Lo scorso agosto mentre un’avvenente 27enne (che non è quella in foto) era intenta a prendere il sole, in spiaggia,  in topless, scoppia il putiferio. Una signora, vicina d’ombrellone con i suoi figli adolescenti, redarguisce la ragazza che si stava spalmando la crema solare sulle tette e le intima di coprirsi. Al rifiuto della giovane vengono coinvolte le forze dell’ordine e la ragazza viene denunciata per atti osceni in luogho pubblico perchè il suo comportamento avrebbe turbato il benessere psicofisico dei due adolescenti (sic!).

Di atti osceni, ovviamente, non si può parlare per due tette in spiaggia (o almeno non ancora) e dunque il giudice per le indagini preliminari di Velletri stabilisce che spalmarsi la crema solare sul seno mentre si è in spiaggia non costituisce reato e dispone quindi l’archiviazione del procedimento a carico dell’avvenente fanciulla per «totale insussistenza dei requisiti oggettivi e soggettivi richiesti dal reato di atti osceni in luogo pubblico».

Ora non nego che parlare di tette faccia aumentare gli accessi giornalieri a questo sito (quasi quanto pubblicarne una foto), ma io, che voglio un pubblico di qualità :-),parlo di questa storia semplicemente perché… non finisce qui. La ragazza ingiustamente accusata, infatti, decide di denunciare  per diffamazione la signora che viene condannata ad un anno di carcere (ovviamente pena sospesa) e a pagare 25.000 euro a titolo di risarcimento, sia pure in sede stragiudiziale.

La morale di questa storia si adatta a tanti episodi  che succedono quotidianamente. Nonostante una sempre più diffusa omertà di fronte a situazioni criminogene, dovuta ovviamente al timore di ripercussioni da parte di malviventi o potenti (a volte è la stessa cosa), si tende invece a denunciare, a qualunque tipo di autorità, qualunque cazzata che non sia di proprio gradimento. Si denunciano gli spazzini, gli autisti dei tram, i letturini del gas, i vigili urbani; si denunciano le discoteche, i centri sociali, i comportamenti anticlericali, le puttane per strada, le ragazze con le tette al vento, qualunque cosa generi in noi invidia o pruriti. Questa sentenza oggi ci ricorda che gli atteggiamenti illiberali, qualche volta, possono costare 25.000 euro e non è male che sia così.

Carne..
consolate la mia carne
nella carne che sei
nella carne che ritornerai
solitudine della carne
dalle anime di ogni carne

Patimento della carne
Corpo sacro della carne
compassione della carne
fuoco fatuo della carne
carne e carne
la morte della carne…

Pietà della carne
lutto della carne
il buio della carne
la passione della carne
la penitenza della carne
l’estasi della carne
il caos della carne

Scandalo della carne
sacrifico della carne
e la carne che vuole carne
santuario della carne
la morte della carne

Estasi della carne
sacrificio della carne
marcire della carne
fiorire della carne
consolate la mia carne
nella carne che sei
nella carne che ritornerai
non è morto
non sei morto
nella carne

DISCLAIMER: sono consapevole che con questo articolo sto appoggiando un’operazione di viral marketing innescata probabilmente da eventi casuali ma di cui lo studio pubblicitario che ha realizzato questo spot sta cavalcando l’onda, ma a me IKEA piace e per tanto non me ne frega niente.

Abbiamo questo video di 45 secondi girato in una cucina IKEA dove alcuni “mafiosi” stereotipati stanno affrontando il problema dello smaltimento di un “sacco della spazzatura” e della pulizia della presunta “scena del crimine”, una bianca cucina chiaramente made in IKEA. I “mafiosi” parlano fra loro nel tipico “slang” dei film di Scorsese o de “I Soprano” mischiando l’accento siciliano e napoletano. La morale dello spot è che in una cucina IKEA anche un “mafioso” si comporta in maniera più ordinata e ambientalista.

