Astro nascente della letteratura italiana e scrittrice di talento Giusy De Nicolo, l’autrice del bellissimo “Porcaccia un Vampiro” ha accettato di giocare con me rispondendo a dieci domande semiserie in questa divertente intervista fatta online l’ultimo dell’anno 2010. L’intervista è solo divertente e non spassosa perché tutti e due eravamo sobri, dovremo ripetere il giochino dopo la mezzanotte…

 

1) In un mondo dove sono più gli scrittori dei lettori, cara Giusy, come diavolo ti è saltato in mente di metterti a scrivere l’ennesimo libro che nessuno leggerà?

Il mio ego smisurato mi ha imposto di ammorbare l’umanità con un nuovo uso improprio di poveri alberelli indifesi. E gli scoiatttoli. Nessuno ci pensa mai, alle decine di famiglie di scoiattoli sfrattate a causa del propagarsi della letteratura-immondizia. Invece si dovrebbe, ecco.

 

2) E’ ora di passare agli e-book. Ma veniamo al tema del romanzo. Il noto telefilm Buffy con i suoi spin-off ha definitivamente sdoganato il mito dei non morti fra i moderni teen-agers; successivamente la vomitevole saga di Twilight ha definitivamente trasformato il vampiro in una macchietta da avanspettacolo. I tuoi vampiri sono più simili a questa nuova generazione di mostri o si rifanno più al mito del Conte Dracula visto nell’anime “Carletto il Principe dei Mostri”?

In realtà, la mia vera fonte d’ispirazione è stata la sublime interpretazione del divino attore Aldo Baglio, quando apre il mantello urlando: “Sono il Conte Dlacula… miiiiiiiinchia!!!” Altro che Bela Lugosi.

 

3) Riferimenti culturali pregni. Cominciamo ora a sfogliare le pagine del romanzo: anche nel tuo book-trailer è presente un riferimento ai classici anime di Go Nagai quando Andrea canticchia la sigla italiana di Jeeg Robot d’Acciaio… lo sai che si chiama Jeeg e non Gig o volevi sfottere? Ah a proposito di imprecisioni, va bene che stiamo tutti invecchiando e i tuoi ricordi universitari risalgono ormai ad un paio di ere geologiche fa, ma lo sai che l’Edisu ha cambiato nome da una vita?

Certo che lo sapevo di Jeeg, è licenza poetico-morfologica. E fa’ meno lo spiritoso, il libro è virtualmente ambientato negli anni ’90, perciò l’Edisu si chiama Edisu.

 

4) Troppo comodo virtualizzare gli anni. Esaminiamo ora un tema caldo come quello dell’omosessualità così abilmente trattato nelle tue pagine. Possibile che ad Andrea il fatto di non essere stato con una donna fino a venti e passa anni non gli avesse già fatto sorgere il dubbio di essere gay?

No. E in effetti Andrea è un po’ rincoglionito. Diciamo molto. Moltissimo.

 

5) Ah ecco perché! Il tuo romanzo è molto avvincente e a detta di tutti ha il grosso difetto di essere breve; ad un certo punto sei lì appassionato che divori i fogli come fossero un cesto di ciliege e ti rendi conto che mancano cinque pagine. In più occasioni hai fatto intendere che ci portrebbe esser un possibile seguito, sono vere le voci che vogliono un incontro fra Ludovico e Connor McLeod sulle highland scozzesi?

Sono voci prive di fondamento. In realtà un eventuale sequel vedrebbe lo scontro di Ludovico con Godzilla per i vicoli di Bari a colpi di grammella laser. Un colossal, diciamo.

 

6) Il prossimo booktrailer sarà girato in 3D. «Lo udii uscire dalla camera ed entrare in cucina. Aprì il frigo. Cazzo vuole dal mio frigo?, pensai. Assassinarmi a colpi di broccoli? Ammazzarmi a cotolettate?» Lo sai vero che quanto riportato tra virgolette è la più bella frase dopo « Io ne ho… viste cose che voi umani non potreste immaginarvi… Navi da combattimento in fiamme al largo dei bastioni di Orione… E ho visto i raggi B balenare nel buio vicino alle porte di Tannhäuser»

Grazie. Era ora che ti accorgessi del mio genio letterario. Ma non aspettarti di ricevere denaro.

 

7) Guarda che ho già versato l’IVA su quella fattura. In molte tue dichiarazioni pubbliche hai affermato che il nome “Porcaccia un Vampiro” ti è stato in un certo senso imposto dall’editore. La prossima volta potresti, per cortesia, dare il mio numero di telefono al tuo editore? Hai mai provato ad entrare in una libreria e chiedere: scusi mi dà “Porcaccia un Vampiro” edito da Mamma Editori?

