Mattinata dedicata al giardinaggio, visto che dei problemi della scarsa ricezione del segnale TV non ne sono venuto a capo. A questo punto mi sa che è un problema condominiale (reminder: inviare e-mail all’amministratore)
Dicevo, dedicata al giardinaggio, nonostante Pierpaolo che oggi è più monello che mai; siccome però , ringraziando gli dei di Kobol, non ho un giardino mi dedico al giardinaggio indoor. Recuperato un vecchio soprammobile anni 70 opportunamente riadattato e ripresi i vecchi attrezzi e il terriccio da bonsai, vecchia passione di Monica, ecco un piccolo giardino per piante grasse racchiuso in una sfera da mettere accanto alla TV ;-)
In realtà era un’idea che avevamo già avuto anni fa ma la cosa andava sistemata meglio.

Alla fine di tutto è venuta fuori un’arena alla Street Fighter; allora perchè non farci combattere i robot in un’inedita riedizione di Super Robot Wars

In quegli anni ’90 che per molti versi sembrano così lontani, nei primi anni della diffusione di massa di internet, nascevano molteplici piattaforme che permettevano agli utenti di avere una propria casetta virtuale su internet, il proprio sito web rigorosamente in html. Oggi, nel 2009, l’evoluzione dei linguaggi e sopratutto della cultura e delle mode di internet ha reso anacronistici i siti web statici e i servizi che offrono spazio gratuito per questo tipo di applicazioni sono diventati sempre meno e sempre meno utili. Così Yahoo decide di chiudere il 26 settembre una delle piattaforme più famose per l’hosting gratuito di siti web: Geocities. Geocities nasce nel 1995 con l’idea di suddividere la pubblicazione delle pagine internet per aree tematiche legate a quartieri e città in cui ogni utente poteva scegliere indirizzo e numero civico per pubblicare i propri contenuti. Nel 1999, in pieno boom della New Economy, Yahoo rileva la piattaforma, ne cambia i termini d’uso, in particolare in relazione al copyright del materiale pubblicato, fa sparire i quartieri, che caratterizzavano il servizio, rendendolo simile ad ogni altro fornitore di spazio web gratuito infarcito di pubblicità. Oggi Yahoo decide di chiudere i rubinetti a più di 7 milioni di pagine web, informando gli utenti che potranno migrare ad una nuova piattaforma fornita da Yahoo (a prezzi esorbitanti). Ora, chiaramente, mantenere in piedi un servizio come Geocities potrebbe sembrare antieconomico, ma non ho mai capito perchè servizi del genere siano rimasti ancorati alle vecchie logiche e non si siano mai evoluti nelle direzioni attualmente intraprese dal World Wide Web. Ad ogni modo far sparire dal web dei contenuti (sono certo che pochissimi utenti passeranno a Yahoo e moltissimi semplicemente lasceranno morire le proprie pagine) non mi sembra una grande idea e dubito che per Yahoo sia realmente così costoso mantenere in piedi l’infrastruttura, anche perchè se non ricordo male, lo spazio fornito era davvero irrilevante, almeno per gli standard odierni, e non ci sono database da manutenere.
Comunque nessuna fine di un’era e nessun segno del passaggio definitivo al web 2.0 (argh!) come viene dipinto ma pura e semplice evoluzione e, sopratutto, fortissima miopia da parte di uno dei grandi protagonisti del Web.

P.S. Personalmente non ho mai pubblicato nulla su Geocities, l’idea dei quartieri, mi è sempre sembrata una cazzata e quella piattaforma è sempre stata farcita da advertising troppo invasivi.

