OK, quasi quasi apro un contest!

Dopo la signorina, che per allietare il rientro dalle festività natalizie, ci aveva deliziato con le sue grazie dedicandole a questo blog, ecco che un’altra ragazza “si concede” per la causa. :-)

Ora, sarà che in questo sito, cominciano ad esserci troppe tette e di ciò iniziano a soffrirne un po’ anche le chiavi di ricerca, resta il fatto che l’argomento rimane personalmente molto affascinante; non solo non posso esimermi, dunque, dall’accontentare l’esplicita richiesta di pubblicazione della dolce signorina Acquarion, ma la ringrazio per essersi così prestata a quello che rischia di diventare un gioco estremamente divertente(*)

Non rimane, quindi, che ringraziare, le simpatiche anonime(ovviamente) ammiratrici di questo blog per il delizioso contributo.

(*) gli exif sembrerebbero suggerire l’uso di un software di fotoritocco, se di fotomontaggio si tratta, però, è fatto davvero bene e la risoluzione delle foto è altissima, persino più alta di quelle pubblicate; credo, quindi, che le immagini siano state solo ritagliate per togliere il viso :-)

Mi sono capitati questi “poster” ad alta risoluzione di Futurama e prendo spunto per dire due parole sulla serie di Matt Groenig (creatore de I Simpson) insieme a David Cohen.

Futurama è una serie di cartoni animati di genere fantascientifico ambientati nella New New York (no, non è un refuso) dell’anno 3000 dove abbiamo come protagonista  Philip J. Fry che, da fare il fattorino per una pizzeria,  il 1 gennaio 2000, si ritrova  ibernato in un lettino criogenico (altro che millenium bug) da cui si risveglia nel 2099  in un mondo completamente nuovo; un mondo, però, che per certi versi mantiene i vizi e le virtù del buon lontano XX secolo.

E’ inutile raccontare nei dettagli la storia di Futurama, ne è stato scritto a iosa, la cosa che personalmente ho sempre amato della serie sono i continui richiami alla letteratura fantascientifica e quel fare ricorso ad un umorismo paradossale che ricorda in molti casi le opere di Robert Shekley e di Douglas Adams, quello che mi piace meno, non posso farci nulla, sarà che amo gli anime, è il tratto del disegno tipico dei lavori di Matt Groenig.

 

Siamo più o meno ai tempi nostri, con la differenza, che un virus in grado di provocare una sindrome di degenerazione neurologica (SDN) ha devstato il pianeta infettando tutta la popolazione mondiale e dimezzandola. Non esiste cura per l’SDN anche se un ricercatore riesce a trovare, in un farmaco estratto da alcune piante della foresta pluviale, un principio attivo in grado di bloccare la malattia: l’Absolon. L’Absolon deve essere, però, somministrato una volta al giorno ed è un farmaco il cui costo oltre ad essere proibitivo, dal momento che la foresta pluviale è in via di estinzione, è controllato da una multinazionale guidata da Murchison che in poco tempo è diventata un soggetto in grado di controllare persino le scelte dei governi.

Lo scienziato che ha scoperto l’Absolon viene assassinato e Norman Scott è l’investigatore assegnato alle indagini. In breve il poliziotto si troverà coinvolto in un affare decisamente più grande di lui e diventerà il protagonista inconsapevole di una storia che salverà l’umanità dal più grande flagello che abbia mai dovuto subire. Norman Scott(Christopher Lambert) insieme alla bellissima Dottoressa Claire Whittaker(Kerry Brook), collaboratrice dello scienziato assassinato dovrà vedersela con Murchison(Ron Perlman) e con un cattivissimo (quanto sfigatissimo) Agente Walters (Lou Diamond Phillips) intenzionati a impedire a Scott di scoprire la verità e, per questo, disposti ad ucciderlo, in una serie di inseguimenti, scazzottate e sparatorie.

Questo Absolon-Virus Mortale in realtà è una noia mortale, la storia è banale, anche il colpo di scena finale è degno di un fumetto di Topolino.  L’unico spunto interessante riguarda il fatto che la moneta, in questo nuova realtà, è stata sostituita da minuti di vita(grazie all’Absolon) che vengono usati come merce di scambio; chi ha un lavoro avrà abbastanza tempo da vivere, chi non ce l’ha è condannato a morte (hanno così risolto i problemi del precariato). Christpher Lambert è imbolsito come non mai e Lou Diamond Philips è una macchietta tragicomica. Si salva solo Kerry Brooks (le sue tette non la sua recitazione) e Roberta Angelica nei panni del Detective Ruth Bryany che non so chi sia però è quasi capace di recitare.

Approfitto del post per una galleria fotografica della signorina Kerry Brook, che tutto sommato, è un gran bel vedere.

«Dobbiamo iniziare a dare nuovi messaggi culturali: dobbiamo dire ai nostri giovani che se non sei ancora laureato a 28 anni sei uno sfigato, se decidi di fare un istituto professionale sei bravo e che essere secchioni è bello, perchè vuol dire che almeno hai fatto qualcosa».

