Professional EscortDivampa la polemica per l’intervista autopromozionale, rilasciata ai giornali locali, dall’AD di un noto parco di divertimenti pugliese che lamenta di non riuscire a trovare schiavi personale da far lavorare d’estate a ferragosto e di domenica con orari variabili su turni che possono finire alle tre di notte quando, dopo la selezione dei curriculum, viene spiegato che lo stipendio è di 800 euro per 40 ore settimanali(almeno sulla carta). Ah che strana la vita, questi giovani d’oggi non vogliono lavorare, massa di scansafatiche, quando eravamo giovani noi e quando c’era lui persino i treni arrivavano puntuali… no dico 800 euro per un lavoro stagionale che NON ti lascia niente, nessuna formazione, nessuna competenza, nulla di rilevante da scrivere sul curriculum ma naturalmente sono i ragazzi di oggi ad essere choosy per dirla alla Fornero e mi viene in mente il reddito di cittadinanza, sì quello strano istituto sponsorizzato come parte del programma irrealizzabile da ogni ortottero di quartiere. Regalare a ogni italiano, che non può mantenersi, una cifra variabile fra 800 e 1000 euro al mese, poveri i nostri imprenditorucoli italioti che fatica dovranno fare per rubare manodopera al reddito di cittadinanza.

 

Poi leggo che la CISL raccoglie le firme per limitare PER LEGGE i livelli degli stipendi dei Top Manager delle aziende PRIVATE quotate in borsa agli stessi 294 mila euro annui previsti per i manager pubblici. Certo sono molti di più degli 800 euro al mese a cui hanno rinunciato questi choosy pugliesi per allietare le giornate dei vacanzieri in un parco di divertimenti, ma il punto è un altro: metti caso che un top manager faccia guadagnare all’azienda venti milioni di euro che senza le sue competenze non sarebbero mai arrivati, o facciamo l’esempio di un manager di un’azienda pubblica che consente dei risparmi allo Stato venti milioni di euro grazie alle sue capacità… che facciamo gli tagliamo lo stipendio a 300.000 euro per una forma di equità condita di invidia sociale così che per il prossimo esercizio possa legittimamente fottersene e andare ad apportare le proprie competenze altrove? Ma credere davvero di essere migliori degli altri ma solo più sfortunati? Pensate veramente che siano tutti raccomandati, tutti incapaci?

 

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Ne abbiamo viste tante di Barbie dal 1959, quando la bambola più famosa del mondo fu commercializzata, ad oggi. Peggio che nei film degli anni ’70 con Edwige Fenech abbiamo avuto la Barbie dottoressa, la Barbie soldatessa, la Barbie paracadutista, la Barbie professoressa e chi più ne ha più ne metta, però, no, la Barbie chiattona proprio non si può vedere.

 

Barbie prima e dopo la curaL’ americano Nickolay Lamm ha riprodotto, infatti, il giocattolo di punta della Mattel utilizzando le misure e le proporzioni di una diciannovenne media americana secondo i dati forniti dal CDC (istituto Usa per il controllo e la prevenzione delle malattie), i risultati come potete vedere nella foto  sono aberranti, viene fuori una bambola con le tette piccole, i fianchi larghi, il culo grosso, la pancetta, alta come un puffo e con dei piedi enormi, sembra un hobbit, in effetti, ma questo fa tanto bene alla psiche delle bambine che altrimenti crescerebbero sopraffate da un modello irragiungibile di oca bionda come la Barbie, sì come no…

 

E’ inutile, non cambia mai nulla, soltanto restando in Italia, negli anni ’70-’80 i giornali erano pieni di notizie di bambini lanciatisi dal balcone al grido di Jeeg Robot D’Acciaio, fu scomodato il Parlamento per mettere al bando Atlas UFO Robot che trasformava i bambini in temibili piloti di mecha guerrieri pronti a scatenare guerre integalattiche, gli anni ’90 sono stati il teatro della più grossa operazione di censura agli anime e oggi si scopre[1] che le bambine muoiono denutrite per colpa dell’anoressia causata dall’inutile tentativo di conformarsi alla Barbie principessa e quindi è ora di un bel restyling alla Barbie per renderla un modello più facile da imitare[2].

 

E’ sempre facile dare la colpa a qualcun altro, troppo comodo delegare ad altri l’educazione dei propri figli e addossare al sistema le responsabilità della propria incapacità e delle proprie scelte sbagliate, come se una ragazzina anoressica lo diventa perché gioca con le Barbie o guarda pessimi programmi televisivi, che poi, a proposito di Tv, non capisco come mai nessuno si lamenta dei pessimi programmi per bambini trasmessi oggi sui canali via cavo e satellitari, ma questo sarà oggetto di un altro post. Intanto vi lascio con il simpaticissimo video di “Barbie Girl” singolo del ’97 del gruppo pop scandinavo Aqua.

