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Ospite d’eccezione al corteo inaugurale della nuova presidenza USA del 20 gennaio scorso il prototipo del LER (Lunar Electric Rover) il nuovo rover lunare che verrà utilizzato presumibilmente nelle future missioni lunari nel 2020.

Obiettivo delle nuove missioni sulla Luna sono quelli di creare un insediamento stabile e di esplorare il terreno del nostro satellite. Il LER è stato progettato allo scopo di muoversi su grandi distanze. Il nuovo rover è uno veicolo completamente versatile e configurabile. Il modulo base del LER è una piattaforma con 6 coppie di ruote indipendenti alimentati da motori elettrici in grado di muoverere il veicolo in tutte le direzioni Il rover può essere pilotato dagli astronauti in tuta spaziale come accadeva negli anni sessanta e può essere equipaggiato per il trasporto di merci. Una delle configurazioni possibili quella più interessante, però, è quella che trasforma il rover in una sorta di camper pressurizzato. In questa configurazione due astronauti possono vivere per 14 giorni all’interno del rover senza indossare una tuta spaziale. Per le evenutuali missioni EVA agganciati all’esterno del LER, per non togliere spazio vitale all’interno, ci sono due tute; gli astronauti possono indossare la tuta spaziale passando attraverso un portello pressurizzato agganciato alla schiena del sistema di sopravvivenza extraveicolare. Il LER è in grado di agganciarsi alla base lunare per un apposito portello che consente agli astronauti di entrare e uscire dal rover. Ad ottobre del 2008 il LER è stato testato con un viaggio di 140 km nel deserto.

Il 31 maggio 2010 si chiuderà un’era spaziale con l’ultimo volo dell’Endeavour (STS-133), una delle gloriose navette spaziali USA, gli Space Trasportation System(STS) meglio noti come Space Shuttle, ancora in attività. Il primo lancio di questi veicoli spaziali riutilizzabili e a basso costo, presentati dal presidente Richard Nixon nel 1972, avvenne con il Columbia il 12 aprile 1981, io avevo quasi otto anni e quel lancio lo ricordo come fose ieri. Da allora ho sempre seguito più o meno con attenzione le missioni degli Shuttle; il concetto di nave spaziale che decolla come un missile e atterra come un aereo, il fatto che venisse trasportata “in groppa” ad un B-747, mi ha sempre affascinato molto, da bambino vedevo lo Shuttle molto simile alle Aquile di Spazio 1999. Nel 1986 il disastro del Challenger mi colpì infinatemente di più dell’incidente di Chernobyl, nonostante quest’ultimo riportava alla luce il terrore della bomba atomica, la guerra fredda non era ancora finita e Hiroshima non era poi tanto lontana nella memoria dei miei nonni, che paragonavano i due eventi come se ne fossero stati realmente coinvolti.

L’STS sostanzialmente è composto da tre elementi. Il pricipale è l’Orbiter, la navetta vera e propria con spazio per l’equipaggio e un’enorme stiva di carico in cui è alloggiato il Canadem, una sorta di gigantesco braccio robotico utilizzato per mettere in orbita e per recuperare il materiale. l’Orbiter è dotato di tre motori principali e due motori per le manovre orbitali. Gli altri elementi dell’STS sono i due razzi a propellente solido, Solid Rocket Booster (SRB), che vengono sganciati due minuti dopo il lancio per essere recuperati nell’oceano e un enorme serbatoio di carburante (idrogeno e ossigeno liquidi), External Tank (ET), che alimenta i tre motori principali, Main Engine (SSME), dell’Orbiter e viene sganciato dopo circa otto minuti dal lancio, quest’ultimo è l’unico elemento “a perdere” dell’STS. Giusto una curiosità sul computer di bordo: lo Space Shuttle utilizza cinque IBM AP-101S. Su quattro computer gira uno specifico software denominato PASS (Primary Avionics Software System) sul quinto gira un software diverso denominato BFS (Backup Flight System). I primi quattro computer sono ridondati nel senso che nel caso di guasto di una macchina questa viene esclusa dal controllo di volo dalle altre tre, se si rompe una seconda macchina ci pensano le altre due ad escluderla. La quinta macchina entra in funzione solo nel caso in cui ci sia un crash su PASS che gira simultaneamente sulle altre quattro macchine. Originariamente i computer impiegati sullo Shuttle erano IBM AP-101 sostituiti nel 1990 da AP-101S con una RAM di 1Mb e 1,2 milioni di istruzioni al secondo. Il software è sviluppato con il robusto HAL/S sviluppato negli anni ’70 per applicazioni aeronautiche.

L’orbiter (Endeavour) è lungo 37,24 metri, ha un’apertura alare di 23,79 metri e un peso a vuoto di circa 68 tonnellate con un peso massimo all’atterraggio di 104 tonnellate.

