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In quegli anni ’90 che per molti versi sembrano così lontani, nei primi anni della diffusione di massa di internet, nascevano molteplici piattaforme che permettevano agli utenti di avere una propria casetta virtuale su internet, il proprio sito web rigorosamente in html. Oggi, nel 2009, l’evoluzione dei linguaggi e sopratutto della cultura e delle mode di internet ha reso anacronistici i siti web statici e i servizi che offrono spazio gratuito per questo tipo di applicazioni sono diventati sempre meno e sempre meno utili. Così Yahoo decide di chiudere il 26 settembre una delle piattaforme più famose per l’hosting gratuito di siti web: Geocities. Geocities nasce nel 1995 con l’idea di suddividere la pubblicazione delle pagine internet per aree tematiche legate a quartieri e città in cui ogni utente poteva scegliere indirizzo e numero civico per pubblicare i propri contenuti. Nel 1999, in pieno boom della New Economy, Yahoo rileva la piattaforma, ne cambia i termini d’uso, in particolare in relazione al copyright del materiale pubblicato, fa sparire i quartieri, che caratterizzavano il servizio, rendendolo simile ad ogni altro fornitore di spazio web gratuito infarcito di pubblicità. Oggi Yahoo decide di chiudere i rubinetti a più di 7 milioni di pagine web, informando gli utenti che potranno migrare ad una nuova piattaforma fornita da Yahoo (a prezzi esorbitanti). Ora, chiaramente, mantenere in piedi un servizio come Geocities potrebbe sembrare antieconomico, ma non ho mai capito perchè servizi del genere siano rimasti ancorati alle vecchie logiche e non si siano mai evoluti nelle direzioni attualmente intraprese dal World Wide Web. Ad ogni modo far sparire dal web dei contenuti (sono certo che pochissimi utenti passeranno a Yahoo e moltissimi semplicemente lasceranno morire le proprie pagine) non mi sembra una grande idea e dubito che per Yahoo sia realmente così costoso mantenere in piedi l’infrastruttura, anche perchè se non ricordo male, lo spazio fornito era davvero irrilevante, almeno per gli standard odierni, e non ci sono database da manutenere.
Comunque nessuna fine di un’era e nessun segno del passaggio definitivo al web 2.0 (argh!) come viene dipinto ma pura e semplice evoluzione e, sopratutto, fortissima miopia da parte di uno dei grandi protagonisti del Web.

P.S. Personalmente non ho mai pubblicato nulla su Geocities, l’idea dei quartieri, mi è sempre sembrata una cazzata e quella piattaforma è sempre stata farcita da advertising troppo invasivi.

Tutt’altro che inatteso l’annuncio di questi giorni di Google di realizzare un suo SO desktop basato sul kernel linux e con un’interfaccia utente derivata da Chrome, in pratica un browser internet per sistema operativo con la possibilità di farci girare web application utilizzando un tiny Pc come può essere un qualunque netbook.
Ricordo anni fa un aricolo su MC (Microcomputer) che profetizzava un ritorno ad un’architettura fatta di terminali e server centrali per le elaborazioni; per me, felice possessore di un Pc basato su Intel 80286, questa era un’idea sconvolgente. Il fatto di non avere “materialmente” nel mio favoloso Hard Disk da 40 Mb (si Megabyte) il software e i dati da trattare mi sembrava fuori da ogni logica eppure a pensarci adesso… francamente a parte, forse, Gmail, ad oggi, tutte le web application che ho visto fanno un po’ cagare, ma ciò non vuol dire che non si possa migliorare, specie con uno sviluppo ad hoc dei sistemi operativi. Qualcuno obietterà:-ma come fai a far girare Autocad in un browser?-. E la risposta è sempre la stessa:-Quanti usano Autocad?-. La gente usa il PC al 90% su Internet: social network, istant messaging, posta elettronica, qualche blog e poco altro; le uniche cose che si fanno off-line è scrivere qualche documento con Word o aggiornare il bilancio famigliare con Excel. In quest’ottica Chrome OS potrebbe trasformare il PC in un vero elettrodomestico, un aggeggio perennemente collegato ad internet attaccato all’LCD di casa con una minitastiera wireless e, al massimo, una stampantina laser.
Lo scenario che ho descritto, tuttavia, avrebbe un forte impatto sul concetto di privacy. Altro che decreto sulle intercettazioni… bisognerà abituarsi all’idea che i nostri documenti, i dati delle nostre navigazioni, la nostra vita, insomma, siano archiviati e distribuiti sui server di società che NON fanno beneficienza e di cui ci si dovrà fidare per forza di cose, bisognerà riconsiderare, definitivamente secondo me, il significato della parola privacy e non è detto che ciò sia necessariamente un male.

