«Mandiamo i bamboccioni fuori di casa» diceva con estrema brutalità e molta ironia l’allora ministro del tesoro Padoa-Schioppa davanti alle Commissioni Bilancio di Camera e Senato durante i lavori per la Legge Finanziaria del 2007. Da quel momento il termine “bamboccione”, riferito ad un ragazzo/a che ha superato di gran lunga l’età per andare via di casa ma che rimane a crogiolarsi nel lettone di mamma e papà, è diventato un comune modo di dire che su innesta benissimo nella realtà italiana anche prima dell’attuale “crisi” economica, ma sopratutto nell’attuale crisi di fiducia nel futuro.
Sui bamboccioni sono state fatte migliaia di analisi sociologiche tentando di raffrontare la tendenza dei “giovani” a rimanere a casa il più al lungo possibile con la situazione socio-economica italiana; se è pur vero che il precariato nel lavoro gioca un ruolo importante nel fenomeno così come lo giocano i costi degli affitti e delle case è pur vero che la verità è molto più semplice. I genitori di oggi non sono come i nostri nonni, forse per reazione ad un modello di educazione repressiva degli anni cinquanta i genitori dei bamboccioni non si preoccupano minimamente di mandare i propri figli fuori di casa a calci nel culo e sono tutt’altro che scontenti della situazione, anche quando si lamentano. D’altro canto non vedo alcun motivo per un ragazzo di andare a vivere da solo dal momento che nella maggior parte dei casi sta in una casa comoda, non deve sottostare ad alcuna regola,non ha problemi col cibo, con la lavanderia, ha il digitale terrestre, Sky col pacchetto della sua squadra preferita, la TV da 50 pollici, tutto questo senza spendere un euro. Per quale motivo uno dovrebbe essere così idiota da andare via di casa, per senso di giustizia? Per voglia di indipendenza? Ovviamente è più che naturale, per un ragazzo, rimanere a casa dei genitori ed è altrettanto evidente che la colpa di questa situazione non è del “bamboccione” ma dei suoi genitori, deboli e paurosi che hanno generato un figlio ancora più debole e totalmente incapace di confrontarsi con qualunque coetaneo di un altro paese. Magari il bamboccione avrà una migliore preparazione, una cultura più ampia ma è sostanzialmente un vigliacco e per riuscire a superare le sue paure, per diventare una persona, se mai ci riuscirà, dovrà fare uno sforzo immane. D’altro canto ci sono pure quelli che rimangono bamboccioni tutta la vita, quelli che non riescono a separarsi dai propri genitori nemmeno dopo essere andati via di casa, dopo aver avuto un figlio, magari due o tre, quelli che comprano casa nello stesso quartiere se non nello stesso condominio dei genitori, quelli che continuano a farsi preparare la pappa dalla mamma, quelli che le camicie me le sa stirare solo mia madre, quelli che non sono mai andati alla posta a pagare le bollette, quelli che utilizzano i nonni come un asilo nido, quelli che pensano che il sacrificio sia pagare una baby sitter per tenere i bambini quando la propria madre ha deciso, anatema, di prendersi un week-end di vacanza. Ancora una volta, responsabili di tutto ciò sono i genitori, che magari si lamentano, ma che amano continuare a sentirsi utili, amano esercitare un ruolo nella vita dei propri figli, pensano di poterli ancora guidare in un mondo profondamente diverso da quello in cui loro stessi sono cresciuti. Un’analisi dura, impietosa, la mia, che riguarda, generalizzando ovviamente, l’assoluto fallimento educativo di un’intera generazione, ma ho scritto queste righe solo per chiarirmi alcuni concetti, solo per cercare di capire se sono realmente riuscito a scampare da un modo di essere che non vorrei mi appartenesse, per riuscire a capire se c’è il rischio di ricaderci, per ricordare a me stesso quale deve essere l’atteggiamento da tenere con i miei figli per agevolare loro realmente il percorso che li porterà a diventare persone.