Queste parole, del vice-ministro Michel Martone, durante un incontro dedicato all’apprendistato hanno scatenato un putiferio pari ai “bamboccioni” di Padoa-Schioppana memoria. Ora io non ho intenzione di interpretare il pensiero di Martone, mi sono laureato a trent’anni e non mi ritengo particolarmente sfigato(1), tuttavia penso, come Martone, che in questo paese ci sia bisogno di un profondo rinnovamento culturale. Sì, perché oggi il messaggio che passa è che l’uomo di successo, la persona da imitare, sia il coglione palestrato protagonista del reality show di moda nel momento o la troietta rifatta che l’ha mollata a un calciatore abbronzato in cambio di un mese di gossippara notorietà: questo messaggio è SBAGLIATO. Questi personaggi sono SFIGATI e nel mio mondo sarebbero dei paria e non godrebbero dei diritti civili, in primo luogo della facoltà di esprimersi col voto in un contesto democratico (2). Cosa accade invece? Succede che lo “sfigato” è quello che ha studiato, che alla serata UNZ UNZ preferisce la compagnia di un libro, che alla cocaina predilige  un piatto di spaghetti, che usa l’auto come mezzo di trasporto e non come estensione del proprio pene. Lo sfigato oggi è chi si fa il culo per tirare avanti in questo paese sempre più depresso, chi non cerca scorciatoie, chi paga le tasse, chi si assume le proprie responsabilità. Per anni, come popolo, abbiamo avuto una guida che non solo ha personificato lo stereotipo dell’italiano arruffone e incompetente, ma ne ha fatto un modello da seguire trovando, in questo, terreno fertile nell’ignoranza e nella mediocrità assunte a status sociale.

Oggi lo sport nazionale, sui giornali e su internet, è quello di fare le pulci alla vita di Martone per rivelarne gli scheletri nell’armadio. Personalmente devo dire che l’atteggiamento e il modo di porsi del vice-ministro (ma anche la sua faccia) non mi ispira alcuna simpatia, tutt’altro, ma se il suo obiettivo, se le sue parole, serviranno non dico a scardinare ma almeno a dare una spallata a questo sistema culturale,  se quello che questo governo vuol fare è tentare di ristabilire i ruoli, di chiamare le cose col proprio nome, beh per quanto mi riguarda io sono totalmente d’accordo. Smettetela, dunque, di fare i permalosi, voi che avete dovuto studiare e lavorare, che avete avuto due figli durante il percorso di studi, che siete rimasti orfani durante l’università e che siete incazzati perché vi hanno incluso negli sfigati in quanto sopra-soglia e cerchiamo invece di migliorare tutti insieme questo paese.

(1) non mi pento di essermi laureato a 30 anni, anzi. Non ho giustificazioni per questo, avrei potuto laurearmi due-tre, forse quattro anni prima, non dovevo studiare e lavorare ed economicamente non me la passavo nemmeno malaccio; se però avessi abbreviato i tempi non avrei fatto tante cose che ho amato, non avrei letto tanti libri, non avrei imparato molto di quello che poi mi è servito dopo e oggi sarei profondamente diverso, probabilmente peggiore.

(2) OK, emarginare qualcuno perché stupido e impedirgli di votare non è propriamente democratico, ma qui è anche ora di pensare di riformare la democrazia.

Mattinata infernale, fai presto di là, un incontro di qua, corri che abbiamo una riunione e ci si mette pure il blocco dei tir. Arrivano le due, beh vado a pranzo nel ristorante di un distributore di benzina, non fate quella faccia, si mangia bene di solito e poi oggi non c’era nemmeno la benzina, con l’Italia bloccata dagli autotrasportatori, tutti hanno pensato di fare il pieno per anticipare un po’ di liquidità ai gestori di carburante. Dicevo: di solito si mangia bene… di solito.

Entro mi siedo, arriva il proprietario, comincia a sciorinare tutta una serie di pietanze, io non lo ascolto, stavo pensando al mio Blackberry: avevo appena installato Google Sync per sincronizzare Calendar, la cosa sembrava anche funzionare ma dopo pochi minuti il telefono è diventato incandescente, davvero, non si poteva tenere in mano.

io: <<Cosimo, qual’è la prima che hai detto?>>
Cosimo: <<Arrosto in umido>>
io:  <<OK, vada per l’arrosto e una birra>>

per un attimo ho pensato, – ehi Angelo, hai ordinato l’arrosto in umido, qui, sarai mica scemo?- poi sono tornato a pensare al Blackberry.

Arriva la birra… finisce la birra… arriva la ragazza con l’arrosto in umido

io: <<Per favore portami un’altra birra>>

mangio il mio arrosto in umido, arriva la seconda birra, l’arrosto era davvero in umido, era sotto un dito di brodaglia, mentre penso che ho un’altra, noiosissima riunione fra mezz’ora, ad un certo punto mi rendo conto di aver mangiato tutto il mio arrosto e che faceva anche discretamente schifo, meno male che c’era la birra; mi rivolgo alla cameriera…

io: <<Scusa, ragazza con le tette grosse di cui non mi ricordo mai il nome>>
la ragazza con le tette grosse: <<Daniela>>
io: <<OK Daniela, sapresti dirmi cosa ho mangiato?>>
Daniela: <<Arrosto in umido>>
io: <<Ah, OK, ma arrosto di cosa?>>
Daniela: <<Boh, penso vitello>>
io: <<Sicura? Ma cucinate anche cani, qui?>>
Daniela: <<Ehm, non saprei>>
io (sorridendo): <<Beh allora fila in cucina e chiedi, visto che ci sei mi porteresti, per favore, anche un caffè?>>

Dopo cinque minuti

Daniela: <<Ciccino, era pollo e tacchino!>>
io: <<Ma dai… almeno se mi dicevi che era gatto potevo bullarmi con gli amici, ci avrei fatto un post sul blog, l’avrei scritto nel curriculum, ma pollo e tacchino, come lo faccio il post adesso? Ehi ma mi hai chiamato ciccino?>>
Daniela: <<Sì, ciccino>>
io: <<OK, allora il post ci esce ma comunque l’arrosto faceva schifo>>

sorridendo e sorseggiando il caffè :-)