 

[1] in verità già nel ’97 la Barbie fu rimodellata per andare in contro alle esigenze dei folli protettori dell’infanzia

[2] che poi a prescindere dal problema della Barbie, quello di abbassare gli standard per facilitarne il raggiungimento al mucchio di caproni che affolla il pianeta, quello dell’omologazione verso il basso, insomma, è un altro grosso problema di questi anni

 

pazuzuSiamo nella Roma del 2028 e l’Italia sembra tutt’altro che uscita dalla Crisi. Silio De Lauro lavora nella sede di Roma della Spire, una multinazionale dell’informatica acquisita dai russi, e che come tante altre attività economiche italiane risente del dissesto economico della nazione e non naviga in buone acque. Il futuro della filiale italiana della Spire dipende dall’ultimo modello di PC all-in-one che l’azienda sta per lanciare sul mercato internazionale ma le dinamiche aziendali sono molto più complesse e lo imparerà a sue spese proprio Silio, ultimo esponente della CGIL, mobbizzato dopo l’ultima ristrutturazione aziendale per aver resistito alla svendita dei diritti dei lavoratori.

 

Silio è un omone sovrappeso, dedito all’alcol, rozzo e scontroso mollato dalla moglie e odiato dai figli  ma è anche, in un certo senso, un uomo tutto d’un pezzo disposto a “vendere” la figlia per estinguere il mutuo ma non a transigere sui propri principi; persino alcuni suoi atteggiamenti facilmente apostrofabili come razzisti, nel nome del noto buonismo radical chic di una sinistra alla deriva, assumono un significato differente ricontestualizzati in questo romanzo dell’ottimo Vito Introna che dà una magnifica prova di come il fantastico in Italia non sia scomparso, per quanto sempre più relegato a nicchie (non solo di mercato) sempre più piccole.

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Man of Steel, L’Uomo d’Acciaio è il nuovo capitolo cinematografico, targato Christopher Nolan, che riporta sul grande schermo il più famoso supereroe della DC,  dopo il fiasco di Superman Return del 2006, nonché uno dei film di cassetta del 2013. Così non potevo esimermi dall’andare al cinema con la mia nuova t-shirt figlia del merchandise, per quanto comprata da LIDL a 5,90, e pochissime aspettative sia perché tutti i film di Superman fatti fino ad oggi sono praticamente inguardabili[1] e sia perché le recensioni che avevo letto non erano esattamente entusiasmanti. Le mie aspettative non sono state deluse, questa nuova pellicola dedicata all’archetipo del supereroe merita appena la sufficienza. Intendiamoci gli effetti speciali ci sono tutti (per quanto il 3D serva solo a scroccare qualche euro in più da parte della sala cinematografica) e Superman è sempre Superman ma forse il problema è proprio questo.

 

Man of Steel

 

La storia, nonostante i vari rimaneggiamenti, più o meno, la conosciamo tutti: sul pianeta Krypton il neonato Kal-El, figlio di Jor-El e Lara Lor-Van nonché primo nato in maniera “naturale”, dopo centinaia di anni di nascite programmate sul pianeta Krypton, viene inviato sulla Terra con una navicella spaziale poco prima della distruzione del pianeta a causa dello sfruttamento delle sue risorse naturali. Kal-El porterà dentro di se la chiave per salvare quel che resta di Krypton e  sarà destinato a diventare l’anello di congiunzione fra la Terra e l’antica razza aliena; nel frattempo, però, gli tocca crescere in una fattoria allevato da Jonathan e Martha Kent badando alle mucche e ai raccolti. Il giovane Clark, questo il nome che gli sarà dato dai Kent, imparerà pian piano a controllare i propri poteri e grazie all’affetto e alla saggezza dei genitori adottivi riuscirà a metterli al servizio dell’umanità.

 

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Comincio subito col dire che a me Star Trek Into Darkness è piaciuto, molto. Se voi che leggete, dunque, siete Veri Fan della serie classica o di TNG, se la notte ricordate Gene Roddenberry nelle vostre preghiere fermatevi qui perché da questo momento in poi leggereste solo eresie ed empietà.

 

Into Darkness

 

Partiamo dal peccato originale: la Paramount Pictures nel 2007 decide di rilanciare il brand di Star Trek affidando il progetto al giovane produttore cinematografico, sceneggiatore e regista, stella in ascesa nel panorama televisivo USA e garanzia di successo assicurato, J.J. Abrams. Come va tanto di moda in questi anni di scarsa creatività e di ricerca di un facile riscontro di pubblico, Abrams opta per un reboot dell’Universo Trek introducendo una variabile impazzita nel continuum spazio temporale che porterà alla biforcazione dello stesso e alla creazione di un universo alternativo. In breve viene introdotto il personaggio di Nero, un romulano deciso a colpire lo Spock del 2387 colpevole, secondo lui, di non aver impedito la distruzione di Romulus a causa di una Super Nova e decide di ripagarlo con la stessa moneta quando, tornati lui e Spock casualmente indietro nel tempo, userà le tecnologie più avanzate del secolo successivo e la materia rossa ideata dall’Accademia delle Scienze di Vulcano per creare un buco nero all’interno del pianeta natale dei vulcaniani, annientandolo.

 

A questo punto mi volete far credere che possa essere ancora vero tutto quello che sappiamo della serie classica?

 

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