrania, nella noia dei pomeriggi, nella paura dei calendari, nella perfidia degli orologi.

Credo nell’ansia, nella psicosi, nella disperazione.

Credo nelle perversioni, nelle infatuazioni per alberi, principesse, primi ministri, stazioni di rifornimento in disuso (piu’ belle del Taj Mahal), nuvole e uccelli.

Credo nella morte delle emozioni e nel trionfo dell’immaginazione.

Credo in Tokyo, Benidorm, La Grande Motte, Wake Island, Eniwetok, Dealey Plaza.

Credo nell’alcolismo, nelle malattie veneree, nella febbre e nell’esaurimento.

Credo nel dolore.

Credo nella disperazione.

Credo in tutti i bambini.

Credo nelle mappe, nei diagrammi, nei codici, negli scacchi, nei puzzle, negli orari aerei, nelle segnalazioni d’aeroporto.

Credo a tutti i pretesti.

Credo a tutte le ragioni.

Credo a tutte le allucinazioni.

Credo a tutta la rabbia.

Credo a tutte le mitologie, ricordi, bugie, fantasie, evasioni.

Credo nel mistero e nella malinconia di una mano, nella gentilezza degli alberi, nella saggezza della luce.

Una delle opere che mi ha fatto conoscere la letteratura fantascientifica è stato “Il fiume della Vita”, il primo romanzo del ciclo del “Mondo del Fiume” di Philip J. Farmer. La saga di Sir Richard Burton e le sue avventure alla ricerca del mistero del fiume, lungo le cui sponde sembrano risorgere tutti gli essere umani morti in tutti i tempi, mi ha appassionato per anni, fino a che non sono riuscito a reperire tutti i romanzi del ciclo.
Il 25 febbraio 2009 all’età di 91 anni ci lascia anche Philip Josè Farmer grandissimo scrittore di genere anche se spesso ricordato solo per storie SF a sfondo sessuale; in effetti in un periodo in cui la pin-up di turno veniva salvata dal’eroe invincibile con la sua scintillante tuta spaziale Farmer ha segnato una svolta anche descrivendo rapporti sessuali fra umani e alieni… ma questo era solo strumentale alle favolose storie narrate da questo grande scrittore. Beh al limite ci si vede “Alle sorgenti del fiume” ;-)

Approfittando del mio week end a Napoli e Salerno e di un noioso viaggio in pullman ho avuto il tempo di divorare un romanzo che avevo da mesi nella pila delle cose da leggere: Slan Hunter. Uno dei motivi percui non avevo mai avuto il coraggio di aprire quel libro erano le recensioni negative al seguito del 1940 dello Slan scritto da Van Vogt che avevo raccolto in giro. Leggendo il romanzo, completato da K.J. Anderson, partendo dagli appunti lasciati da Van Vogt per un sequel, devo dire che ho passato quattro-cinque ore piacevolmente immerso nella solita sospensione della realtà di un romanzo di fantascienza. Ho ripensato allora alle critiche che avevo letto e mi sono reso conto che sono tutte motivate, ma perfettamente applicabili allo stesso Slan, a tutte le opere di Van Vogt a gran parte delle opere di Asimov e genericamente a quasi tutti i romanzi della SF del periodo d’oro. E’un po come per le tette, negli anni 50-60-70 agli uomini piacevano semplicemente le tette grosse, oggi devono essere perfette, modellate dal bisturi di un chirurgo plastico, tecnicamente bellissime, ma poi, a pensarci, manca sempre qualcosa. Molti romanzi SF di oggi sono tecnicamente veri capolavori, godono spesso di critiche positive anche nel genere mainstream ma raramente evocano lo stesso sense of wonder dei romanzi di Van Vogt, Heinlein, Asimov e tutti gli altri.
Ad ogni modo Slan Hunter riprende le gesta di Jommy Cross e dei protagonisti dell’originale Slan. Il presidente Grey è stato deposto dal capo della polizia segreta, il cacciatore di Slan, John Petty ma un grave pericolo incombe sulla Terra. Il pianeta viene attaccato da una nuova razza di slan, i senzantenne che da Marte, per secoli avevano pianificato l’invasione della Terra e l’eliminazione degli essere umani normali ma sopratutto degli odiati Slan che accusavano di aver generato la loro progenie monca. La realtà non è quella che sembra, John Petty, Kier Gray, Jommy Cross, fra doppi giochi e combattimenti intrecciano le loro storie ognuno, a modo suo, con l’intenzione genuina di salvare l’umanità. Il finale, teoricamente sarebbe aperto ad un seguito che dubito che ci sarà mai. Mai dare retta alle recensioni.

“Ogni tecnologia sufficientemente avanzata è indistinguibile dalla magia”.
All’età di 90 anni ci lascia uno degli autori più noti di SF. Nelle scorse ore si è spento, all’Apollo Hospital di Columbia, nello Sri Lanka,dove viveva dal 1956, Sir Arthur C. Clarke. Nato nel 1917 in Inghilterra era stato un ingegnere radar nell’esercito di Sua Maestà durante la II guerra mondiale. Dopo la guerra cominciò a scrivere saggi sientifici e oltre 80 romanzi fantascientifici ipotizzando nel 1945 i satelliti geostazionari e immaginando negli anni 50 gli ascensori orbitali. Clarke è anche l’autore di quel 2001 Odissea nello Spazio trasposto al cinema da Stanley Kubrick. Ultimo suo romanzo vedrà la luce in questi giorni è “L’Ultimo Teorema” scritto insieme a F.Pohl.

Oggi dopo un po’ che mi ero registrato sono rientrato in Anobii. Anobii è sostanzialmete una comunity, o come si usa oggi dire, un social network, basato sui libri. In pratica ognuno inserisce la sua biblioteca in Anobii e chiunque può vederla, commentarla, scambiare opinioni ecc…
L’idea mi piace, poter incontrare gente con gusti letterari simili è molto intrigante in particolare considerando che in RL lo spazio non consente facilmente l’aggregazione di piccoli gruppi con gusti omogenei ma esotici; oddio non è il mio caso ma si parla in generale. Ad ogni modo, colto anche dal raptus, dell’ordine della biblioteca, mi sono deciso ad inserire un po’ di titoli in Anobii. Che dire, a parte qualche baco di troppo, in particolare con Explorer 6(ma il software è in beta) l’inerimento dei titoli con ISBN risulta agevole e ho inserito già 242 volumi. Il problema è che molti, troppi libri non hanno ISBN, vuoi perchè vecchi, vuoi perchè raccolte, vuoi perchè collane; questo è un grosso guaio in particolare per l’inserimento della mia amata collezione di Urania. Bah troverò una soluzione :-)