Di STS ne sono stati costruiti sei: Enterprise, Columbia, Challenger, Discovery, Atlantis e Endeavour. Il Columbia e il Challenger sono stati distrutti nei disastrosi incidenti del 2003 e del 1986, l’Enterprise, così chiamato in omaggio ai fans di Star Trek, originariamente si chiamava constitution, non ha mai volato nello spazio ed è stato usato solo per dei test ed adesso è esposto nella sede in Virginia del Smithsonian National Air and Space Museum; restano in servizio Discovery, Atlantis e Endeavour, che compiranno l’ultimo volo nel 2010. Dopo il 2010 la NASA ha in programma di vendere le tre navette per la cifra di 42 milioni di dollari; avevo pensato che in caso di vincita al SuperEnalotto poteva essere un buon investimento ma le navette non potranno essere esportate fuori dagli USA e il compratore dovrà esporre la navicella spaziale in un ambiente coperto e climatizzato. Ad oggi pare che il Discovery sarà acquistato dallo Smithsonian National Air and Space Museum e sarà esposto a Washington. Al Kennedy Space Center è esposto lo Shuttle Explorer, in realtà una replica a grandezza naturale dell’STS, tutto sommato abbastanza accurata e che può essere visitata dai turisti. La foto di sopra è stata scattata da me nel 2005.

Di tutte le notizie che potevo leggere oggi sui quotidiano on line mai mi sarei aspettato di sentire che il vuoto siderale profuma di bistecca in padella e di metallo arroventato, tipo saldatura su una moto.
Lo hanno confermato praticamente tutti gli astronauti che hanno partecipato ad una missione extraveicolare, non che abbiano respirato l’aria nello spazio cosmico, ovviamente, ma è l’odore che si sente sulle tute spaziali dopo un EVA. Non è affatto chiaro cosa generi questo odore, probabilmente la vibrazione delle molecole della tuta, anche se non ci sono basi scientifiche a sostegno di questa tesi. Una cosa è certa, la NASA ha preso molto sul serio la cosa, tanto che per rendere più realistiche le esercitazioni degli astronauti ha commissionato a Steven Pearce, chimico e direttore dell’azienda profumiera britannica Omega Ingredients, la sintetizzazione della fragranza spaziale.

Buone notizie dal fronte della ricerca spaziale; dopo USA e Russia anche la Cina ha avuto ieri il suo primo uomo ad effettuare un EVA, una passeggiata nello spazio. Si tratta del colonnello dell’Esercito di Liberazione Popolare Zhai Zhigang, 41 anni,che uscito dalla capsula spaziale Shenzhou VII(Vascello Divino) è rimasto a fluttuare nello spazio per 15 minuti facendo “sventolare” anche una bandierina della Repubblica Popolare Cinese. L’evento è stato trasmesso in diretta televisiva e ha tenuto col fiato sospeso milioni di cinesi. Il programma spaziale cinese è frutto dello sforzo congiunto delle autorità civili e militari ed è supportato dal governo fortemente interessato ad ottenere un ruolo importante in un possibile sfruttamento delle risorse energetiche e militari fornite dalle nuove frontiere dello spazio. Così dopo questo primo EVA la Cina si prepara a mandare i suoi “taikonauti” (da “tai kong”, spazio in cinese) in una missione lunare e a costruire una stazione spaziale. La tecnologia usata per raggiungere questi risultati è, in gran parte, di derivazione russa ma grossi passi avanti sono stati fatti, tanto che la stessa tuta spaziale di Zhigang è di totale fabbricazione cinese.

Il 4 ottobre 1957 l’URSS manda in orbita lo Sputnik, il primo satellite artificiale ad orbitare attorno al nostro pianeta. Tutto ciò prese gi USA in contropiede e li spinse a perpretare quella corsa allo spazio che negli anni 60 e 70 ha visto compiersi veri e propri miracoli, anche considerando i mezzi dell’epoca. Così in pieno gelo nei rapporti USA-URSS il 29 luglio 1958, esattamente 50 anni fa, nasceva la NASA, l’ente spaziale americano, un enorme struttura scientifica finanziata col denaro pubblico con l’obbiettivo di raggiungere la nuova frontiera, lo spazio. Gli anni ’60 vedono Kennedy promettere che il primo uomo sulla Luna sarebbe stato americano e per raggiungere il risultato vengono aumentati i fondi della NASA fino all’1% del PIL Americano e il 21 luglio 1969, come aveva promesso il presidente Kennedy Armstrong mette sul terreno polveroso del nostro satellite il primo piede yankee.
Da allora la strada della NASA è tutta in salita, c’è la crisi economica e gli interessi dell’opinione pubblica non sono più rivoi alle stelle, gli allunaggi quotidiani sono quasi noiosi e il programma Shuttle non ha, tutto sommato, raggiunto gli obbiettivi sperati e si lasciato dietro una luna scia di morti, oggi c’è chi come me spera in un rilancio della NASA e della corsa allo spazio, ma sono di più quelli che, molto più realisticamente, preferiscono spendere soldi pubblici in programmi di rilancio delle finanze personali.]]>