Notizia principale del giorno: a Barack Obama è stato assegnato il premio Nobel per la Pace. Personalmente credo che sia un po’ prestino e che, anche se Obama potrebbe sicuramente contribuire significativamente alla pace nel mondo e nonostante le sue campagne contro le armi nucleari e il suo avvicinamento alle culture arabe, questo riconoscimento ha un forte significato “politico”.
Tuttavia vorrei far notare una piccolissima differenza di stile con un altro competitor all’ambito riconoscimento, l’uomo che gode del maggior consenso nel suo paese (fra il 65 e l’80 per cento a seconda delle giornate).
Saputo del premio Nobel, Obama, a notte fonda, ci tiene a far sapere di accettare l’ambito riconoscimento con profonda umiltà non essendo sicuro di meritarlo e nella successiva coferenza stampa afferma: «Sono sorpreso e profondamente commosso. Non sono sicuro di meritare di essere al fianco delle persone straordinarie che hanno ispirato me ed il mondo intero. Accetto questo premio come chiamata all’azione per tutte le nazioni di fronte alle sfide del ventunesimo secolo. Un premio non per i risultati ma per gli ideali».
L’altro possibile competitor al premio Nobel della Pace, quello di cui parlavo prima, invece, dopo una due giorni di polemiche e conflitti istituzionali, ci tiene a dichiarare: «Non darò le dimissioni sono il miglior premier di sempre. Sono stato sempre assolto, la prescrizione non è una condanna. I processi di Milano sono autentiche farse. Andrò in tv e lo spiegherò agli italiani. Io sono un argine alla sinistra e vogliono sovvertire il voto degli elettori. Sono in assoluto il maggior perseguitato dalla magistratura di tutta la storia di tutte le epoche del mondo».
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