Ieri sera ho letto casualmente la parola «Ontario» che ha scatenato in me una serie di associazioni mentali che mi hanno riportato indietro nel tempo a quando, più o meno a 7 anni, leggevo i fumetti Bonelli di mio padre e in particolare ero affascinato dalle avventure del Comandante Mark (OK erano le edizioni Araldo, ma ci siamo capiti), ci sarebbe anche Mister NO, ma ne parliamo un’altra volta.

Il Comandante Mark era il coraggioso capitano dei Lupi dell’Ontario, un gruppo di terroristi di patrioti pronti a combattere contro le malvagie Giubbe Rosse inglesi di Re Giorgio.

La base dei nostri eroi è un inespugnabile fortino su un isolotto nel lago Ontario da dove il mitico Comandante Mark parte per le sue avventure  insieme ai suoi insostituibili compagni Mister Bluff (ex corsaro ed ex compagno del padre di Mark), Gufo Triste (discendente di uno stregone, nonché capo delle tribù dei grandi laghi oltre che pessimista come pochi), El Gancho e Betty ovviamente innamorata del nostro eroe.

Fra intrighi e avventure, combattimenti e tradimenti si snodano. leggere e piacevoli, anche nei pomeriggi estivi di un bambino di sette anni, le avventure del Comandante Mark, dei Lupi dell’Ontario e i simpatici siparietti con Gufo Triste.

Ho visto su eBay che, volendo, si potrebbe acquistare l’intera collezione di fumetti ma, a parte il prezzo esagerato, non avrei un posto dove mettere altri 281 volumetti di questo fumetto  nato nel 1966 dalla penna di Pietro Sartoris, Dario Guzzon e Giovanni Sinchetto, tuttavia so che stanotte ci farò un pensierino ;-)

P.S. Dedicato alla mia amica Sam Bruno che mi ha fatto rivivere quei pomeriggi di 30 anni fa :-)

Io odio fare la coda! Non sopporto la coda alle casse del supermercato, la coda all’ufficio postale, non sono mai stato sulla Torre Eiffel… perché ODIO la coda. D’altro canto non sopporto nemmeno le affermazioni qualunquiste del tipo: «eh, non è vero che c’è la crisi, hai visto quanta gente in fila per comprare il nuovo iPhone!». Eh già perché, alla fine uno se ha tempo e soldi da spendere, ma anche se vuole indebitarsi per un telefonino saranno pure cazzi suoi, ma non è questo il punto.

La verità è che fare la coda alle due di notte per comprare un cellulare, è qualcosa di più di un moto di follia collettiva: significa, in un certo senso,  partecipare ad un evento, trascorrere del tempo con persone che hanno la tua stessa passione, socializzare e non è compito mio e di nessun altro stare a giudicare le passioni altrui o il rapporto prezzo/prestazioni del nuovo cazzillo con la mela bacata morsicata [1], altrimenti dovrei fare la stessa cosa per chi fa la coda allo stadio o si apposta il giorno prima ai cancelli per vedere un concerto di Vasco Rossi. Del resto io spendo un sacco di soldi in cazzate inutili bellissimi gadget, e se non fosse che dovrei essere un buon padre di famiglia ne spenderei tanti di più.

Nonostante il mio odio per le code, ricordo, con una sorta di nostalgia, le file chilometriche davanti alla segreteria dell’università nei giorni dell’iscrizioni, ricordo le chiacchiere con i colleghi e alcuni scambi di battute per infrangere la noia con ragazze più o meno carine e più o meno intelligenti, insomma non c’era Facebook e in qualche modo bisognava pur socializzare.

Tutto ciò per parlare dell’ultimo esempio clamoroso di coda da far scalpore, quella davanti al McDonald’s della Galleria Vittorio Emanuele a Milano. Ho pranzato in quel fast food un paio di mesi fa mentre ero a Milano per un convegno [2] ed in effetti è probabilmente la location più bella in cui ho trovato un McDonald’s, tanto bella da essere perfino discutibile, ma francamente penso che il comune di Milano sbagli a chiudere un punto di aggregazione per favorire l’apertura di un negozio di Prada ma, si sa, io sono di parte, adoro McDonald’s quasi quanto mi fanno schifo i panini che vende.

