Quando andavo in prima elementare, ormai più di trent’anni fa, c’era, nella mia classe, un bambino ripetente, un bambino, cioè che era stato bocciato l’anno prima. Un ripetente c’era anche quando ho fatto la seconda elementare in un’altra scuola e in un altra città e, nella mia seconda elementare, ricordo furono bocciati altri due bambini. Ai tempi dei miei genitori, poi, che un terzo della classe non fosse ammessa all’anno successivo era la regola. Oggi, invece, è notizia di prima pagina che una bambina di prima elementare, in provincia di Napoli, sia stata bocciata. I genitori della piccola hanno così deciso di ricorrere al TAR lamentando che la bimba non sia stata adeguatamente seguita con un’insegnante di sostegno, la scuola, dal canto suo, afferma che la bambina non avrebbe problemi cognitivi, che dunque non le spetterebbe alcun sostegno e che la bocciatura sarebbe servita a permetterle di recuperare le proprie carenze evitando così di procrastinare il problema agli anni successivi.
Entrare nel merito della questione, francamente, mi sembra poco interessante, non ci sono gli elementi per farlo e comunque è un problema poco rilevante e che riguarda una singola famiglia. La cosa invece che mi lascia perplesso è il fatto che la scuola sia ridotta così male che una bocciatura in prima elementare non solo diventa un articolo di prima pagina, su tutti i quotidiani nazionali, ma finisce anche per intasare le aule dei tribunali.
Qui la Gelmini e le riforme della scuola passate e future non c’entrano, siamo di fronte ad un vero problema sociale. Saranno luoghi comuni, ma se io fossi stato bocciato in prima elementare avrei avuto dei seri problemi con i miei genitori, che anziché ricorrere al TAR, sarebbero ricorsi alle cinghiate. Leggendo i giornali, invece, sembra che se un bimbo non ha le capacità per accedere ad un livello successivo di apprendimento la responsabilità sia degli insegnanti, sembra quasi che i genitori siano scevri da colpe e che gli asini non esistano. In verità gli insegnanti una responsabilità ce l’hanno ed è quella (vuoi per quieto vivere, vuoi perché, in fondo, con quello che guadagnano cosa glie ne frega di impelagarsi in ricorsi e contro-ricorsi) di NON bocciare gli asini come giustamente si faceva un tempo.
I risultati? Ragazzini di 14 anni che NON sanno leggere e scrivere e che hanno un vocabolario ridotto a 100 termini di cui 20 in slang; però, vuoi mettere, non hanno subito il trauma della bocciatura. Adesso hanno pure eliminato gli “esami” di quinta elementare, hai visto mai che bambini di 11 anni si sentano troppo responsabilizzati. Così alleviamo piccole stupide amebe che per imparare ad attraversare la strada da soli e a pulirsi il culo devono arrivare a prendere la patente. Ragazzini stupidi che credono che la lingua italiana sia lo slang romanesco delle trasmissioni del pomeriggio di Canale 5 che guardano, insieme alle loro mamme idiote, invece di fare i compiti.