Mai fatto, ma immagino sia un’esperienza interessante, al limite del mistico.

 

8 ) Specialmente per la commessa della libreria. Ora parliamo un po’ di Giusy De Nicolo. In quale dei personaggi del tuo romanzo ti riconosci di più: Andrea, Ludovico o la signora Magli?

Nel paralume di casa Magli. Credo sai un paralume dotato di molta personalità e infatti è il personaggio cui ho dedicato più cura e che più mi rappresenta per spessore culturale.

 

9) Ecco perché era sempre in primo piano. Parliamo del tuo approccio alla scrittura, ad esempio io scrivo meglio se sono ubriaco, infatti queste domande le ho scritte da quasi sobrio. Tu invece hai delle manie particolari, dei riti da assolvere delle cose che fai mentre scrivi?

Guarda, già per arrivare alla domanda 9 di questa intervista ho dovuto assumere una discreta quantità di sostanze psicotrope. Ma in generale trovo molto ispirante correre. Correndo ho concepito interi pezzi di trama e risolto problemi narrativi abbastanza spinosi. Suppongo che siano la mancanza di ossigeno e i neuroni a mollo nell’acido lattico a regalarmi l’illuminazione.

 

10) Sempre se non inciampi. Esattamente qual’è il colore dei tuoi capelli?

Direi un colore oscillante tra il giallo pistacchio e il rosso eritema, con un retrogusto di terriccio apulo-lucano su un tappeto di coniglietti nani d’angora.

 

Mi piacciono i tuoi capelli. Se sei arrivata fin qui e hai tentato di rispondere seriamente, ricomincia da capo.

Grazie dell’intervista caro Angelo, mi costerà qualche mese di riabilitazione.

 

Ivan solleva la sciarpa a coprirsi meglio il collo. È una notte fredda e pulita, buona per pensare. E lui ha molte cose su cui riflettere.

Così il prologo di Sweet Dreams un romanzo a puntate che Giusy De Nicolo sta pubblicando nel suo blog purtroppo facendo penare i  lettori con i suoi tempi di pubblicazione, ma è lei la scrittrice…

Ma andiamo con ordine. Prima di tutto chi è Giusy De Nicolo? Allora: principalmente Giusy è una giovane scrittrice emergente, si dice così, tarantina che ad oggi ha pubblicato un romanzo “Porcaccia un Vampiro” di cui ho già avuto modo di parlare qui. Ma Giusy De Nicolo è anche una mia amica d’infanzia e, se pure con una luuuuuunga pausa, ci conosciamo, si può dire, da trent’anni. Ora questo potrebbe significare che i miei elogi sperticati nei suoi confronti siano frutto della mia amicizia con lei; invece no, la verità è che io già a sei anni mi circondavo solo di gente in gamba, non per niente, per anni ho avuto fama di essere asociale, andato via da Taranto non era mica facile trovare un amico in gamba come lei. In secondo luogo di che parla Sweet Dreams? Beh il romanzo parla di vampiri, società segrete, nerd sfigati e tanto altro che non è il caso di svelare perché vi invito ad andarvelo a leggere. Un cosa posso assicurare, che vi piaccia il fantasy oppure no, che vi piacciano i vampiri oppure no, è un piacere leggere Sweet Dream se non altro perché  Giusy scrive in maniera divina, come io non saprò mai fare e di questo sono profondamente “invidioso”. Sweet Dreams, dunque, come anche “Porcaccia un Vampiro” andrebbe letto anche solo per il piacere “estetico” della scrittura.

P.S. no, non sono stato pagato

Se sono in libreria e vedo il nome di una donna associato al termine vampiro generalmente passo oltre; questa volta non fate questo mio errore.
Cos’è “Porcaccia un vampiro”?
“Porcaccia un vampiro” è sicuramente un romanzo con un “non morto” fra i protagonisti principali; detto questo non ho nessuna definizione di genere perchè è molto più semplice dire cosa NONè “Porcaccia un vampiro”. NON è (ringraziando gli dei di Kobol) un gothic romance come vanno tanto di moda adesso, NON è un romanzo fantasy, NONè science fiction, NONè un romanzo poliziesco, NON è un thriller, NON è una spy story. “Porcaccia un vampiro” racconta una storia, così come l’ha immaginata l’autrice e lo fa con un umorismo del tutto singolare, una storia che racchiude tutto quello che ho detto non essere il romanzo. Si tratta, alla fine, del racconto della vita di un normale studente universitario, in una normale città di provincia, con i normali problemi di tutti i giorni: pochi soldi, niente donne, tanti guai e poche prospettive; un ragazzo che, a un certo punto, si trova catapultato in un universo inverosimile dove accadono cose apparentemente più grandi di lui, cose che lo portano a scoprire se stesso fino a rivelargli una verità sepolta così bene da apparire irreale anche a se stesso. Andrea non è quello che sembra, non è quello che ha cercato di essere. Andrea è un uomo sorprendente e coraggioso di cui anche un immortale vissuto per oltre 400 anni può innamorarsi.