Tornando alla coda, il famoso fast food, prima della chiusura ha deciso di “ringraziare” la clientela affezionata offrendo panini e coca cola gratis a tutti e da qui la fila delle oltre 5.000 persone che ne hanno approfittato. Ma a pensarci bene, siamo davvero ridotti a fare tre ore di coda per elemosinare un panino o forse la stessa coda diventa un evento, un modo di aggregazione sociale? E’ evidente che  partecipare a quella coda per un panino abbia un significato che va oltre il premio finale; del resto, probabilmente, i nostri amici anglosassoni e la loro queue queste cose le hanno scoperte da tempo, anche se noi italiani rimaniamo sempre campioni mondiali di queue jump :-(

[1] OK è più forte di me, non riesco a non giudicare

[2] In quell’occasione ho avuto modo di scambiare tre parole con l’uomo alla ribalta delle cronache di questi giorni, il presidente della Regione Lombardia Formigoni (non ho letto i giornali magari non lo è già più), devo dire che a parte CL e la sua orrida camicia color carta da zucchero aveva una  prontezza nella battuta che non avrei mai sospettato in lui.

Le ultime settimane sono state, come dire, convulse. Gli impegni “seri” mi han preso, forse, più del dovuto e probabilmente andrà avanti così per un bel po’(1), complice una serie di sfighe che fanno parte del lavoro e della vita quotidiana. La cosa fastidiosa è che tutto ciò ha fatto in modo di togliere tempo, ma sopratutto voglia, a quelle passioni che alla fine contribuiscono a rendere migliore la (mia) vita, quelle passioni fatte di cartoni animati, di letture, di scritture e di cazzeggio che malamente si addicono alle persone serie, al buon padre di famiglia, quelle cose, insomma a cui uno dovrebbe rinunciare in età adulta.

Ma io che buon padre di famiglia non lo sono mai stato e che non ho nessuna intenzione di raggiungere l’età adulta(2) continuo a leggere romanzi di eroi e di astronavi, a vedere cartoni animati giapponesi  e a scrivere cazzate, sapendo che qualcuno le legge e che a qualcuno fanno anche piacere, o almeno provo a fare tutte queste cose e comunque ho la tendenza ad incazzarmi quando, come in questi giorni, non ci riesco.

Tutto ciò mi induce, quindi, ad una riflessione su una cosa di cui si è parlato molto nelle ultime settimane su blog di amici: mi riferisco all’idea di  monetizzare le proprie passioni e non parlo di fare un lavoro che ci piace ma proprio di riuscire a guadagnarsi da vivere coltivando i propri interessi. E’ giusto, insomma, pagare qualcuno perché faccia ciò che lo diverte? La risposta a questa domanda è stata fonte di molte polemiche perché effettivamente, messa così, uno si chiede perché dovrei pagarti per fare una cosa che ti piace? In realtà la domanda è mal posta, quella giusta è: è giusto pagare qualcuno perché faccia qualcosa che mi diverte? La risposta a questo quesito sembrerebbe più semplice. Chiunque di noi è disposto a pagare per il proprio piacere, che si tratti di andare al cinema, di comprare un fumetto o una rivista patinata di musica… e allora perché quando un blog mette il pulsante donazioni o paventa la possibilità di pagare un’abbonamento annuale, sia pure irrisorio, si alzano gli scudi di fronte all’eresia? Eppure quel blog lo leggete, certo non sarà indispensabile nella vita, ma non lo è nemmeno la Gazzetta dello Sport! (3)

Ah sì, dimenticavo, la condivisione delle informazioni, la cultura dell’open, peccato che quasi sempre, sopratutto nell’italia del tutto gratis, tutto dovuto, ci si dimentichi che  la condivisione dovrebbe essere bilaterale, a questo è un altro discorso che poi, magari, affronteremo.

