Non c’è niente da fare, sin da bambino, tutto quanto fosse legato alla “campagna”(*) non mi ha mai attirato. Ci sono due periodi, in particolare, che non ho mai sopportato: la vendemmia e la raccolta con relativa molitura delle olive nel frantoio.
Io, in genere, mi rifiuto di partecipare a questa sorta di “riti pagani”, oltre tutto, perché ricavo un fastidio fisico dal sapere che tutta l’attività legata alla campagna, per come la gestiamo in famiglia, è totalmente anti-economica e viene fatta solo per è una cosa che DEVE essere fatta. Quest’anno tuttavia, con mio padre tutt’altro che in forma, ho passato il pomeriggio di ieri al frantoio. Nonostante l’immensa scocciatura dello “sprecare” in questa maniera il mio, sempre più prezioso, tempo libero, ne sono venute fuori almeno due cose positive. Tanto per cominciare Pierpaolo si è divertito un mondo, non aveva mai visto un frantoio e questo era un opificio semi-industriale e quindi, per quanto non fosse elevatissimo, il livello di automazione del processo di molitura, agli occhi del bambino di quattro anni, è apparso quasi fantascientifico (non faceva altro che osservare le macchine e ripetere “come un’astronave”). La seconda cosa da non sottovalutare è che mi sono portato via due litri di olio appena prodotto che, nonostante ci sia chi non è d’accordo con me, è una cosa di una squisitezza unica.
(*) la mia famiglia, i miei genitori in realtà, possiedono alcuni pezzi di terra, coltivati ormai solo ad uliveto, da cui si ricava l’olio extravergine di oliva per tutta la famiglia. C’è da dire che, visto i tempi che corrono, finisce che avere la disponibilità di un pezzo di terra, alla fine, tornerà utile ;-)