Il 2012 che si chiude, per quanto riguarda il cinema fantastico/fantascientifico, ci ha lasciato con alcuni autentici capolavori; come non ricordare The Avengers,  Dark Knight Rises o il sorprendente Iron Sky che hanno reso questo 2012 un po’ meno peggio di come sarebbe altrimenti stato.

Da questo punto di vista, però, anche il 2013 che ci aspetta promette tutt’altro che male. Nei prossimi post, probabilmente, parlerò di alcune delle pellicole più attese (dal mio punto di vista) per l’anno a venire, film come World War Z, Iron Man 3, Man of Steel e Star Trek 2; oggi però voglio scrivere di quello che è, in assoluto, il film che tutti i fan di Go Nagai attendono da 20 anni: Pacific Rim.

Per capire di che si tratta, riporto traducendo più o meno liberamente, la sinossi del sito ufficiale.

 

Quando una legione di mostruose creature chiamate haiju emerge dagli oceani, inizia una guerra che coinvolge milioni di vite e consuma le risorse dell’umanità per gli anni a venire. Per combattere i giganteschi Kaiju, viene sviluppata una nuova arma: dei robot giganti, chiamati jaegers, controllati simultaneamente da due piloti connessi alla macchina mediante un ponte neuronale. Anche i jeager, però, sembrano impotenti di fronte alla ferocia dei kaiju.  Di fronte all’inevitabile sconfitta le forze di difesa non hanno che un ultima chance, rivolgersi a un ex pilota caduto in disgrazia  (Charlie Hunman) e una recluta senza esperienza (Rinko Kikuchi) ai quali viene affidato un leggendario quanto obsoleto Jaeger, una reliquia del passato. Insieme i due eroi male assortiti saranno l’ultimo baluardo  dell’umanità per scongiurare l’imminente apocalisse.

Eh sì, misteriosa razza aliena asserragliata sul fondo dell’oceano (Pacifico) che lancia contro l’umanità dei giganteschi mostri, questa cosa l’ho già sentita… ah già sono le tematiche classiche degli anime robotici anni ’70, robottoni alti cento metri, pilotati dall’interno, contro mostri alieni Godzilla-style: il desiderio nascosto di qualunque bambino che passava i pomeriggi ad aspettare Goldrake in TV, una vera e propria trasposizione live action dei sogni di una generazione.
No, non ha niente a che vedere con i Transformers e men che meno con Evangelion ( i cui fan appena sentono parlare di connessione neuronale si immaginano la plugsuit di Asuka e sono in preda ad orgasmi multipli). Non ci sono seghe mentali qui, qui ci sono solo robottoni, supereroi, tante tante mazzate ed evidentemente una dose da cavallo di fan service che non può che farci un gran bene.
La regia di Pacific Rim è stata affidata dalla Warner Bros a Guillermo del Toro che abbiamo conosciuto, per esempio, in Hell Boy e che è una garanzia di successo per quanto riguarda la creazione di un universo alternativo e credibile. La sceneggiatura è di Travis Beacham, mentre  il direttore della fotografia è il premio Oscar Guillermo Navarro. Tutto ciò contribuisce alla mia personale speranza di poter assistere ad un vero e proprio capolavoro e magari alla nascita del capostipite di un nuovo genere che, chissà, un giorno porti sul grande schermo la saga di Mazinger :-)
Intanto vi lascio col trailer in italiano.

‘RX-78 NT1 Gundam “Alex” – la mia prima action figure

Siamo alla fine della Guerra di un Anno e la Federazione Terrestre sta costruendo, sulla colonia neutrale di Riah, Side 6, un nuovo prototipo di mobile suit,  l’RX-78 NT1 Gundam “Alex”, un nuovo Gundam progettato per essere pilotato dai newtype destinato alla Base Bianca e ad essere affidato ad Amuro Ray.

