Un gruppo di animalisti fa irruzione in un laboratorio di ricerca per “salvare” alcune scimmie utilizzate per degli esperimenti. Agli animali è stato inoculato infatti, un agente patogeno, una variante del virus della rabbia, per poi essere sottoposti alla visioni forzata di immagini di violenza. Appena libere le scimmie mordono uno degli animalisti contagiandoli. 28 giorni dopo Jim, un corriere irlandese in coma dopo un incidente stradale si risveglia in una Londra inaspettata.
Questo film britannico, del 2002, un horror fantascientifico per la regia di Danny Boyle, mi era sfuggito e mi è capitato di vederlo quasi per caso. Mi aspettavo un B-Movie invece, nonostante la tematica un po’ abusata del virus “letale” e i richiami agli zombi sempre troppo sfruttati, la trama si svolge in maniera dinamica e coerente senza mai scadere, come sarebbe facile e prevedibile nel banale e riuscendo ad allontanare il senso di “già visto” che sarebbe lecito aspettarsi da una pellicola come questa; nonostante i pochi mezzi con cui è realizzato nel film, poi, c’è una grande cura della fotografia e ogni scena sembra studiata nei minimi dettagli.
“28 giorni dopo” non spicca, tuttavia, per la capacità recitativa degli attori protagonisti (Cillian Murphy e Naomie Harris) e, in particolare, quello che sarebbe stato il futuro nono Dottor Who (secondo me fra i migliori), Christopher Eccleston, qui nei panni del maggiore di una milizia scampata al virus, non ci fa una gran bella figura.
In definitiva un bel film da vedere.