Il titolo del post avrebbe dovuto essere internet e libertà di parola ma sarebbe stato un errore, per esprimere l’IDEA oggi è rimasto solo il web. Mi rendo conto che per molti questa differenza può sembrare sottile fino al punto di credere che le due parole siano sinonimi ma non è così e non è solo un fatto squisitamente tecnico o almeno non lo era. Internet è lo strumento, la rete, su cui si appoggiano diversi servizi, il web (world wide web) è uno di questi, come può esserlo l’e-mail, skype, usenet, FTP…  Il fatto è che il web ha ormai preso piede al punto da diventare esso stesso un contenitore, il principale contenitori di servizi di comunicazione di massa. Questo è successo perché col web è stato fatto un grande lavoro dai tempi di Mosaic. I servizi oggi sono accattivanti e complice la maggiore potenza di calcolo e strumenti di navigazione sempre più pervasivi in termini di piattaforme è possibile accedere al web dal computer, dal cellulare, dal televisore, dalla macchina, praticamente da ogni dove. Il web però ha un grande difetto: tecnicamente i servizi sul web devono essere messi a disposizione da qualcuno e quel qualcuno ha potere di vita o di morte sui contenuti dei servizi. Cerco di spiegarmi meglio, internet nasce come strumento di comunicazione distribuito, la caduta di un nodo della rete, di un server, non causa nessun problema all’infrastruttura nella sua globalità. I primi servizi su internet erano anch’essi distribuiti, è il caso di usenet, per esempio, primo vero strumento di comunicazione di massa ad affacciarsi su internet . Non esiste un fornitore unico del servizio, usenet si appoggia a decine di server in tutto il mondo e nessuno vi può censurare un pensiero perché è (era) virtualmente impossibile cancellarlo da tutti i nodi nei quali viene diffuso e ridistribuito.  Prendiamo invece il caso di Facebook, il più grande social network del pianeta: se io domani scrivessi un pensiero razzista o postassi l’immagine di una bionda con le tettone è quasi certo che verrei censurato dagli scagnozzi di Zuck con la cancellazione del post o l’eliminazione del profilo, tutto legittimo per carità, io sono un ospite e tu fai quello che ritieni opportuno ma è evidente che sul web c’è una libertà di pensiero condizionata, condizionata alla morale della società, al politically correct. Attenzione non parlo di impunità: sia su usenet che sul web ci sono modi per essere realmente anonimi ma quando uso un servizio sul web, anonimo oppure no, quello che scrivo non è davvero quello che penso, perché quello che penso non è quasi mai politicamente corretto e dunque sarebbe rimosso.

Tutto questo per dire che coloro che guardano alla internet di oggi come panacea di tutti i mali, come strumento per sfuggire al controllo imposto sulla TV e sui giornali, si sbaglia di grosso. Abbiamo visto che Internet è molto più potente della TV a livello di pervasività ma paradossalmente, oggi, è facilissima da controllare, al contrario di quello che dicono i giornali o che pensano i blogger; semplicemente oggi internet è ancora sottovalutata dalla politica “vecchia” e “terrona” ma non durerà ancora a lungo.

Je ne suis pas d’accord avec ce que vous dites, mais je me battrai jusqu’à la mort pour que vous ayez le droit de le dire.

Il famoso motto di Voltaire, probabilmente, andava bene un tempo in cui gli strumenti per esprimere le proprie idee  non erano così accessibili come oggi. Il fatto è che un’opinione è tanto più affascinante, tanto più virale quanto più è stupida, razzista, violenta, idiota. Prendiamo per esempio i social network come Facebook, i “link” che vanno per la maggiore sono quanto di più cretino si possa immaginare,  trasudano buonismo quando va bene e disinformazione nel peggiore dei casi. Emblematico il caso di questi giorni, dove sui social network e sui blog si è diffusa a macchia d’olio la solenne cazzata che il terremoto in Giappone sia stato provocato da qualche specie di test militare su qualche arma innovativa, roba che potrebbe smontare agevolmente pure mio figlio di 3 anni eppure di boccaloni che ci cascano se ne vedono a bizzeffe.