Nelle fasi finali della realizzazione del nuovo Gundam un commando di Zeon viene inviato per tentare di distruggere il prototipo. L’operazione, che coinvolge un ragazzino di 9 anni, Al Izuruha, che vive sulla colonia insieme alla madre, viene sventata dalle incredibili capacità del pilota collaudatore del nuovo mobile suit, il tenente Christina MacKenzie che fa letteralmente a pezzi il mobile suit nemico mandato per distruggere il Gundam. Durante l’attacco, tuttavia, il commando di Zeon viene sterminato ad eccezione del giovane caporale e pilota Bernard “Bernie” Wiseman.

L’intera storia viene narrata dal punto di vista di Al, il bambino appassionato di mobile suit, che odia la sua maestra e che fino a quel momento, non aveva vissuto la guerra in prima persona. Non ci sono buoni e cattivi qui, ma solo uomini, donne, soldati che fanno quello che devono fare, quello che ritengono giusto. Così avremo il giovane Berniecombattuto fra la paura di morire e la ricerca del coraggio di salvare la colonia dall’olocausto nucleare derivato dal fallimento del suo commando e costretto alla battaglia finale, con uno Zaku di recupero, contro il Gundam pilotato da Chrisin una classica celebrazione del dramma  guerra: un uomo e una donna che in un altro tempo, in un altro luogo avrebbero potuto essere amici, amanti  inconsapevolmente sono costretti a combattere l’uno contro l’altro a bordo di gigantesche macchine da guerra e un bambino, Al, testimone di tutto ciò obbligato a crescere più in fretta dei suoi coetanei.

Gundam 0080: La guerra in tasca (Kidō Senshi Gandamu 0080: Pocket no naka no sensō) è un OAV di 6 episodi da 30 minuti, inedito in italia,  creato da Yoshiyuki Tomino e Hajime Yatate e  prodotto dalla Sunrise nel 1989 per celebrare i 10 anni della serie Mobile Suit Gundam del 1979.

Per chi ha amato Mobile Suit Gundam del 1979 questa breve serie è da non perdere.

Le ultime settimane sono state, come dire, convulse. Gli impegni “seri” mi han preso, forse, più del dovuto e probabilmente andrà avanti così per un bel po’(1), complice una serie di sfighe che fanno parte del lavoro e della vita quotidiana. La cosa fastidiosa è che tutto ciò ha fatto in modo di togliere tempo, ma sopratutto voglia, a quelle passioni che alla fine contribuiscono a rendere migliore la (mia) vita, quelle passioni fatte di cartoni animati, di letture, di scritture e di cazzeggio che malamente si addicono alle persone serie, al buon padre di famiglia, quelle cose, insomma a cui uno dovrebbe rinunciare in età adulta.

Ma io che buon padre di famiglia non lo sono mai stato e che non ho nessuna intenzione di raggiungere l’età adulta(2) continuo a leggere romanzi di eroi e di astronavi, a vedere cartoni animati giapponesi  e a scrivere cazzate, sapendo che qualcuno le legge e che a qualcuno fanno anche piacere, o almeno provo a fare tutte queste cose e comunque ho la tendenza ad incazzarmi quando, come in questi giorni, non ci riesco.

Tutto ciò mi induce, quindi, ad una riflessione su una cosa di cui si è parlato molto nelle ultime settimane su blog di amici: mi riferisco all’idea di  monetizzare le proprie passioni e non parlo di fare un lavoro che ci piace ma proprio di riuscire a guadagnarsi da vivere coltivando i propri interessi. E’ giusto, insomma, pagare qualcuno perché faccia ciò che lo diverte? La risposta a questa domanda è stata fonte di molte polemiche perché effettivamente, messa così, uno si chiede perché dovrei pagarti per fare una cosa che ti piace? In realtà la domanda è mal posta, quella giusta è: è giusto pagare qualcuno perché faccia qualcosa che mi diverte? La risposta a questo quesito sembrerebbe più semplice. Chiunque di noi è disposto a pagare per il proprio piacere, che si tratti di andare al cinema, di comprare un fumetto o una rivista patinata di musica… e allora perché quando un blog mette il pulsante donazioni o paventa la possibilità di pagare un’abbonamento annuale, sia pure irrisorio, si alzano gli scudi di fronte all’eresia? Eppure quel blog lo leggete, certo non sarà indispensabile nella vita, ma non lo è nemmeno la Gazzetta dello Sport! (3)

