E’ qualche giorno che volevo parlare del nuovo album di Edoardo Bennato, “Le vie del rock sono infinite”, uscito ormai da un po’ e che da poco ho avuto il tempo di ascoltare. In realtà c’è poco da dire, il disco, 13 canzoni inedite, che esce dopo cinque anni dall’ultimo album e  non è certo fra i più belli di Bennato ma rispetto alla media di quello che si può ascoltare in italia ultimamente non è poi così male. Ad ogni modo una canzone su tutte, vuoi perché maggiormente “orecchiabile” vuoi perché ricorda il Bennato ironico e graffiante degli anni 70-80 va indubbiamente citata ed è “Wannamarchilibera”, un pezzo che riprende le ben note vicende di Vanna Marchi per puntare il dito su ben più grandi e potenti imbonitori, sia quelli che da millenni vendono ai poveracci la speranza che quelli che, più recentemente, terminata la speranza vendono false certezze.

Fra l’altro Bennato con questo pezzo, in un certo senso, ha portato bene. Qualche giorno fa, infatti, sia pure per motivi di salute, è stata scarcerata Stefania Nobile, figlia di Vanna Marchi e che per le ben note vicende stava scontando una condanna a nove anni e quattro mesi per associazione a delinquere finalizzata alla truffa.

Brutte notizie per tanti bambini francesi che, domenica 31 ottobre, durante un’interruzione pubblicitaria nel famoso film di animazione Ratatouillè, trasmesso sulla rete privata TF1, hanno scoperto, niente meno, che Babbo Natale non esiste in uno spot della Banca Mutual. Bambini increduli in lacrime, sconcerto fra i genitori costretti a metterci una pezza, rivolte su Facebook con gruppi nati ad hoc e lettere di protesta alla banca e alla TF1; un tale putiferio che lo spot è stato modificato e tolta la frase incriminata che in italiano reciterebbe, seccamente, più o meno, così: “Ho una brutta notizia da darti, Babbo Natale non esiste!”.

Leggere queste notizie aumenta la stima del nostro paese; fa piacere sapere che non siamo l’unico popolo idiota a livello planetario, almeno non sempre.

Sotto il video incriminato e la storia secondo i media francesi (ovviamente in francese)

Nel 1983 nasce lo Swatch, contrazione di Swiss Watch,  un nuovo modo di concepire l’orologio da polso, il definitivo sdoganamento dell’orologio al quarzo, già in circolazione dagli anni ’70,  la diffusione del concetto di orologio non più come oggetto per la vita ma come accessorio di moda da cambiare in base all’abbigliamento o all’umore.

Come tutti i ragazzi degli anni ’80 ho avuto un numero non determinato di Swatch, certo per moda, ma anche perché talvolta bellissimi oggetti da collezione e ne ho ancora un paio che metto ogni tanto.

<IRONIC MODE ON>

Dagli anni ’80, tuttavia,  milioni di orologi di plastica, a volte di dubbia qualità,  hanno invaso il mercato per finire in pochi mesi nella spazzatura, di sicuro, alimentando il fenomeno della monnezza a Napoli; tutto ciò senza voler tacere dell’impatto ambientale delle piccole batterie che alimentano gli orologi al quarzo, scarsamente ecologiche e spesso smaltite dalle mafie in maniera tutt’altro che lecita, persino negli oggetti quotidiani. Addirittura il cemento con cui è fatta la vostra casa potrebbe contenere una grossa percentuale di nichel derivato dalle batterie a bottone e tutti sanno che il nichel assorbito in quantità eccessive è un grosso pericolo per gli essere umani.

Certo l’orologio al quarzo è comodo, non bisogna ricordarsi di caricarlo, poi oggi con i microprocessori si possono integrare infinite funzioni aggiuntive e alcuni orologi possono persino sincronizzarsi via radio con orologi atomici che danno l’ora esatta con un accuratezza di millisecondi, ma l’ambiente viene prima; bisogna smettere di inquinare e tornare ad un uso più consapevole delle risorse del pianeta. Un piccolo sacrificio, insomma, che ripagherà i nostri figli e le generazioni future. E’ ora dunque di tornare indietro ai valori antichi dei nostri avi e, un po’ come sarà abbandonare le sia pure comode buste di plastica offerte dai supermercati in favore delle più ecologiche sporte della nonna(*), così bisogna ritornare agli orologi meccanici, i vecchi orologi a corda che non abbisognavano di batterie per funzionare, che erano un oggetto di culto tenuto con cura maniacale e che accompagnava la persona per tutta la vita. Certo, è ovvio che se proprio non si vuole rinunciare alla comodità basta prendere un orologio automatico; un orologio meccanico, cioè, che si ricarica da solo sfruttando il movimento del braccio, un orologio assolutamente ecologico che sfrutta l’energia cinetica che altrimenti andrebbe dispersa e contribuirebbe ad un aumento, se pure minimo, del surriscaldamento globale.