Questa pubblicità ha scatenato in breve tempo un’ondata di polemiche nei soliti blog, su Youtube e ovviamente su Facebook da parte dei soliti personaggi che si sentono offesi quando si parla male del sud. Ora escludendo per un attimo il fatto che lo spot IKEA sia tutt’altro che offensivo nei confronti di qualunque minoranza etnica e volendo prendere per buono il fatto che sia denigratorio nei confronti del nostro tanto amato meridione, analizziamo il messaggio: ci sono delle macchiette di mafiosi con accento pseudo-meridionale, considerato il fatto che la mafia è radicata nel sud italia in diverse forme e dunque non può essere offensivo dire una sacrosanta verità, l’unica cosa che mi viene in mente è che non sia piaciuto il modo ridicolo in cui essa sia stata rappresentata. Mah! Secondo me, la verità, è che il concetto che, realmente, non è andato giù è proprio il messaggio ambientalista. Va bene tutto, gli scippi, gli omicidi, la mafia ma quando mai si è visto un terrone che chiude il rubinetto per risparmiare acqua…

Il nuovo spot IKEA, ad ogni modo, pur non essendo, francamente, un capolavoro, ha raggiunto il suo obiettivo, molto meglio di quanto l’agenzia pubblicitaria si aspettasse. Io, personalmente, non l’avevo visto prima delle polemiche rimbalzate sulla rete e suppongo che sarà lo stesso per qualcuno dei pochi lettori di queste righe. Ad ogni modo, da affezionato cliente IKEA, vorrei sfatare un mito che ho ritrovato in moltissimi commenti che ho letto in giro in questi giorni: che al prezzo mediamente più basso dei concorrenti corrisponda una qualità infima dei mobili IKEA è assolutamente falso. I mobili IKEA sono di qualità media e una volta assemblati correttamente sono resistenti esattamente come quelli acquistati in qualunque mobilificio ad un prezzo mediamente del 30% superiore. Anche la qualità dei materiali è nella media, per una qualità superiore in un mobilificio italiano bisogna essere pronti a spendere dal 200% al 500% in più. Il vantaggio dei mobili IKEA, dunque, è il prezzo (praticamente volendo potrei cambiare arredamento ogni anno) e sopratutto il design: i mobili IKEA sono mediamente belli. L’unico svantaggio, per alcuni,  è che la linea è inconfondibile, in pratica un arredamento IKEA si riconosce subito.  No, non sono stato pagato da IKEA per scrivere questo pezzo, ma tornando al post di ieri i centri commerciali IKEA sono quelli col maggior numero di servizi dedicati alle famiglie.

 

Ho installato sul cellulare una simpatica applicazione che mi dice quali negozi e Centri Commerciali siano aperti la domenica entro 20km dalle mie coordinate. Il giochino funziona anche discretamente e mi dice, in un paio di click, sul Blackberry, dove posso andare col bimbo a passare un paio d’ore, la domenica pomeriggio, al riparo dalla pioggia, da scippatori e delinquenti, dalle voragini nelle strade, dai marciapiedi alti 40 cm, dai pirati della strada, dallo smog; l’applicazione mi dice dove posso andare a fare shopping la domenica con la ragionevole certezza di lasciare l’auto senza lo stress dei parcheggiatori abusivi, dei mezzi pubblici che, strutturalmente, per mancanza di fondi, non possono essere calibrati sulle esigenze di chi semplicemente se ne va al cazzeggio.

L’idea di chi ha sviluppato questa preziosa applicazione, nasce, evidentemente, dal fatto che le normative regionali del settore commerciale individuano un numero ristretto di aperture domenicali/festive, ricalcando, in molti casi, la legge Bersani del ’98 che prevedeva 8 aperture festive annuali oltre al mese di dicembre con la possibilità di deroga per i comuni con un’economia prettamente turistica.

Dunque, quasi sempre,  i centri commerciali la domenica sono chiusi e se per la GdO questo si configura come un danno, esultano i piccoli esercizi commerciali, (in negozietti del centro), che non sono strutturati per tenere aperto la domenica e che già sono in seria crisi per la difficoltà di competere con la GdO.