Grande finale per Shin Mazinger Z-hen. L’intera serie di 26 episodi ha dato davvero nuova vita alla saga di Mazinger ricostruendo totalmente l’universo che tutti noi abbiamo conosciuto con le due serie robotiche degli anni settanta. Certo poi ci sono stati varie saghe in manga, c’è stata quella porcheria di Mazinkaiser, ma nulla di paragonabile a quello visto in questi 26 episodi. Bisogna dire che la serie pecca un po’ per le animazioni realizzate in economia, il mecha-design non è questo granchè, non ho capito a che cacchio è servito il Jet Scrander se non a vendere un modellino in più; certo è che Imagawa ha saputo appropriarsi della storia per ricreare un universo che finalmente vede in Mazinger non più un anime adolescenziale, ma un prodotto che ha una sua coerenza interna e che funziona, ha saputo riprendere gli spunti presenti nei vari anime e manga per narrare la storia di come un ragazzo possa trovarsi a dover crescere velocemente e ad appropriarsi del potere che lo costringere a dover scegliere se diventare un dio o un demone. Forse l’anime ha peccato un po’ per la mancanza di una maggiore dose di sane mazzate robotiche, questo detto nel ricordo di Mazinga Z, ma sicuramente ne ha giovato la rappresentazione dei personaggi, tutti caratterizzati in maniera egregia, in particolare il barone Ashura.

La fine dell’ultimo episodio apre una porta ad un seguito e come nella serie classica tornano sulla Terra i micenei, l’ombra del Great Mazinger l’abbiamo pure vista, che dire spero ne facciano altri 26 episodi e continuino con un Great-hen, magari con un budget un po’ più alto.

Notizia principale del giorno: a Barack Obama è stato assegnato il premio Nobel per la Pace. Personalmente credo che sia un po’ prestino e che, anche se Obama potrebbe sicuramente contribuire significativamente alla pace nel mondo e nonostante le sue campagne contro le armi nucleari e il suo avvicinamento alle culture arabe, questo riconoscimento ha un forte significato “politico”.
Tuttavia vorrei far notare una piccolissima differenza di stile con un altro competitor all’ambito riconoscimento, l’uomo che gode del maggior consenso nel suo paese (fra il 65 e l’80 per cento a seconda delle giornate).
Saputo del premio Nobel, Obama, a notte fonda, ci tiene a far sapere di accettare l’ambito riconoscimento con profonda umiltà non essendo sicuro di meritarlo e nella successiva coferenza stampa afferma: «Sono sorpreso e profondamente commosso. Non sono sicuro di meritare di essere al fianco delle persone straordinarie che hanno ispirato me ed il mondo intero. Accetto questo premio come chiamata all’azione per tutte le nazioni di fronte alle sfide del ventunesimo secolo. Un premio non per i risultati ma per gli ideali».
L’altro possibile competitor al premio Nobel della Pace, quello di cui parlavo prima, invece, dopo una due giorni di polemiche e conflitti istituzionali, ci tiene a dichiarare: «Non darò le dimissioni sono il miglior premier di sempre. Sono stato sempre assolto, la prescrizione non è una condanna. I processi di Milano sono autentiche farse. Andrò in tv e lo spiegherò agli italiani. Io sono un argine alla sinistra e vogliono sovvertire il voto degli elettori. Sono in assoluto il maggior perseguitato dalla magistratura di tutta la storia di tutte le epoche del mondo».


Il 4 ottobre 1957, esattamente 52 anni fa, dal cosmodromo di Baikonur, nell’odierno Kazakistan, grazie al vettore R-7 (Semyorka) veniva lanciato in orbita il primo satellite artificiale della storia, lo Sputnik. In russo la parola Sputnik significa compagno di viaggio, e quale migliore compagno di viaggio per l’intera umanità dei satelliti artificiali che ci portanp in casa la TV satellitare, facilitano enormemente le comunicazioni, ci permettono di guardare il mondo dall’alto e ci hanno dato il Global Position Sistem, quel GPS ormai diffuso in tutte le autovetture, barche fino ai telefoni cellulari. Lo Sputnik 1 era formato da una semplicissima sfera pressurizzata di alluminio di 58 cm di diametro dal peso di poco più di 83kg e da 4 antenne lunghe 2,5 metri. Lo Sputnik, dopo aver compiuto la sua missione e dopo aver dato uno smacco epocale al programma spaziale americano, bruciò durante il rientro in atmosfera, 57 giorni dopo il lancio, il 3 gennaio 1958 dopo circa 1.400 orbite e 70.000.000 km.