Oggi, il motto di Voltaire, comincia dunque a mostrare i suoi limiti. Io non ci penso nemmeno a difendere il diritto di dire cazzate anche perché non  c’è niente che, in questa società interconnessa, qualcuno possa fare per impedirlo.

Discutere con una persona che abbia opinioni diametralmente opposte alle mie, tuttavia, non la considero una cosa sensata. In primo luogo perché ho sempre la personale convinzione di avere a che fare con un cretino e poi perché  il fatto che voglia esprimere pubblicamente le sue opinioni  dimostra che il suo stato sia irrecuperabile, altrimenti avrebbe almeno il pudore di tacere, dunque qualunque discussione sarebbe, come minimo, tempo perso.

Ignorare gli stupidi nelle discussioni pubbliche sembrerebbe la soluzione, quindi,  ma non sempre è così. Viviamo in un paese democratico dove in qualche modo l’opinione delle masse tende a condizionare il sistema politico e sociale dell’intero sistema. Come dicevo prima, le opinioni  hanno un potere virale tanto maggiore quanto sono delle cazzate improponibili e quindi diventano pericolose. Un esempio di come un’opinione possa far cambiare la politica lo viviamo in questi giorni con la storia del nucleare:  l’opinione diffusa, attraverso internet prima e la TV poi, che il nucleare sia pericoloso, a seguito dei problemi alla centrale di Fukushima, è riuscita a far fare marcia indietro al governo su uno dei cavalli di battaglia delle propria politica interna nel giro di 48 ore; eppure i pericoli del nucleare c’erano era anche due settimane fa…

Ora un opinione razzista, falsa, complottista, fascista o anche semplicemente idiota, se abbastanza diffusa, se sufficientemente virale, abbiamo visto che è in grado di cambiare il mondo. Per questo motivo se pure la scarsità di tempo per star dietro a tutto suggerisce di ignorare, il buon senso spesso obbliga a ridicolizzare, denigrare, stroncare l’idea ed insieme ad essa la persona nella speranza non tanto di educare l’idiota di turno quanto di far riflettere chi legge o quanto meno spaventare i suoi simili.

E sì son tanti gli anni, ma se guardo ancora pochi,
Voltaire non ci ha insegnato ancora niente,
è questo quel periodo in cui i ruggiti si fan fiochi
oppure si ruggisce veramente
ed io del topo sovrastrutturale me ne frego;
chi sia Voltaire, mi dite? Va beh, dopo ve lo spiego.

 

Di tutte le guerre scatenate negli ultimi anni, alla cazzo di cane e solo per interessi economici/strategici, probabilmente quella contro la Libia è l’unica che abbia uno straccio di giusta causa o, quanto meno, si può dire che prendere a calci nel culo, una volta per tutte, quel buffone di un dittatore, coinvolto a vario titolo in decine di attentati terroristici dagli anni ’70 ad oggi, potrebbe contribuire a stabilizzare l’intera area.
Ad ogni modo, ancora una volta, l’italia ci fa la solita figura da peracottaro. I primi giorni della crisi libica eravamo, lancia in resta, a difendere il rais, per quanto giustamente inascoltati, in qualunque consesso internazionale salvo l’inversione ad U di queste ore che ci vede prestare le basi per le incursioni degli alleati in Libia. Personalmente penso che arrivati al punto in cui si è arrivati non ci fosse alternativa se non l’opzione militare, se non altro, per difendere la popolazione civile dalle rappresaglie del governo libico contro gli insorti ma c’è un problema: l’italia, nella figura del suo Presidente del Consiglio, nel 2008, ha firmato un patto sciagurato che, fra le altre cose, prevede l’impegno del nostro paese a non appoggiare in alcun modo nessun tipo di azione militare contro la Libia. Ora questo accordo per quanto, probabilmente ci vede automaticamente fuori dalla NATO, è stato proditoriamente violato con i primi raid partiti dalle basi italiane in Libia. Io non conosco i termini precisi del trattato, e spero, vivamente, di essere smentito, ma se così non fosse quale nazione, domani, si fiderebbe di firmare un qualunque accordo internazionale col nostro paese? Probabilmente mantenere fede all’impegno ci avrebbe causato qualche rogna con gli USA e con la NATO, ma quanto meno, evitando di entrare nel conflitto in prima persona ma ferma restando una dura condanna al governo libico e al colonnello Gheddafi e il sostegno a qualunque azione non militare decisa dall’ONU, avremmo potuto mantenere quel po’ di dignità sufficiente a non essere considerati i paria del mondo civilizzato.