Intanto, riflettendo su queste cose, considerando che notoriamente io non sono in grado di scrivere che articoli brevi e sognando ad occhi aperti, immaginavo di avere soldi da investire e di aprire una fumetteria, ma di quelle serie, con videogames, modellini e giochi di ruolo tutte cose che mi piacciono o che avrei voluto avere la possibilità fare e immaginavo di metterci dentro delle commesse tettone vestite, che ne so, da Lady Isabel… ah sì, questa è la parte “fan  service” del post, quella che porta le visite da Google. ;-)

Intanto dedico questo breve articolo al solito Alessandro Girola senza il quale, pensando a quello che mi aspetta domani,  non avrei scritto nulla nemmeno stasera. :-)

(1) questo stop, in realtà, è stato provvidenziale, stavo per ricominciare con le action figures dei Robottoni anni ’70 (vedi foto del Getter 3)  ;.)

(2) il prossimo anno ne compio quaranta e, non per crisi di mezza età, penso di fare davvero qualcosa di scemo

(3) non so quanto vale il vostro tempo, il mio, sopratutto quello libero (se volessi monetizzarlo) garantisco che ha un valore economico molto alto,  e questo post, per quanto breve, fra una cosa e l’altra, ha richiesto quasi un’ora.

Riprendo un articolo di Alessandro Girola per parlare di un altro male che affligge il nostro paese il neo-luddismo italico. 

Siamo il paese dove la diffusione dei cellulari e smartphone assume percentuali imbarazzanti, dove si riesce a vendere un iPhone ai prezzi più alti del pianeta eppure ogni tanto si sente dire, dall’alto del concentrato di tecnologia che ognuno si porta in tasca: – eh, si stava meglio quando si stava peggio – ricordando la nostalgia di quei pomeriggi passati in strada a giocare a pallone dopo aver fatto i compiti.  – Da quando c’è internet i ragazzi non si relazionano più fra loro, diventano asociali e passano tutto il tempo con la testa dentro al monitor – che poi è la stessa cosa, aggiornata agli anni ’10 del ventunesimo secolo, che dicevano negli anni ’80 del ventesimo riguardo la televisione. – Eh, questi ragazzi, invece di giocare stanno tutto il tempo li a scimunire dietro ai cartoni animati giapponesi

Beh io che ero asociale, nel senso che non ho mai socializzato con i cretini, negli anni ’80-’90, quando ancora non c’era internet, prendevo la bici e me ne andavo in campagna a leggere un libro ma passavo anche i pomeriggi a guardare la TV e a cazzeggiare al computer e, francamente, se vedo mio figlio che dopo aver giocato al parco decide di buttarsi su un prato a giocare col Nintendo non mi scandalizzo più di tanto.

Potrei scrivere un trattato sul perché il progresso è meglio di un calcio nelle palle ma è inutile approfondire più di tanto la questione quando c’è gente che si porta addosso la tecnologia risultato di anni di ricerca spaziale e mi viene a dire, con quella certezza che non può che essere figlia dell’ignoranza, che l’uomo non è mai andato sulla Luna.

Preferisco quindi pensare a quelle che sono le rivoluzioni tecnologiche che hanno cambiato la mia vita e quella del’umanità negli ultimi venti anni (il personal computer, il telefono cellulare, lo smartphone, la fotocamera digitale, il navigatore satellitare, il climatizzatore, il tablet, gli e-reader…) e poi rimangiarmi tutto quello che ho detto! (beh quasi, dai…)

Eh sì, perché non sempre la tecnologia ti aiuta davvero. Nel 1971 la Gillette brevettò il primo rasoio bilama usa e getta, che poi sono diventate, tre, quattro fino a raggiungere  le sei lame accompagante dalle necessarie strisce idratanti per poter far scorrere il rasoio, dei recenti aggeggi venduti nei centri commerciali. Ogni nuovo modello di rasoio sembra sempre migliore rispetto al precedente, anche quando lo provi, eppure… sarà che io sono pigro e la barba la faccio ogni settimana, quando va bene, sarà che ho una barba molto folta, ma con l’ultimo modello di rasoio che ho comprato, per farmi la barba, ci sono volute due testine da 2 euro l’una, facevo prima e meglio ad andare dal barbiere :-)