Ah sì, dimenticavo, la condivisione delle informazioni, la cultura dell’open, peccato che quasi sempre, sopratutto nell’italia del tutto gratis, tutto dovuto, ci si dimentichi che  la condivisione dovrebbe essere bilaterale, a questo è un altro discorso che poi, magari, affronteremo.

Intanto, riflettendo su queste cose, considerando che notoriamente io non sono in grado di scrivere che articoli brevi e sognando ad occhi aperti, immaginavo di avere soldi da investire e di aprire una fumetteria, ma di quelle serie, con videogames, modellini e giochi di ruolo tutte cose che mi piacciono o che avrei voluto avere la possibilità fare e immaginavo di metterci dentro delle commesse tettone vestite, che ne so, da Lady Isabel… ah sì, questa è la parte “fan  service” del post, quella che porta le visite da Google. ;-)

Intanto dedico questo breve articolo al solito Alessandro Girola senza il quale, pensando a quello che mi aspetta domani,  non avrei scritto nulla nemmeno stasera. :-)

(1) questo stop, in realtà, è stato provvidenziale, stavo per ricominciare con le action figures dei Robottoni anni ’70 (vedi foto del Getter 3)  ;.)

(2) il prossimo anno ne compio quaranta e, non per crisi di mezza età, penso di fare davvero qualcosa di scemo

(3) non so quanto vale il vostro tempo, il mio, sopratutto quello libero (se volessi monetizzarlo) garantisco che ha un valore economico molto alto,  e questo post, per quanto breve, fra una cosa e l’altra, ha richiesto quasi un’ora.

Sì lo so che ho alcuni metri lineari di libri da leggere impilati ovunque e sì, anche il Kindle, si sta riempiendo, ma in questi giorni mi sono riletto “La Tuta Spaziale” (Have Space Suit — Will Travel) romanzo per ragazzi scritto nel 1958 da Robert A. Heinlein. Avevo letto La Tuta Spaziale più o meno a 13-14 anni, è stato uno dei miei primi romanzi di fantascienza; ritrovai il libro spiegazzato e polveroso, nella soffitta di mio nonno, Arcangelo, vecchio appassionato di science fiction e noir e lo lessi in un pomeriggio.

Il romanzo di Heinlein racconta la storia di Kip, un ragazzo che ha deciso con tutte le sue forze di andare sulla Luna, ormai colonizzata, e per farlo è disposto a tutto, arruolarsi nelle forze spaziali, diventare ingegnere o medico ma anche… spedire migliaia e migliaia di slogan per partecipare al concorso indetto da una ditta di saponette che ha, come primo premio, proprio un viaggio andata e ritorno sulla Luna.

Kip non vincerà il concorso, pure se il suo è lo slogan selezionato altri avevano inviato la stessa frase prima di lui (ricordatevelo quando vi dicono che fa fede il timbro postale); se pure non può aspirare alla Luna, tuttavia, Kip vince un premio di consolazione: una vera tuta spaziale utilizzata durante la costruzione degli habitat sul nostro satellite che gli viene recapitata a casa fra squilli di trombe e rulli di tamburo.