Leggere “Porcaccia un Vampiro” è un dovere per tutti gli amanti del fantasy e delle suggestioni gotiche ispirate dalle leggende, dalle superstizioni sui vampiri e dal romanzo di Stoker ma, come ho detto, non è un romanzo di genere è può essere letto anche dai fruitori di letteratura cosidetta mainstream.

Reperire “Porcaccia un vampiro” in libreria non è molto semplice trattandosi del primo romanzo di un’autrice semi-sconosciuta, Giusy De Nicolo, pubblicato da una piccolissima casa editrice (Mammaeditori) , ad ogni modo si può acquistare on-line su IBS e ne vale la pena.

Giusy De Nicolo, che adesso sta realizzando Sweet Dream, un romanzo a puntate pubblicato online sul suo blog,  ha anche realizzato un godibilissimo book trailer di “Porcaccia un Vampiro”, invito tutti a guardarlo e a lasciare un commento solidale a Luca, il marito di Giusy, protagonista del video.

Se c’e’ una cosa che odio e’ stare a scrivere necrologi su Ucronia, tuttavia io sono cresciuto ascoltando determinata musica, guardando determinati film, cartoni animati e serial TV e leggendo fumetti e, in particolare, alcuni autori letterari. Oggi non posso fare a meno di scrivere di Ballard che purtroppo ci ha lasciati il 19 aprile preda di un male incurabile.

Il mio primo romanzo di Ballard fu il famoso Crash, romanzo del 1973, da cui poi Cronemberg ha tratto un film pessimo nel 1996. Crash non e’ un romanzo per tutti ci vuole una certa dose di stomaco per approfondire fino alla fine il tema della perversione per le vittime degli incidenti stradali e per la fusione della carne con il metallo, pura pornografia (non nel senso di Moana Pozzi). Ballard a torto viene definito scrittore di science fiction; non e’ vero, Ballard e’ uno scrittore postmoderno, surrealista decadente. La pianto qui e lascio a lui la parola con una poesia che ho letto anche prima di Crash:

“Cio’ in cui Credo”

Credo nel potere che ha l’immaginazione di plasmare il mondo, di liberare la verita’ dentro di noi, di cacciare la notte, di trascendere la morte, di incantare le autostrade, di propiziarci gli uccelli, di assicurarsi la fiducia dei folli.

Credo nelle mie ossessioni, nella bellezza degli scontri d’auto, nella pace delle foreste sommerse, negli orgasmi delle spiagge deserte, nell’eleganza dei cimiteri di automobili, nel mistero dei parcheggi multipiano, nella poesia degli hotel abbandonati.

Credo nelle rampe in disuso di Wake Island, che puntano verso il Pacifico della nostra immaginazione.

Credo nel fascino misterioso di Margaret Thatcher, nella curva delle sue narici e nella lucentezza del suo labbro inferiore; nella malinconia dei coscritti argentini feriti; nei sorrisi tormentati del personale delle stazioni di rifornimento; nel mio sogno che Margaret Thatcher sia accarezzata da un giovane soldato argentino in un motel dimenticato, sorvegliato da un benzinaio tubercolotico.

Credo nella bellezza di tutte le donne, nella perfidia della loro immaginazione che mi sfiora il cuore; nell’unione dei loro corpi disillusi con le illusorie sbarre cromate dei banconi dei supermarket; nella loro calda tolleranza per le mie perversioni.

Credo nella morte del domani, nell’esaurirsi del tempo, nella nostra ricerca di un tempo nuovo, nei sorrisi di cameriere di autostrada e negli occhi stanchi dei controllori di volo in aeroporti fuori stagione.

Credo negli organi genitali degli uomini e delle donne importanti, nelle posture di Ronald Reagan, di Margaret Thatcher e della principessa Diana, negli odori dolciastri emessi dalle loro labbra mentre fissano le telecamere di tutto il mondo.