Così ho deciso di tornare all’antico e mi sono comprato un rasoio di sicurezza, quello brevettato dalla Gillette verso la fine del 1800,  con le lame usa e getta in acciaio inox e… miracolo riesco a farmi la barba perfettamente in minor tempo e con una spesa effettiva di 5 centesimi! Già da tempo avevo abbandonato la schiuma da barba in bomboletta che più che idratare mi sporcava la camicia in favore del vecchio sapone da barba e pennello… beh ora posso davvero dire un altro mondo.

Non parliamo, poi, dei rasoi elettrici… che è meglio!

 

E” incredibile pensare che siano passati 25 anni dalla prima messa in onda di Star Trek: The Next Generation(TNG), nell’ormai lontano 28 settembre 1987In verità la serie arrivò in Italia nel 1991 ma a me sembra davvero come fosse ieri; mi sembra passato un secolo, invece, dalla prima volta che vidi la serie classica (TOS), in bianco e nero, sul vecchio Phonola  di mio padre.

TNG nasce venti anni dopo la chiusura della serie classica: grazie alle repliche di TOS e ai successivi film con protagonisti Kirk & C il fandom di Star Trek continua a crescere. La Paramount decide così  di riproporre la serie aggiornata agli anni ’80 (sarebbe stato difficile far entrare Shatner in una tutina aderente per altri sette anni) ambientandola un secolo dopo, con nuovi protagonisti e una nuova più moderna astronave.

LA STORIA

La nuova serie ricalca in parte il tema dominante della serie classica: una nave stellare, la nuova Enterprise, di classe Galaxy,  matricola NCC 1701D e un equipaggio in missione nel quadrante Alfa per conto della Federazione dei Pianeti Uniti. Sono passati cento anni dalla missione quinquennalle della NCC1701 Enterprise; la Federazione è più matura e nuovi pericoli minacciano la pace nel quadrante. Questa volta i Klingon sono alleati, sulla plancia della nuova Enterprise è persino presente uno di loro, Worf, mentre i romulani continuano ad essere arroccati dietro la zona neutrale e a minacciare saltuariamente i territori federali.

Altri nemici si delineano ai margini del quadrante i Cardassiani con la loro sete di conquista ma sopratutto gli spietati Borg, una razza di cyborg, provenienti dal quadrante Delta, con l’unico obiettivo di “assimilare” ogni forma di vita organica. La nuova Enterprise e il nuovo equipaggio comandato dal capitano Picard viaggierà in missioni diplomatiche (importantissima per le sorti della Federazione la mediazione di Picard nella successione dell’impero Klingon) ma anche in vere e proprie missioni militari.

Nonostante il sub-plot simile, in TNG la parte avventurosa, pur presente, è meno centrale e la nuova serie dimostra una maturità, di fronte a certe tematiche anche “sociali” che TOS non ha mai raggiunto; c’è da dire che, a differenza di TOS, TNG ha avuto più tempo per poter crescere, la prima stagione, in realtà, è decisamente fiacca e solo dalla terza stagione si sono visti episodi realmente memorabili.

L’EQUIPAGGIO

Questo poster mi accompagna da oltre 20 anni

Voler azzardare un paragone fra gli equipaggi di TNG e TOS è impresa ardua.

Picard introverso e riflessivo è diversissimo dall’impulsivo donnaiolo Kirk personaggio in parte ripreso dal primo ufficiale Riker(anche lui nelle ultime stagioni comincia ad avere difficoltà con le tutine),

Spock non ha un vero e proprio omologo anche se Data l’androide alla ricerca dell’umanita, probabilmente ci andrebbe molto d’accordo.

