Girando sui social in questi giorni mi sono imbattuto nell’elogio sperticato di “Don’t look me up”, eletto erede spirituale di “Idocracy”, consacrato film cult di tutti i tempi… una produzione Netflix.
Ora, già essendo una produzione Netflix, sarei dovuto partire prevenuto aspettandomi un bel film politically correct per snowflakes, in realtà il film è stato abbastanza godibile, eccessivamente lungo, a tratti noioso, ma con spunti divertenti grazie anche ad un cast di prim’ordine, ma ovviamente è un film politically correct per snowflakes, ma questo è il punto di forza di Netflix e tutto sommato sono quegli insegnamenti terra terra che correttamente contestualizzati possono fare bene ai ragazzini fino a 14 anni.
I problemi sorgono quando la critica positiva è fatta da millenial ormai alle soglie della pensione e con una capacità di raziocinio di un ragazzino delle medie o, se preferite, con l’istruzione e le capacità di astrazione di Greta Thumberg.
Ma andiamo con ordine, da qui ci potranno essere degli spoiler.
Intanto il cast: abbiamo per protagonisti un Leonardo Di Caprio sempre più imbolsito che sembra recitare giusto per il cachet e una Jennifer Lawrence che dovrebbe seriamente pensare a cambiare lavoro, cuocere hamburger in una stazione di servizio del Montana potrebbe essere un’idea. Poi abbiamo una serie di coprotagonisti che invece riescono a mantenere buono il livello del film, da Meryl Streep nel ruolo del presidente degli Stati Uniti a una strepitosa Cate Blanchett per non parlare di Ron Perlman, uno stereotipo vivente, l’unico che sembra essersi divertito durante le riprese.
Soprassederei invece sulla fotografia e gli effetti speciali, degni di un film degli anni 80 su Canale 5, per non parlare della regia imbarazzante che a volte deve fermare il film per raccontare cosa sta succedendo.
Parliamo un po’ della storia. Una ragazza sociopatica scopre una nuova cometa e ne parla col suo professore e insieme si rendono conto, in pochi minuti, che il corpo celeste si sta dirigendo verso la Terra e che fra sei mesi ogni forma di vita sul pianeta sarà estinta. Ora, tutta la storia è una metafora, disegnata per i ragazzi delle medie, sul riscaldamento globale, abbiamo la Greta sociopatica che cerca di parlare con la Presidente degli Stati Uniti che è più interessata alle elezioni di medio termine e a mandare foto della propria passera al suo amante con Whatsapp, piuttosto che alla fine del mondo. Abbiamo lo scienziato inascoltato che si fa corrompere dal sistema, abbiamo gli interessi economici che interferiscono con la salvezza del mondo, con un simpaticissimo Mark Rylance che interpreta un incrocio fra Steve Jobs e Jeff Bazos e naturalmente abbiamo la scarsa fede nella scienza che porterà alla fine del mondo.
Diciamo che se cercate satira sociale e politica, o se volete vederlo perché avete sette vaccini in corpo e siete incazzati con i no-vax avete sbagliato film, se cercate un messaggio semplice adatto ai ragazzini del Friday for Future che fanno sega a scuola il venerdì, tutto sommato ci può stare.
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