L’ultima volta che ho scritto qui è stato un omaggio ad un ricordo, al ricordo di una vecchia compagna di scuola, un’amica che ci ha lasciato quando era ancora troppo presto, che ci ha lasciato in maniera ingiusta anche se quasi mai è giusto. L’ultima volta che ho scritto qui venivo dal funerale di una ragazza bellissima, piena di vita, intelligente, spiritosa. L’ultima volta che ho scritto qui ero stravolto e mai avrei pensato che sarebbe successo di nuovo dopo così poco tempo.

Oggi sono di nuovo qui a rivolgere un pensiero ad un’altra cara amica, una donna meravigliosa che ha perso di più della sua stessa vita: ha perso sua figlia, una ragazzina che lei amava in maniera incondizionata, una ragazza fragile che non ha saputo reggere il peso del confronto con la mediocrità, la mediocrità degli altri.

Ogni volta che ho visto Antonella aveva la testa in un grosso libro, ogni tanto si guardava intorno con i suoi occhi grandi, con aria smarrita e forse un po’ schifata, per poi ritornare alle sue letture; mi piaceva un sacco questo suo vivere in un mondo tutto suo, questo suo modo di essere “superiore”, non pensavo che questa sua fuga interiore fosse il suo modo per sopravvivere in un mondo che non la meritava e che l’aveva esclusa, la mia esperienza mi portava a credere che il suo essere diversa dagli altri l’avrebbe portata a raggiungere la consapevolezza di essere migliore e che questo l’avrebbe resa più forte, non ero preoccupato per lei, più o meno ci ero passato. Mi sono sbagliato, cristo quanto mi sono sbagliato.

Oggi sono di nuovo qui, a piangere da solo dopo essere stato al funerale di una bambina, dopo aver osservato i suoi compagni, dopo aver avvertito il loro nervosismo e la loro superficialità di fronte ad una tragedia che poteva accadere ad ognuno di loro. Niente di nuovo, niente che non avevo già provato, solo la consapevolezza che non sempre un ragazzino è in grado di gestire lo scherno del gruppo, non sempre un ragazzino è in grado di combattere quello che oggi chiamano bullismo ma che è da sempre solo il modo, l’unico, dei mediocri per sentirsi migliori.

Oggi sono di nuovo qui dopo aver abbracciato la madre di una bambina il giorno del suo funerale, dopo aver abbracciato una donna a cui avevo detto di non preoccuparsi, a cui avevo detto che era fortunata ad avere una figlia che ascoltava musica d’autore e leggeva classici, a cui avevo detto queste cose perché ne ero convinto e ne ero convinto perché in parte le avevo vissute ma non mi ero reso conto che il mio punto di vista di oggi non poteva essere lo stesso di quando io stesso ero adolescente; ero convinto che lei alla fine ne sarebbe uscita vincente solo perché era davvero migliore degli altri, senza rendermi conto che la differenza fra la vittoria e la sconfitta, spesso, è talmente sottile che non se ne può vedere la linea di demarcazione. Ne ero convinto perché sono un idiota.

 

Dicevo l’altro giorno, scherzando(?), che l’avanzare dell’età l’avverti quando davanti alla scuola smetti di guardare le ragazzine per guardare le loro mamme… la realtà è che ti accorgi davvero di non essere più, tu stesso, un ragazzino quando attorno a te la gente comincia a morire.

Quando sei piccolo, a un certo punto, ti lasciano i nonni, te lo aspetti prima o poi, in taluni casi è anche un’ottima scusa per non fare i compiti, ma i genitori… i genitori quelli sono immortali, non pensi mai che un giorno, davvero, potranno andarsene, finché non muoiono e tu rimani lì immobile a guardare e ancora non ti rendi conto di essere solo perché c’è un sacco di gente attorno a te: la tua compagna, i tuoi figli, il lavoro, gli amici, finché una mattina, mentre sei lì che ti sbatti per risolvere l’ennesimo problema creato da qualcun’altro, leggi un messaggio su Whatsapp – Ciao Arcangelo, purtroppo per Rossella non c’è più nulla da fare. Ora è un angelo – e rimani immobile, quasi impietrito a chiederti perché e l’unica parola che ti viene in mente è:-cazzo-. Sì, perché non è stato un incidente a portarti via un’amica, un’incidente fa parte dell’ordine naturale delle cose, ma la malattia è una roba da vecchi e lei era giovane, aveva la mia età, appunto: aveva la mia età. Sapevo che non stava bene anche se non ci si sentiva da un po’, da quando  dopo una discussione che non compresi seppi della sua malattia. Non la conoscevo più bene come un tempo, credo che il suo male l’avesse cambiata, credo anche sia normale e comunque non importa; quello che importa veramente è che lei era bella e non meritava di morire e no, non vale per tutti quelli che vanno all’altro mondo, alcuni meritano di crepare e sono ancora vivi.

Non so perché la tua morte mi abbia così colpito vecchia amica mia, in fondo non ci conoscevamo più, forse perché mi hai ricordato, nel modo peggiore possibile, la caducità dell’esistenza o forse solo perché è stata una giornata storta: inutile piangere, si nasce soli e si muore soli… ma anche no.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Ormai in Italia non siamo più in grado di produrre satira; sappiamo fare solo gne gne gne, mentre consideriamo Crozza un autore satirico invece che un comico mediocre e discutiamo malamente su cosa sia la satira e se ne possa esistere una di destra o di sinistra. Così mentre ci si lagna sui social network per la lentezza dei soccorsi all’albergo di Rogopiano sommerso da una valanga, ti arriva l’ennesima vignetta di Charlie Hebdo che come espediente, di nuovo, usa te, sì TE italiano mangiaspaghetti analfabeta; te, non il solito cammellato testa di stracci in una relazione aperta con Maometto.

La vignetta di CH, questa volta, ha colpito nel segno, ancora di più di quella sul terremoto di Amatrice (quella del ragù). L’illustrazione satirica (brutta perché bisogna dire che nella redazione di CH non sanno disegnare) ancor più di quella sul terremoto dei mesi scorsi, infatti, ha diverse chiavi di lettura e l’interpretazione per la quale vada ad offendere le vittime è la più semplice, quella che colpisce per prima, quella che fa incazzare, quella che aiuta ad approfondire l’argomento (se non sei un analfabeta funzionale). CH, ad una seconda lettura, infatti ci aiuta a ricordare(consapevolmente o meno, poco importa) che la macchina dei soccorsi probabilmente si è mossa colpevolmente in ritardo, ci ricorda che la neve miete ogni volta un sacco di vittime a causa del fatto che l’uomo continua imperterrito, nonostante tutto, a sfidare la sorte per trarne profitto e ciò non solo in Italia ma sopratutto in Francia dove il maltempo è atteso con estremo timore.

La risposta di questo tale Ghisberto (l’autore delle vignette sopra), invece, è un classico gnegnegne all’italiana, un dispettuccio senza alcun significato, non è satira, è lo stesso tipo di “ironia” che usa mio figlio di cinque anni all’asilo, è lo stesso tipo di umorismo da due soldi che ha fatto la fortuna di Forattini. Parliamo, poi di un personaggio che elogia i soccorritori italiani poche ore dopo aver fatto una vignetta per attaccare politicamente il governo, sciacallando alla Salvini, a causa dei ritardi nei soccorsi (con un tratto brutto come quello di CH, oltretutto), però è riuscito nell’intento di solleticare il vostro nazionalismo perché tanto, si sa, i francesi c’hanno la mamma puttana…