Mentre in Italia ci stiamo preparando all’election day alla matriciana con le primarie “de noiattri” con la nascita di cose rosse, cose bianche, pipilli e cazzilli in Usa si sta giocando la partita all’ultimo delegato per scegliere chi saranno i candidati alla presidenza dell’Unione. Per i Democratici, di fatto, si contendono la candidatura l’ex-firstlady Hillary Clinton e Barack Obama mentre per i Repubblicani abbiamo John McCain e Mitt Romney. Non mi è mai piaciuto il sistema elettorale americano, come tutte le cose made in USA e strutturato per essere un grande spettacolo, del resto non mi piace il concetto di primarie, tanto meno con i delegati; in ultima analisi il candidato è sempre quello che in qualche modo ha i maggiori sostegni dal mondo finanziario ed è quello che riesce a raccogliere più fondi. Per finire non mi è mai piaciuto come si vota in USA senza grossi controlli, quasi come ai tempi dei pionieri; non che abbia senso trasformare le scuole in caserme ma nemmeno garage in seggi elettorali. Bisogna dire però che il sistema americano è estremamente chiaro, quando voti sai per chi, sai cosa pensa, cosa ha fatto nella sua carriera e se ha degli scheletri nell’armadio sono davvero ben celati, questo è valido dai sindaci, ai senatori, ai presidenti; oddio anche da noi in genere sappiamo per chi stiamo votando, la differenza è che sono sempre gli stessi e non c’è modo di mandarli a casa e comunque per qualche perverso meccanismo finisce sempre che li votiamo ugualmente. Altra cosa bella della politica Usa è una certa continuità sia in politica interna che estera; non ho mai sentito, per esempio Bush parlare della drammatica eredità lasciata da Clinton (e viceversa anche se in quel caso era Bush padre) ma in USA, in questo caso, entra in gioco il significato di patria da noi dimenticato e non è detto che ciò sia del tutto un male. Ad ogni modo i candidati papabili per la poltrona più importante del mondo mi sembrano, più o meno, tutti validi sia a destra che a sinistra, vinca dunque il migliore che da noi sicuramente perderanno gli elettori.
Ricercatori italiani stanno sperimentando sui soliti topi una tecnica che consentirebbe di bypassare le interruzioni nervose di paraplegici in maniera biologica permettendo loro di riprendere il contatto del cervello con gli arti utilizzando alcune proprietà dei nervi. Certo non è ancora stato testato sull’uomo ma pare siano sulla buona strada. Questa notizia insieme ad un’altra sui successi delle protesi biomeccaniche mi ha fatto riflettere su uno dei concetti più abusati della SF degli anni ’80: il cyborg. In realtà è un tema che mi ritorna sempre in mente fin da quando, da bambino, poteva essere lil 1979, ho avuto un terribile incubo dopo aver visto in Star Trek il Capitano Pike ridotto a vivere in una specie di lavatrice. Cyborg sono organismi biologici con una o più organi artificiali. Steve Austin (L’Uomo da Sei milioni di Dollari) è un classico esempio di cyborg e non vanno confusi con gli androidi che sono organismi artificiali con sembianze umanoidi come Terminator. In generale il cyborg ha un valore positivo nella letteratura classica, le protesi bioniche vengono quasi sempre viste come un supporto all’umanità per sopperire a mancanze o per permetterle di adattarsi ad ambienti ostili, certo ci sono anche i cyborg “cattivi” ma è una contrapposizione abbastanza classica. Negli anni ’90, nella letteratura cyuberpunk, invece il cyborg acquista una figura più “decadente”, le protesi possono essere anche “scadenti” e solo i ricchi possono permettersi gli ultimi ritrovati della tecnologia; in ogni caso l’essre cyborg diviene quasi una moda negli universi cyberpunk, dagli innesti cerebrali, alla sostituzione dei bulbi oculari fino all’aumento della forza fisica con vere e proprie protesi per sostituire i deboli arti umani sembra che l’umanità “pura” non esista più. Sarà questa mia strana avversione per la bionica e la realà virtuale oltre al fatto che proprio non sopporto le ambientazioni ma non ho mai sopportato il cyberpunk in generale e i romanzi di Gibson in particolare.
Dopo i due rinvii di dicembre finalmente è decollata oggi la missione STS122 dello Space Shuttle, con l’Atlantis che affronta la sua penultima missione prima del pensionamento. La missione con sette astronauti a bordo metterà in orbita il laboratorio Columbus di fabbricazione italiana.
Ancora una volta l’uomo si stacca dalla Terra e la cosa non interessa quasi nessuno mentre sono tutti attenti agli inciuci elettorali, in Italia, o ai confronti per le primarie fra un nero e una donna, in USA.
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Il Mercoledì delle Ceneri ci confessarono bene o male
che la festa era ormai finita, è ormai lontano il Carnevale.
E proclamarono penitenza e in giro andarono col cilicio
ruttando austeri:” ci vuol pazienza, siempre adelante, ma con juicio “.
E fecero voti con faccia scaltra a Nostra Signora dell’Ipocrisia
perché una mano lavasse l’altra, tutti colpevoli e così sia
e minacciosi ed un po’ pregando incenso sparsero al loro dio
sempre accusando, sempre cercando il responsabile, non certo io.
La domenica di mezza Quaresima fu processione di etere di stato
dai puttanieri a diversi pollici, dai furbi del ” chi ha dato, ha dato
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Stamattina mi sono svegliato con questo pezzo di “Nostra Signora dell’Ipocrisia” di Guccini che mi girava ininterrottamente nella testa insieme a un mal di testa martellante che mi ha perseguitato tutta la notte. Solo nel tardo pomeriggio mi sono reso conto che oggi è il mercoledì delle ceneri e che questi hanno seriamente intenzione di farci andare a votare ad aprile ed eccoli tutti li a tirare le fila di grandi e piccole coalizioni per creare un nuovo governo per le grandi riforme neccessarie al paese, mah!
Intanto è passato davvero il Carnevale anche se quest’anno non ho visto molte mascherine in giro, forse è durato troppo poco; non mi è mai piaciuto il Carnevale sarà perchè da piccolo mi “costringevano” a vestirmi da Zorro o sarà perchè Putignano non somiglia affatto a Rio, ad ogni modo la canzone di Guccini continua a martellarmi il cervello.
Il 2 febbraio 2008 ci lascia, all’età di 90 anni, uno degli attori inglesi più versatili di tutti i tempi: Barry Morse. Famoso in Italia per aver interpretato il Dottor Victor Bergman nella prima stagione di Spazio 1999, in realtà Barry Morse ha interpretato nella sua carriera, durata quasi settanta anni oltre tremila fra ruoli teatrali, cinematografici, televisivi e radiofonici.
Personalmente lo ricordo per il suo ruolo ne “Il fuggitivo”, ma sopratutto per la parte di Victor Bergman, il geniale professore inglese, che più volte con i suoi calcoli ha tirato fuori dai guai il Capitano Koenig e l’intera base Alfa in Spazio 1999. Fu una vera sciocchezza da parte della produzione eliminare il personaggio di Bergman alla seconda stagione; a maggior ragione il fatto di eliminarlo senza spiegazione ha contribuito ad affossare definitivamente una serie che avrebbe meritato ben altri fasti.