Certo io una tuta spaziale la terrei in salotto, ma Kip ha  bisogno di soldi per l’università e decide di darla via in cambio di danaro, non prima , però, di averla rimessa in sesto, equipaggiata, rifornita e sopratutto provata. Da qui iniziano le avventure di Kip che lo porteranno da un negozio di frullati in un’oscura provincia americana ad essere rapito dagli alieni e imprigionato su un’astronave insieme a Peewee una ragazzina terrestre coraggiosa e intelligente quanto rompiscatole.  In breve tempo Kip non solo raggiungerà la Luna ma vivrà la più grande avventura che un uomo possa desiderare raggiungendo la Nebulosa Magellanica Minore, sconfiggendo mostri alieni incredibili e terrificanti, incontrando sagge creature millenarie  e contribuendo a salvare l’umanità… il tutto grazie all’aiuto di Oscar, la sua tuta spaziale.

Questo romanzo, nonostante sia un prodotto per adolescenti, rimane fra i migliori della produzione di Heinlein, ma a me, all’epoca, colpì per un altro motivo: la tuta spaziale.

Una tuta spaziale, anche quella descritta da Heinlein nel ’58, è un vero e proprio habitat in miniatura progettato per preservare, accudire e, perché no, coccolare il suo abitante: era proprio quello che mi ci voleva in quel periodo. Facevo brutti sogni e la notte non era proprio amichevole, credo capiti a tutti i ragazzini, dopo quella lettura cominciai ad addormentarmi immaginando di essere in una tuta spaziale, protetto, indistruttibile e pronto per avventure incredibili.

La tuta spaziale fa presto, nella fervida fantasia di un adolescente, a trasformarsi in una potente e invincibile armatura  e sarà forse per questo che ho sempre adorato  anime e film a tema. Visto che ci sono, dunque, è il caso di fare un piccolo riepilogo delle armature, tute ed esoscheletri che hanno accompagnato la mia adolescenza.

5) Saint Seiya – I Cavalieri dello Zodiaco

Le armature di bronzo dei cavalieri di Athena mi hanno sempre affascinato ma hanno il problema di essere, in un certo senso, magiche. Non c’è un reale motivo per cui quei pezzi di latta possano proteggere il corpo dei propri occupanti di cui lasciavano scoperto un buon 60%. In questo senso preferivo le armature dei “cavalieri d’acciaio” comparsi nei primi episodi della prima serie; tre sfigati al soldo della solita Lady Isabel che indossavano però delle avveniristiche armature tecnologiche.

4) Hurricane Polymar

Anche questa non è una vera e propria armatura.  Takeshi indossava una specie di casco da motociclista che aveva al suo interno un sistema tecnologico in grado di liberare il polyment , un particolare polimero che ne riveste il corpo rendendolo indistruttibile e trasformandolo in Polymar. Nemmeno questa è una vera armatura, per quanto indistruttibile e nonostante le capacità di trasformare il corpo di Takeshi in aereo o carro armato.

3) I Centurion

Quanti di voi si ricordano di questa serie animata andata in onda negli anni ’80 su Odeon TV? Sì, immagino che molti di voi non sappiano nemmeno cosa sia Odeon TV. Comunque I Centurion erano Max Ray , per le operazioni marine, Jake Rockwell, per le operazioni terrestri ed Ace McCloud per le operazioni aero-spaziali. I tre Centurions indossavano una suite da combattimento, Exo-Frames, in grado di teletrasportarli sul luogo delle operazioni. Gli Exo-Frames sono anche degli esoscheletri in grado di moltiplicare la forza e l’agilità umana e sono fatti in modo da adattarsi a vari sistemi d’arma che rendono i Centurions delle vere e proprie macchine da guerra.

2) Gordian

Gordian è  il super robot matrioska degli anni ’80 che nasce dalla combinazione  di tre macchine  Protesser, Deringer e Garbin ed è pilotato da Daigo, che entra all’interno di Protesser, il mecha più piccolo, che gli si adatta perfettamente come un’armatura da combattimento. A sua volta Protesser entra in Derringer e così in Garbin a formare Gordian. Già stare dentro Protesser comincia ad avvicinarsi alla mia idea di protezione da Tuta Spaziale, tuttavia non ci siamo ancora, dal momento che Protesser non è una vera armatura ma un mecha pilotato da Daigo con un collegamento telepatico e comunque raramente nella serie lo si vede combattere al di fuori degli alti due mecha.

