Se non necessariamente a livello personale, sicuramente guardandomi intorno ci sono tanti motivi per essere lieti che questo 2013 volga al termine, ma c’è un aspetto, più di tutti, a mio avviso, che ha caratterizzato negativamente quest’anno: il luddismo di ritorno e l’oscurantismo scientifico che ha avuto il suo emblema nel successo di Beppe Grillo alle elezioni politiche del febbraio 2013.
In più di un’occasione mi sono trovato a parlar male di Beppe Grillo e del suo Movimento e l’ho fatto per motivazioni di natura squisitamente politica e non nell’accezione comunemente intesa di tifo partitico; PD, PDL, M5S, SEL e quali che siano le sigle in voga questo mese, mi lasciano completamente indifferente, quello che mi interessa è la politica intesa come arte, capacità di governare la società ed è qui che si ritorna al tema dell’oscurantismo scientifico.
Era il 1993 o giù di lì, quando ho assistito ad uno dei più biechi spettacoli che mi sia capitato di vedere: Beppe Grillo che inveiva dal palco di un teatro contro una internet appena nata (almeno nel senso che intende la maggior parte di voi) accomunandola ad un covo di pervertiti e, sostanzialmente, dichiarandone la totale inutilità se non la pericolosità sociale, come se uno strumento possa essere pericolo si per sé. A colpirmi non furono tanto le parole del comico, che vi assicuro non faceva ridere, stupidaggini già sentite in qualunque bar di provincia, quanto la foga, la rabbia, la falsa convinzione con cui quel discorso ignorante veniva pronunciato, faceva paura e mai avrei pensato, in quel momento, di ritrovarmi vent’anni dopo quell’essere accidioso e dai toni violenti a capo di un movimento in grado di spostare quasi un terzo dei consensi del paese.