Su giornali e siti web leggo in questi giorni la notizia che 20 anni fa sarebbe nata Internet, confondendola come al solito con Internet Explorer. La nascita di Intenet può farsi risalire tranquillamente alla rete militare Arpanet negli anni ’60, altro che venti anni, anche se è nella RFC65 del dicembre 1975, relativa alle specifiche del protocollo TCP, che compare per la prima volta il termine Internet (non usato come sostantivo). Che cos’è Internet, in realtà? Detto molto semplicemente e senza voler entrare nel merito di questioni etimologiche si può tranquillamente definire Internet l’unica rete di computer mondiale ad accesso pubblico. Cosa nasce venti anni fa, invece? Il 13 marzo del 1989, al Cern, il fisico Tim Berners-Lee pubblica un documento, “Information Management: A Proposal”, in cui, sostanzialmente, vengono gettate le basi per uno standard di comunicazione ipertestuale fra sistemi diversi, che doveva, nelle intenzioni servire a comunicare i dati provenienti dall’Acceleratore di Particelle del Cern agli scienziati di tutto il mondo, che utilizzavano computer diversi e diversi sistemi operativi. Un paio d’anni dopo, dallo sviluppo di quel documento sempre Tim Berners-Lee diede vita al primo server web(nella foto) e al primo sito Internet. Di fatto Berners-Lee non ha inventato nulla, studi su sistemi di comunicazione ipertestuali andavano avanti dagli anni ’40 anche se ha avuto il grande merito dell’idea di applicare questo concetto alla rete Internet (ma non era questo lo scopo del progetto iniziale) e il buon gusto di non chiederne i diritti d’autore. Ad ogni modo dal 1993 esiste un nuovo servizio Internet, il World Wide Web (WWW) che ha fatto la fortuna di questo strumento di comunicazione. Quando si parla di Intenet, dunque, è bene sempre ricordarlo, stiamo parlando di qualcosa di ben più grande e complesso di un semplice standard di comunicazione, il “WWW” è solo un servizio, come lo è Usenet, la Posta Elettronica o Skype. Quindi Buon Compleanno World Wide Web.

“Quando si procede per delitti di istigazione a delinquere o a disobbedire alle leggi, ovvero per delitti di apologia di reato, previsti dal codice penale o da altre disposizioni penali, e sussistono concreti elementi che consentano di ritenere che alcuno compia detta attività di apologia o di istigazione in via telematica sulla rete internet, il Ministro dell´interno, in seguito a comunicazione dell´autorità giudiziaria, può disporre con proprio decreto l´interruzione della attività indicata, ordinando ai fornitori di connettività alla rete internet di utilizzare gli appositi strumenti di filtraggio necessari a tal fine.” questo citato è l’articolo 50 bis: “Repressione di attività di apologia o istigazione a delinquere compiuta a mezzo internet” del nuovo decreto sicurezza. Il governo non fa segreto che questo provvedimento serva a contrastare gli utilizzi distorti di social network come Facebook, in particolare per i vari episodi di cui si è tanto parlato nelle scorse settimane relativamente ai gruppi pro-Riina, pro-stupro e pro-attività eversive varie; personalmente la censura non mi vede MAI d’accordo ma supponiamo che sia necessario intervenire nel senso definito dalla norma su alcune attività illecite particolarmente odiose. Io non sono particolarmente aggiornato sui miracoli dei router nel 2009 ma proprio non riesco a capire come possano fare gli ISP a discriminare fra gli intricati rapporti di un social network quelli relativi ad attività illecite senza procedere al filtraggio dell’intero sito. Si può, forse, bloccare, l’url di un gruppo, ma anche li…boh

Una categoria di persone che non sopporto sono quelli che usano termini “alla moda”.
Allora tu senti autentici coglioni che straparlano di web 2.0 come se fosse una cosa reale o come se ci fosse mai stata una versione 1.0 o una versione beta; sembra la famosa barzelletta dell’aggiornamento da Fidanzata 1.0 a Moglie 2.0…
In questo momento va molto di moda Facebook, un cosidetto social network (altro termine del cazzo) apoteosi del web 2.0. Ma che cos’è Facebook? Certamente una buona idea, che sicuramente poteva essere realizzata meglio, ma comunque niente di innovativo e che finirà nell’oblio, a fare compagnia a Second Life, superata da un’altra nuova idea, buona e modaiola. Facebook ha, sostanzialmente, istituzionalizzato il cazzeggio, fra amici reali o virtuali, ha reso informazione quel rumore che riempie di Off Topic forum e newsgroup.
Il world wide web ha trasformato internet da un luogo virtuale molto elitario e tematico con pochi contenuti ma elevaissima qualità in una cloaca dove qualunque coglione può arrogarsi il diritto di scrivere cazzate, un po’ come la televisione e se penso alla diffusione della banda larga mi vengono i brividi… E’ sempre più difficile trovare informazioni senza imbattersi in errori grossolani; in compenso è tutto più user friendly e sopratutto rivolto all’utente che non è capace nemmeno di “quotare” una mail come cristo comanda. Oggi abbiamo i blog, Feed RSS, Wikipedia, Flickr, Picasa, Youtube, Facebook, Myspace, Linkedin, Google è in grado di discriminare i volti ma manca un motore di ricerca capace di filtrare le cazzate, manca un filtro per far scomparire i coglioni dalla rete. Sono un nostalgico, voglio tornare indietro. Per carità, anche io uso Facebook, Linkedin, Picasa, sto scrivendo in un blog (senza troppi fronzoli a dire il vero) ma per me questi sono solo strumenti che non hanno effetti sui contenuti (sarebbero state cazzate anche su un sito fatto con Frontpage), sono il mezzo non il fine.