1) Iron Man

Beh, Iron Man  spiega esattamente cosa io intendo per armatura protettiva.  Iron Man è uno dei più noti personaggi della Marvel Comics: la sua vera identità è quella di Tony Stark, magnate dell’industria bellica che progetta un’armatura composta da casco ( che contiene gps, radio, video comunicatore, comunicatore satellitare, raggi x ed infrarossi, computer, database, scanner), guanti (con raggi repulsori, raggi laser, mitragliatrici laser, emettitori di scudi), stivali( con razzi propulsori, missili, emettitori impulsi magnetici, lanciafiamme), busto (con  creatore di ologrammi, generatore di scudi e campi di forza, torcia, raggio di calore, raggio congelante, raggio paralizzante, laser, EMP), schiena (con eliche di emergenza, propulsori, lancia-missili, aero-freni, emettitore EMP e di scudi). L’armatura di Iron Man è in costante aggiornamento e negli anni ha anche cambiato varie volte colore fino a raggiungere l’attuale rosso e oro.

Fuori concorso ci sarebbe l‘armatura finale la più potente di tutte: Tekkaman

Tekkaman è un’armatura che si fonde con il suo ospite attraverso una camera di trasformazione all’interno del robot Pegas che, al pari di un’avveneristica vergine di Norimberga, tortura il povero George trasformandolo in Tekkaman, ricoprendolo di una corazza indistruttibile, aumentandone la densità e dotandolo e di armi micidiali. Il problema è che un uomo può sopravvivere come  Tekkaman solo per 37 minuti e 33 secondi. Tutto ciò rende l’armatura non sufficientemente amichevole da trascinarmi felicemente nel mondo dei sogni.

Beh detto questo concludo con un interrogativo che ha il sapore di una speranza: chissà se fra qualche anno i miei figli decideranno di leggere “La Tuta Spaziale”, un romanzo scritto nel 1958.

La Toei ha annunciato, mediante il suo sito, di essere alla ricerca della replica a grandezza naturale dell’Hover Pilder realizzata  per i concerti di  Mizuki Ichiro, il cantante della sigla di Mazinga, durante  la Robonation Super Live Event nel 1997.

La replica in scala 1:1, dopo l’evento del 1997,  fu regalata ad un fan estratto a sorte mediante una lotteria con la calusola che la Toei  potesse disporne durante eventi e occasioni speciali. La replica  ha le ali mobili, luci decorative e emette fumo; attualmente la Toei ne ha perso le tracce e chiede a chi abbia notizie in merito di inviare una mail promettendo anche  una ricompensa.

Il Pilder sarà usato durante i festeggiamenti del quarantennale della messa in onda del primo episodio di Mazinger Z.

Ma la Toei Animation non gira solo per i parcheggi giappoesi cercando un Pilder in divieto di sosta; è stato  annunciato, infatti, il lancio di un cofanetto Blue-ray contenente tutti i film della saga di Mazinger, verranno dunque finalmente pubblicati in qualità Blueray Mazinger Z Vs. Devilman (Luglio 1973), Mazinger Z Vs.  il Generale Nero (Luglio 1974), Great Mazinger Vs. Getter Robot (Marzo 1975), Great Mazinger Vs. Getter Robot G (Luglio 1975), Gattaiger (La grande battaglia dei dischi spaziali) (Luglio 1975), Great Mazinger Vs. Ufo Robot Grendizer (Marzo 1976) e Getter Robt G vs. Dragosauro (1976) oltre ad un bonus disk con alcuni episodi dei più popolari anime robotici creati da Go Nagai. Il cofanetto costerà  15.750 yen (circa 156 euro,  niente paura, non verranno mai tradotti in italiano ;-) ).

Vi lascio con le uniche immagini che ho trovato del concerto di Mizuki Ichiro del 1997 e della replica del Pilder.