Quindi, fate come me(**), passate tutti in massa a un orologio automatico, i vostri figli vi ringrazieranno.

<IRONIC MODE OFF>

(*) L’operazione di sostituire le buste di plastiche con le ecologiche borse della spesa, ovviamente, dopo un boom iniziale di consensi, pian piano si va ridimensionando come si può osservare facendo la spesa  in qualunque ipermercato dove, dopo un’iniziale diffusione di borse di ogni tipo e colore,  si tornano a vedere, sempre più, i carrelli ricolmi di buste di plastica. Ovviamente a guadagnarci, da tutto ciò, sono coloro che adesso fanno pagare caro quello che prima offrivano a titolo gratuito, con buona pace degli “ambientalisti”.

(**) Nella foto un orologio automatico, pure carino, comprato a due soldi su eBay

“Se ci sono ragazzi che invece di dedicarsi al corteggiamento delle ragazze preferiscono dedicarsi ad attività di questo genere, sono fatti loro. Io alla loro età facevo cose diverse”

Così il premier rivolto ai ragazzi che a Napoli manifestano contro le promesse mancate del governo mentre assicura che la situazione dei rifiuti a Napoli sarà risolta in 15 giorni.

Quanto disprezzo in tre sole righe…

Il Ministro degli affari esteri, Franco Frattini, ha riferito su vicende delicate che rappresentano il sintomo di strategie dirette a colpire l’immagine dell’Italia sulla scena internazionale. L’attacco a Finmeccanica, la diffusione ripetuta di immagini sui rifiuti di Napoli o sui crolli di Pompei, l’annunciata pubblicazione di rapporti riservati concernenti la politica degli Stati Uniti, con possibili ripercussioni negative anche per l’Italia, impongono fermezza e determinazione per difendere l’immagine nazionale e la tutela degli interessi economici e politici del Paese. Tale intento è stato unanimemente condiviso dal Consiglio.

Questo si legge oggi fra i comunicati stampa diramato al termine del Consiglio dei Ministri; certo più tardi il ministro Frattini ha ridimensionato la dichiarazione dicendo

Non c’è un complotto. Di sicuro non c’è un unico burattinaio ma vi è un’enfatizzazione, una combinazione il cui risultato è dannoso per l’immagine del Paese””Non c’è un complotto. Di sicuro non c’è un unico burattinaio ma vi è un’enfatizzazione, una combinazione il cui risultato è dannoso per l’immagine del Paese

però accidenti il comunicato stampa e ancora visibile nel sito del governo ed è inequivocabile: il consiglio dei Ministri condivide l’esistenza di strategie dirette a colpire l’immagine dell’italia a livello internazionale. Ora a parte che non capisco come si possa affossare ancora  l’immagine dell’italia più di quanto non lo sia già,  è grottesco tentare di accomunare episodi che non hanno alcuna relazione se non quella di mostrare il degrado socio-politico-economico e culturale dell’italia.  E qui non c’entra il governo, se non per la sua ignavia, non c’entra Berlusconi, se non come sintomo di un problema più grave. Pompei è in stato di abbandono da decenni si farebbe meglio a seppellirla e lasciare che i posteri la possano ritrovare fra un paio di centinaia di anni. Il problema della monnezza a  Napoli è endemico ed è in caduta libera da quasi due decenni. I presunti episodi di corruzione in Enav-Finmeccanica sono solo, al limite, uno dei tanti problemi giudiziari del nostro paese e Wikileaks è una bolla di sapone mediatica. Quindi di cosa parlava quel comunicato? Agitava uno spauracchio, il solito complotto demo-giudo-pluto-massonico per destabilizzare il miglior governo degli ultimi 150 anni, forse, uno degli ultimi tentativi per cercare di scampare dalla fine di un’era.

Le foto le ho scattate a Pompei il giorno dopo il fatidico crollo della Casa dei Gladiatori, avrei scattato anche foto delle rovine ma francamente ero in giro e sapevo a malapena che fosse crollato un solaio, senza considerare che il crollo in se non mi sembrava molto più interessante del degrado generale della città e sopratutto della assoluta mancanza di fruibilità del “monumento”.