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aishinozakiIo sono un informatico,  che non significa “tizio che smanetta col pc e con lo smartphone” per cui non chiedetemi perché il vostro computer nuovo si riavvia da solo e vi apre delle finestre con le donnine nude, anche perché sapete benissimo la risposta; come informatico, dicevo, apprezzo molto le grammatiche generative e il lavoro di formalizzazione di Noam Chomsky degli anni ’50. Trovo che la possibilità di utilizzare ricorsivamente un dispositivo formale per enumerare  tutte e le sole frasi di un linguaggio, compresi i linguaggi naturali, sia, come dire, poetico e trovo che la teoria sui linguaggi universali, sulla possibilità, cioè, che i principi della grammatica siano presenti in tutte le lingue e siano codificati nel cervello umano, al punto da permettere ad un bambino di apprendere la propria lingua madre in pochissimo tempo, per quanto ardita sia una tesi davvero suggestiva.

 

Ora, per quanto io apprezzi la formalizzazione matematica, anche dei linguaggi naturali come l’italiano,  mi sono trovato  totalmente d’accordo con l’articolo di Davide Mana a proposito dei grammar nazi. A parte l’interessante escursus di Davide, che ci spiega quanto l’espressione grammar nazi sia scorretta anche dal punto di vista etimologico e sia frutto di un’inversione semantica (ciò a riprova dell’ignoranza intrinseca di chi di tale titolo ha pure il coraggio di fregiarsi), l’articolo invita ad una serie di riflessioni e io, che ricordo, sono un informatico, mi ritrovo a pensare che la grammatica, in fondo, serva a formalizzare un pensiero in un linguaggio naturale, sia un canale di comunicazione fra una sorgente e una destinazione, linguaggio naturale che non solo evolve, per sua stessa definizione, ma che proprio per la teoria delle grammatiche universali è comprensibile mediante la semplice contestualizzazione al di là degli errori formali, attraverso  l’insieme di conoscenze che, secondo la  Teoria della competenza, permettono ad un parlante nativo di produrre e comprendere messaggi verbali nella propria lingua.

 

Questa mia digressione non vuole essere una difesa dell’ignoranza, ma solo una presa di posizione contro coloro che, spesso, in una discussione verbale o no, non avendo argomenti per controbattere una tesi, per contrastare un messaggio, si appellano alle regole formali alla ricerca del refuso o dell’errore, in molti casi dimostrando una padronanza delle stesse regole non sufficiente a correggere alcunché ma sopratutto dimostrando, nella migliore dell’ipotesi scarsi argomenti e nella peggiore un atteggiamento doloso insito in un attacco non sui contenuti ma sulla forma.

 

Un atteggiamento appunto nazista come costoro amano essere definiti e, sono d’accordo ancora una volta con Davide, in ogni caso i nazisti perdono sempre.

 

Nota. Se vi state chiedento il perché dell’immagine associata all’articolo sappiate che l’alternativa era un esempio di linguaggio generato da una grammatica scritto su una lavagna, ma, credetemi sulla parola, non aveva lo stesso impatto visivo di Ai Shinozaki.

 

Qualche giorno fa abbiamo parlato di Pianeta Rosso di Davide  Mana, un racconto ucronico ambientato su un Marte per certi versi simile al Barsoom di Burroughs, oggi parliamo dell’autore e di altri suoi lavori assolutamente da non perdere.

 

Davide ManaDavide Mana, classe 1967,  vive in provincia di Asti, è laureato in Scienze della Terra e collabora con l’Università di Torino come ricercatore indipendente specialista in analisi statistica di dati paleontologici, geologici e ambientali, lavora come editor e traduttore, è stato  consulente scientifico al volume “Delta Green: Countdown” (Pagan Publishing, 1999), ha collaborato  con la rivista LN, occupandosi di fantastico ed è stato responsabile scientifico del portale  epalaeontology.com.

 

Davide è anche un blogger e uno scrittore con la passione per l’epoca elisabettiana e l’oriente, passioni che ritroveremo nei suoi saggi e nelle sue storie di genere fantascientifico/ucronico/steampunk e mi fermo qui perché come sapete non amo molto  categorizzare per sottogenere.

 

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Marte, il pianeta rosso: quante storie sono nate immaginando di raggiungerlo, immaginando di trovarci un’altra civiltà, una diversa cultura, alieni aggressivi e femmine marziane disegnate come prosperose pin up dalla pelle colorata. La storia di Marte nel mito e nella letteratura ha origini molto lontane.

 

Pianeta Rosso di Davide ManaDavide Mana in “Marte! 150 anni di scienza e immaginazione” (scaricabile gratuitamente da QUI) ripercorre l’influenza del pianeta rosso nella letteratura fantascientifica a partire dalla fine dell’800 e dalle suggestioni del ciclo burroughsiano di John Carter di Marte passando per Welles, Bradbury, Tanith Lee, fino ad arrivare alla science fiction del ventunesimo secolo.

 

In questo breve saggio Davide ci guida attraverso la storia della fantascienza passando gli autori e gli editori che hanno trattato il tema marziano  spaziando dalla space romance all’hard science fiction. Alla fine dell”agile volumetto” ti rimane l’amaro in bocca per non aver letto tante delle perle citate e ti metti, come me, a cercare disperatamente una copia di quel “Cristo Marziano” che  non sapevi nemmeno che fosse stato scritto da Philip Josè Farmer.

 

Ma non finisce qui, sempre in tema marziano,  Davide ci propone anche una vera e propria perla ucronica con un racconto ambientato su un Marte, per molti aspetti simile al Barsoom di Edgar Rice Burroughs ma che in realtà racchiude molte delle rappresentazione del pianeta rosso della fantascienza classica, facendoci incontrare il mito risorgimentale Giuseppe Garibaldi, ora per davvero “eroe dei due mondi” che, in una sorta di esilio volontario su Marte, si troverà alle prese con una serie di intrighi terrestri e alieni che lo porteranno in un serrato  susseguirsi di avventure in contatto con altri personaggi storici e con bellissime donne marziane. Non vi anticipo altro per non rovinarvi la sorpresa di questo racconto (scaricabile da QUI in formato ePUB  e da QUI in formato mobi) e del suo finale strepitoso.

 

Il mio consiglio, per questa nemmeno caldissima estate, è di scaricarvi questi due piccoli capolavori di Davide Mana, comprarvi, se non l’avete ancora fatto, un ebook reader (la carta a mare si bagna) e leggerli sotto l’ombrellone al posto delle 40 sfumature di cazzate che sono certo avete parcheggiato nella libreria del salone.