Aggiornamento:

Ho trovato il testo del trattato ed effettivamente art. 4 comma 2

Nel rispetto dei principî della legalità internazionale, l’Italia non userà, ne permetterà l’uso dei propri territori in qualsiasi atto ostile contro la Libia e la Libia non userà, né permetterà, l’uso dei propri territori in qualsiasi atto ostile contro l’Italia.

Alcuni impressionanti scatti successivi alla catastrofe, che ha colpito la terra del sol Levante, rilasciate dalla Reuters.
Un moto di cordoglio per le migliaia di vittime incolpevoli.
Un pensiero per coloro che, in questo momento, vivono sulla propria pelle gli strascichi di una tragedia.

Non posso farci niente, come molti miei coetanei, sono cresciuto a Girella e cartoni giapponesi. Per quanto mi sforzi di considerarla una delle tante catastrofi naturali che si susseguono periodicamente sul nostro pianeta, il disastro causato dal terremoto giapponese mi ha colpito più che se si fosse trattato di una tragedia simile in qualunque altra parte del mondo. Sarò cinico, ma del terremoto in Cina  del 2008, che ha causato migliaia di vittime, per esempio, non ho nemmeno vagamente parlato qui su Ucronìa e, al di là dell’umana pietà per i morti, la cosa non ha minimamente intaccato la mia coscienza.

Quindi certamente sono un ipocrita nel ricordare oggi il dramma che in queste ore stanno vivendo le popolazioni colpite dal sisma e ancor più ipocrita se rivolgo un pensiero ai tecnici  che, eroicamente, hanno rischiato e stanno rischiando la vita per scongiurare quello che potrebbe rivelarsi un vero  e proprio disastro nucleare nella centrale di Fukushima.

Una cosa è certa, più ipocriti di me sono tutti gli italiani, che in queste ore hanno rispolverato le bandierine dei mondiali di calcio dell’anno scorso per esporle a commemorazione di questo 150° anniversario dell’unità d’italia di cui alla maggior parte di loro, nella migliore delle ipotesi, non importa nulla.

Io odio le bandiere sono il simbolo della diversità dei popoli, una scusa buona per cominciare un conflitto. Avevo un anno quando Edoardo Bennato cantava:

Guarda, c’è una bandiera
che non ha i colori della tua…
guarda, lì c’è una bandiera
che non ha i colori della tua…

Guarda, quella gente
che non sventola la tua bandiera…
guarda, quella gente che ha una
bandiera con i colori diversi dalla tua…

Odia, quella gente
che non sventola la tua bandiera…
odia, quella gente
che non sventola la tua bandiera…

Bennato con la sua pungente ironia aveva chiaramente ragione.

Io odio le bandiere, ma oggi farò un eccezione, oggi voglio esporre, se pure virtualmente la bandiera del paese del Sol Levante, voglio farlo per ricordare chi non c’è più, come incoraggiamento per chi, forse, domani non ci sarà e nella speranza che questo momento, a breve, diventi solo un terribile ricordo. Voglio esporre la bandiera giapponese, anche perché, esporre la bandiera italiana, mentre ascolto i discorsi di gente impaurita dalle radiazioni portate dal vento, proprio non mi va.

P.S. sì, lo so che ho pubblicato la foto di una bandiera nel post precedente, ma quella non conta, l’ha fatta mio figlio all’asilo ;-)