Scotty è stato sostituito da un LaForge spesso troppo ingessato per poterne prendere il posto nel cuore dei fan (per quanto Levar Burton sia davvero simpatico) e il burbero dottor McCoy è stato sostituito indegnamente dalla dottoressa Crusher (nella seconda stagione dalla dottoressa Pulanski)  che non ha realmente ragione di esistere se non per la noiosa storia d’amore mai cominciata con Picard.

Ci sono poi personaggi che non trovano nessun omologo nella TOS.

Il capo della sicurezza della nave: Tasha Yar nella prima stagione e il klingon Worf dalla seconda in poi. Tasha esce dalla serie troppo presto e il suo personaggio, che avrebbe potuto avere un’evoluzione positiva, verrà presto dimenticato per essere sostituito da Worf, un klingon cresciuto in una famiglia umana, il cui personaggio sarà al centro di moltissimi episodi ed evolverà nel corso delle sette stagioni per poi ritrovarsi in Star Trek: Deep Space Nine.

Il Consigliere della Nave, Deanna Troi, in parte betazoide, è dotata di una fortissima empatia: aiuta l’equipaggio in missione nello spazio ad attenuare la tensione, ma in moltissime occasioni è indispensabile a Picard nelle sue missioni diplomatiche.

CURIOSITA’

Nella nuova serie fanno apparizioni come guest star alcuni personaggi della serie classica. Nel pilot “Incontro a Farpoint” appare  DeForest Kelley nei panni di un anziano Dottor McCoy, inoltre nella serie appariranno Spock(Leonard Nimoy) e Scotty(James Doohan). Dalla seconda stagione fa la sua apparizione Guinan (Whoopy Goldberg) che gestirà il bar di prora della nave. Principali innovazioni tecnologiche della nuova serie sono:

i comunicatori, non più portatili (tipo cellulare) ma integrati nel badge sul petto dell’uniforme;
i replicatori particolari dispositivi basati sulla stessa tecnologia del teletrasporto in grado di comporre insieme le molecole per costruire cibo e utensili
– i ponti olografici, particolari habitat dove viene riprodotto un ambiente virtuale utilizzando degli proiezioni olografiche e dei campi di forza

la nuova nave stellare, oltre a tutte le innovazioni, ha un sistema per ricostruire i cristalli di dilitio, indispensabili per la navigazione a curvatura e che spesso lasciavano in panne la vecchia Enterprise di Kirk; da non dimenticare l‘LCARS, la particolare interfaccia full touch-screen dei computer della Federazione.

CREDITS

Capitano Jean-Luc Picard – Patrick Stewart
Comandante William T. Riker – Jonathan Frakes
Tenente Comandante Data – Brent Spiner
Tenente comandante Geordi LaForge – Levar Burton
Tenente Worf – Michael Dorn
Dr. Beverly Crusher – Gates McFadden (1987-1988 / 1989-1994)
Consigliere Deanna Troi – Marina Sirtis
Tenente Natasha Yar – Denise Crosby (1987-1988)
Wesley Crusher – Wil Wheaton (1987-1990)
Dr.Katherine Pulaski – Diana Muldaur (1988-1989)
Capo Miles Edward O’Brien – Colm Meaney (1987-1993)
Guinan – Whoopi Goldberg (1988-1992)
Tenente Ro Laren – Michelle Forbes (1991-1992)
Keiko Ishikawa O’Brien – Rosalind Chao (1991-1993)

Titolo Originale: “Star Trek: The Next Generation”
Creato da: Gene Roddenberry
Produttore Esecutivo: Gene Roddenberry
Prodotto da: Burton Armus, Ira Steven Behr Effetti Speciali: Dick Brownfield Musiche: Jay Chattaway, Alexander Courage, Don Davis, John Debney, Ron Jones, Dennis McCarthy, George Romanis, Fred Steiner, Jerry Goldsmith
Episodi: 278 episodi da circa un ora in sette stagioni andate in onda la prima volta dal 1987 al 1994 (in Italia su Italia 1 dal 1991 al 1997)