Credo nella pazzia, nella verita’ dell’inesplicabile, nel buon senso delle pietre, nella follia dei fiori, nel morbo conservato per la razza umana dagli astronauti di Apollo.

Credo nel nulla.

Credo in Max Ernst, Delvaux, Dali’, Tiziano, Goya, Leonardo, Vermeer, De Chirico, Magritte, Redon, Dürer, Tanguy, Facteur Cheval, torri di Watts, Böcklin, Francis Bacon, e in tutti gli artisti invisibili rinchiusi nei manicomi del pianeta.

Credo nell’impossibilita’ dell’esistenza, nell’umorismo delle montagne, nell’assurdita’ dell’elettromagnetismo, nella farsa della geometria, nella crudelta’ dell’aritmetica, negli intenti omicidi della logica.

Credo nelle donne adolescenti, nel potere di corruzione della postura delle loro gambe, nella purezza dei loro corpi scompigliati, nelle tracce delle loro pudenda lasciate nei bagni di motel malandati.

Credo nei voli, nell’eleganza dell’ala e nella bellezza di ogni cosa che abbia mai volato, nella pietra lanciata da un bambino che porta via con se’ la saggezza di statisti e ostetriche.

Credo nella gentilezza del bisturi, nella geometria senza limiti dello schermo cinematografico, nell’universo nascosto nei supermarket, nella solitudine del sole, nella loquacita’ dei pianeti, nella nostra ripetitivita’, nell’inesistenza dell’universo e nella noia dell’atomo.

Credo nella luce emessa dai televisori nelle vetrine dei grandi magazzini, nell’intuito messianico delle griglie del radiatore delle automobili esposte, nell’eleganza delle macchie d’olio sulle gondole dei 747 parcheggiati sulle piste catramate dell’aeroporto.

Credo nella non esistenza del passato, nella morte del futuro, e nelle infinite possibilita’ del presente.

Credo nello sconvolgimento dei sensi: in Rimbaud, William Burroughs, Huysmans, Genet, Celine, Swift, Defoe, Carroll, Coleridge, Kafka.

Credo nei progettisti delle piramidi, dell’Empire State Building, del Fürerbunker di Berlino, delle rampe di lancio di Wake Island.

Credo negli odori corporei della principessa Diana.

Credo nei prossimi cinque minuti.

Credo nella storia dei miei piedi.

Credo nell’emicrania, nella noia dei pomeriggi, nella paura dei calendari, nella perfidia degli orologi.

Credo nell’ansia, nella psicosi, nella disperazione.

Credo nelle perversioni, nelle infatuazioni per alberi, principesse, primi ministri, stazioni di rifornimento in disuso (piu’ belle del Taj Mahal), nuvole e uccelli.

Credo nella morte delle emozioni e nel trionfo dell’immaginazione.

Credo in Tokyo, Benidorm, La Grande Motte, Wake Island, Eniwetok, Dealey Plaza.

Credo nell’alcolismo, nelle malattie veneree, nella febbre e nell’esaurimento.

Credo nel dolore.

Credo nella disperazione.

Credo in tutti i bambini.

Credo nelle mappe, nei diagrammi, nei codici, negli scacchi, nei puzzle, negli orari aerei, nelle segnalazioni d’aeroporto.

Credo a tutti i pretesti.

Credo a tutte le ragioni.

Credo a tutte le allucinazioni.

Credo a tutta la rabbia.

Credo a tutte le mitologie, ricordi, bugie, fantasie, evasioni.

Credo nel mistero e nella malinconia di una mano, nella gentilezza degli alberi, nella saggezza della luce.

Una delle opere che mi ha fatto conoscere la letteratura fantascientifica è stato “Il fiume della Vita”, il primo romanzo del ciclo del “Mondo del Fiume” di Philip J. Farmer. La saga di Sir Richard Burton e le sue avventure alla ricerca del mistero del fiume, lungo le cui sponde sembrano risorgere tutti gli essere umani morti in tutti i tempi, mi ha appassionato per anni, fino a che non sono riuscito a reperire tutti i romanzi del ciclo.
Il 25 febbraio 2009 all’età di 91 anni ci lascia anche Philip Josè Farmer grandissimo scrittore di genere anche se spesso ricordato solo per storie SF a sfondo sessuale; in effetti in un periodo in cui la pin-up di turno veniva salvata dal’eroe invincibile con la sua scintillante tuta spaziale Farmer ha segnato una svolta anche descrivendo rapporti sessuali fra umani e alieni… ma questo era solo strumentale alle favolose storie narrate da questo grande scrittore. Beh al limite ci si vede “Alle sorgenti del fiume” ;-)