Si narra che fra il 5-6 gennaio, la notte dell’Epifania, a Bari, oltre alla classica vecchina con i doni nella bisaccia, vada in giro una vecchia strega armata di falce, con un candelabro con tre candele accese in testa e un libro nella sacca, con i nomi di coloro che sarebbero morti in quella tragica notte.
La morte Befanì, così è chiamato questo spirito maligno, segnava con una croce fatta col carbone l’uscio dell’abitazione di coloro che sarebbero morti nella terribile vigilia e che irrimediabilmente spiravano. Si dice anche che durante la notte della Befana gli animali potessero parlare e chi li ascoltava, moriva.
Ci sono numerose storie che si riagganciano in questa leggenda. Si narra, ad esempio, di un commerciante che, mentre trasportava le merci da un paese all’altro, giunto a Bari alla mezzanotte del 5 Gennaio, sentì il suo cavallo parlare e terrorizzato morì dalla paura.
La storia più interessante, però è la famosa leggenda di “Muffarag e la Morte Befanì”. Gli anziani saggi di Bari Vecchia raccontano, infatti, che durante la dominazione saracena della città, fra l’847 e l’871, il secondo emiro, lo spavaldo Muffarag-ibn-Sallám, volle sfidare la Morte Befanì per convincere fino all’ultimo barese a convertirsi all’Islam. Così, armato di corazza e scimitarra, il moro comincio a vagare per la città deserta fino a quando incontrò la vecchia strega che, senza troppe cerimonie, gli staccò di netto la testa con un colpo di falce.
Ieri sera, quasi per gioco, mi sono fatto un giro a Bari Vecchia, in Via della Quercia, alla scoperta della “Cape du Turche”, che è sempre lì, al numero 10, incastonata sull’architrave del portone di un magazzino chiuso da un orribile cancello avvolgibile di ferro, con la solita automobile parcheggiata d’avanti, sotto un balcone cadente e con dei cavi elettrici dell’Enel che le passano dietro la nuca. E’ triste vedere un pezzo della storia di Bari lasciato all’incuria nonostante sia segnalato come uno dei punti di interesse per i turisti.
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