Per come la vedo io, tuttavia, sarebbe ora di pensare seriamente ad una liberalizzazione del settore del commercio eliminando qualunque tipo di imposizione: dagli orari di apertura, alla definizione dei prezzi al pubblico e delle categorie merceologiche fino alla semplificazione delle procedure per avviare le attività commerciali. In una situazione di questo genere servirebbe solo un organismo di controllo per evitare “cartelli” e si otterrebbe una situazione di reale concorrenza di cui si avvantaggerebbe il consumatore e l’economia del Paese intero (se per far girare l’economia bisogna spendere, personalmente, sono più propenso a farlo quando ho la testa libera dagli impegni di lavoro). Probabilmente a rimetterci sarebbero i piccoli commercianti di cui sopra ma, sul medio periodo a me sembrano comunque destinati a chiudere. Se è vero che la città può essere considerata un centro commerciale all’aperto, infatti, è anche vero che i piccoli commercianti non hanno voluto o non hanno saputo investire per rendere attraente il proprio quartiere, anzi sono sempre stati resistenti a qualunque tentativo di innovazione. Oggi le città sono sporche e pericolose (anche in pieno centro), ma sopratutto non sono dotate di servizi, non esistono bagni pubblici o sono in condizioni pietose, niente parcheggi, poche panchine quasi sempre devastate, nessuna area attrezzata per i piccoli, quasi mai il centro è chiuso al traffico vuoi per le proteste dei residenti ma sopratutto per gli strepitii degli stessi commercianti, i disabili, ma anche semplicemente un passeggino, è costretto a fare gimcane fra le auto parcheggiate e scivoli progettati da malati di mente e comunque, quasi sempre, non a norma. In tutto questo, ovviamente,sono latitanti gli enti pubblici ma di certo l’egoismo del padrone del piccolo negozietto che non riesce in alcun modo a cooperare con i suoi colleghi per rendere migliore la città non aiuta.  Per tutti questi motivi la gente, semplicemente, preferisce andare a spendere il proprio denaro in posti più tranquilli: i centri commerciali, appunto.

Ad essere onesto e cinico della chiusura delle piccole attività commerciali non me ne frega niente, anzi se penso ad alcune amiche costrette a fare le commesse a 800 euro al mese quasi sempre in nero o in grigio e con orari assurdi (tipo dalle 8.00 alle 20.00 con due ore di pausa senza straordinari e senza turni di riposo) mi fa anche piacere vedere fallire certi posti; è vero che i contratti della GdO non brillano per tutela del lavoratore, ma precariato per precariato meglio in un posto dove c’è un minimo di tutele e dove, volendo, la GdF potrebbe intervenire più facilmente.

Rimangono le povere vecchiette che non possono andare a fare la spesa al Centro Commerciale, poverine, uhm, effettivamente c’è mercato… prevedo molte altre  piccole bottegucce e alimentari aperti da cinesi,  indiani, pakistani e nord-africani con pochissimi problemi ad aprire la domenica o a chiudere dopo la mezzanotte. (Un piccolo aneddoto a questo proposito, ero a Firenze qualche settimana fa, alloggiavo in pieno centro, esco dall’albergo verso le 22 per comprare del succo di frutta, entro in un negozio di alimentari aperto e mi sono ritrovato a parlare in inglese con la commessa pakistana)

Anni di film di fantascienza e tanti noiosi resoconti delle missioni spaziali che negli anni ’80 e ’90 che hanno portato l’uomo ad avere un presidio stabile nell’orbita terrestre, prima sulla MIR e poi sulla ISS, ci hanno quasi fatto dimenticare che, solo 50 anni fa, l’uomo non aveva ancora messo il naso nello spazio.

Oggi, infatti, si festeggia la ricorrenza di uno degli eventi più straordinari compiuti dall’umanità: il primo volo spaziale attorno alla Terra di Jurij Gagarin, un vero e proprio eroe terrestre.

Il volodel  maggiore Gagarin iniziò, infatti, proprio il 12 aprile 1961 alle 9.07 di Mosca con la navicella Vostok 1 con la quale compì un’intera orbita elittica attorno alla Terra, raggiungendo un apogeo di 302 km e un perigeo di 175 km e raggiungendo la  velocità di 27.400 km/h.  Celebre la frase di Gagarin che guardando, fuori dalla navicella spaziale, quello che nessun uomo aveva mai visto prima, comunicò alla base la famosa frase “la Terra è blu”. Il volo della Vostok 1, pilotata da un computer, si concluse dopo 88 minuti, quando la navicella accese i retrorazzi per  consentire il rientro nell’atmosfera terrestre; Gagarin venne, quindi, espulso dall’abitacolo e paracadutato a terra terminando la sua avventura alle 10.20 ora di Mosca in un campo vicino alla città di Takhtarova.

L’impresa di Gagarin, ebbe ovviamente grandissimo rilievo internazionale accelerando la rincorsa allo spazio fra USA e URSS e portando in pochi anni il primo uomo a mettere piede sulla Luna. Gagarin, a soli 27 anni, fu il primo essere umano della storia a orbitare intorno alla Terra per poterla guardare dallo spazio (o quanto meno il primo a poterlo raccontare). Venne, per questo,  decorato dal premier sovietico Nikita Khruščёv con l’Ordine di Lenin.